EPILOGO: le rose sono fiorite

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«Lily? Dove accidenti ti sei cacciata? Lily? Dai, basta giocare a nascondino, è quasi ora di cena e dobbiamo rientrare»

Era da più di un quarto d'ora che Liam percorreva in lungo e in largo l'ampio giardino non recintato che circondava la casa dei Carter Wright. Il sole stava calando, chiaro segno che le sette di sera erano dietro l'angolo così come i rimproveri che lo attendevano se non avesse scovato sua figlia nel giro dei successivi trenta secondi.  

Una risatina soffocata gli giunse alle orecchie e per un attimo pensò di essersela sognata. Sull'orlo della disperazione decise di seguire anche quell'ennesima traccia e si diresse verso la serra, nonostante l'avesse già controllata e perlustrata con attenzione per ben due volte nei precedenti venti minuti.

Una volta aperta la porticina trasparente che introduceva all'interno, stando attento a non farla cigolare, Liam si addentrò nell'aria satura di umidità e dopo poco la udì nuovamente. Una risatina infantile, leggera e cristallina. Seguì il suono e scovò sua figlia, le piccole manine paffute premute contro la bocca nel tentativo di smettere di ridere, i calzoncini gialli macchiati d'erba e le ginocchia ricoperte di graffi.

«Lily!», esclamò sforzandosi di sembrare autoritario e non cedere subito e abbracciare quella creaturina dispettosa.

«Papino!», strillò lei in risposta.

Lily aveva quattro anni, una testa di capelli biondissimi e due occhioni furbi. Era assolutamente imprevedibile, adorava stare all'aria aperta e aveva un'insana passione per fare impazzire i suoi genitori volatilizzandosi e nascondendosi ogni due per tre.

«Cosa ti aveva detto la mamma?», le ricordò lui allungando le braccia e afferrandola sotto le ascelle per sollevarla dai sacchi di terriccio su cui si era sistemata usandoli come cuscini. 

La bambina si aggrappò al collo di suo padre e fece una smorfia mentre pronunciava le parole che le erano state dette qualche oretta prima. «Lily deve restare vicino, non deve sporcarsi e...Lily non se lo ricorda più. Papi, quale era l'altra cosa?»

Avevano provato invano a toglierle l'abitudine di parlare di sé in terza persona, ma fino ad ora avevano fallito tutti quelli che avevano tentato.

«Di tornare a casa quando il cielo iniziava a diventare arancione, che dobbiamo farci un bel bagnetto prima della cena di stasera», le ricordò caricandosela sulle spalle e incamminandosi verso casa.

Casa che negli ultimi tredici anni era passata da vecchia fattoria abbandonata dei nonni a villa restaurata, ampliata ed in continuo mutamento. Le pareti esterne erano bianche, con le ante laccate di rosso e il tetto spiovente. Ci erano voluti anni per renderla la casa perfetta per le loro esigenze e tutt'ora c'era sempre qualche piccolo lavoro in corso.

«C'è Lalabella?», si informò la bambina, le manine impegnate a scompigliare i capelli di suo padre.

«Tesoro, reggiti bene al mio collo ché altrimenti rischio di perderti per strada e poi la mamma mi fa andare a letto senza cena!»

«Pà! Mi puoi portare a casa di Meg stasera? Mamma dice che posso andarci domani o far venire qui lei, ma noi non abbiamo la tv via cavo! Pà! Posso andare? Mi ci porti tu? Dico alla mamma che ho il tuo permesso?», Liam venne preso alla sprovvista dall'attacco della sua figlia undicenne con manie di grandezza.

Iris non riusciva a rassegnarsi all'idea di non avere ancora l'età per uscire da sola, mettersi il reggiseno imbottito, guardare Game of Thrones e possedere un telefono cellulare. Passava le giornate a dare il tormento ai suoi genitori perché voleva organizzare un pigiama party tutte le settimane, perché la sua amica Meg aveva il permesso per andare in bicicletta da sola sulla strada e lei no, perché non voleva più condividere la stanza con sua sorella Lily quando quel - sue testuali parole che ogni volta le facevano guadagnare una ramanzina - decerebrato di suo fratello aveva tutta la mansarda per sé e le sue orribili creature.

Se son rose fioriranno altrimenti...in bocca al lupo!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora