Capitolo 18

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Ogni fibra del mio essere si contrae in tensione, mentre quel rumore si fa sempre più vicino e distinto. La donna di fronte a me mantiene la presa salda sull'impugnatura delle sue armi. Percepisco il terreno vibrare sotto i miei piedi come se fosse un cuore vivo e pulsante.

Noto che la donna fa scivolare il polpastrello sulla levetta che ormai ho capito serve ad azionarle. L'uomo alle mie spalle sta trattenendo il respiro, mentre le grandi felci scure e le piante dorate si spostano, come se qualcosa di grosso ci stesse passando in mezzo, segnalandoci l'arrivo imminente di quella presenza.

Il mio cuore accelera. Forse si tratta solo un animale innervosito.

Sicuramente con le loro armi lo abbatteranno.

Tra i rovi e le piante del sottobosco fa capolino quell'uomo basso con la barba lunga.

«Correte, scappate» urla nella nostra direzione. Saltando agile sulle piccole gambe tozze.

«Scappate» ripete spaventato, vedendo che io e i suoi compagni rimaniamo fermi ai nostri posti.

Sento la pistola abbassarsi dalla mia tempia. L'uomo mi blocca ancora per il braccio ma converge la punta della sua pistola verso la direzione in cui ci sta raggiungendo il suo amico.

Le piante continuano a muoversi dietro di lui, come impazzite. L'uomo basso ormai ci ha raggiunto. Ha il fiatone e gocce di sudore gli imperlano il viso fino agli zigomi.

«Cosa succede Nash?» lo interpella Ygus.

«Scappate» gracchia di nuovo lui, saltando sul posto, senza rispondere davvero. Ygus e Domina si lanciano un'occhiata dubbiosa.

I cespugli però continuano a ondeggiare pericolosamente. La donna riprende la mira e spara verso di essi, ma non ottiene alcuni risultato. Dall'arma escono delle piccole sfere grigie che finiscono con lo scomparire tra le fronde, tagliando il vento dopo uno scoppio sonoro, ma senza colpire nessuno. In compenso dalle piante esce un rumore strano simile a un'eco di una voce che sussurra parole incomprensibili, fatte col tono tagliante e astioso delle minacce. «Scappiamo» interviene ancora Nash affannato. «Gli spiriti» sibila a denti stretti. Noto la donna cambiare espressione dallo smarrimento alla paura e sbiancare. 

Annuisce verso Ygus e ci mettiamo a correre nella direzione in cui abbiamo camminato, per tornare di nuovo verso la radura. Ma l'uomo che mi stringe e mi trascina dietro di sé è molto più svelto di me e io finisco per cadere a terra, inciampando in qualcosa che mi fa scivolare. L'urto col terreno mi mozza quasi il respiro. Non finisco con il viso per terra perché ho la prontezza di farmi scudo con le braccia.

Vedo gli occhi azzurri dell'uomo guardarmi con disprezzo e poi tornare a guardare il bosco. Ma non mi aiuta a rialzarmi. Nella confusione che si è creata nessuno mi trattiene più e lui mi lascia lì distesa per terra. Tutti stanno pensando a salvare la propria pelle, ma sono libera.

Invece di seguirli mi alzo e mi fermo, consapevole che gli spiriti di cui parlava quel pirata potrebbero raggiungermi da un momento all'altro.

Mi nascondo dietro un grosso tronco, sentendo le ginocchia bruciare. L'unico suono che giunge alle mie orecchie è il mio respiro. Sembra che le piante abbiano smesso di sbattere le une contro le altre. Vorrei controllare cosa sta succedendo ma mi costringo a non farlo, perché il ricordo dei fuochi negli occhi dello spettro che ho fronteggiato sulla nave mi affollano la mente.

Guardo la foresta di fronte a me, fissando il punto in cui quei tre sono scomparsi alla mia vista. Dovrei scappare in una direzione diversa e far perdere le mie tracce. Guardo verso sinistra dove il bosco mi sembra meno intricato.

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