Epilogo

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Osservo i granelli di polvere salire dal pavimento e roteare nell'aria del fascio luminoso, nato tra gli scuri della finestra. Li guardo in modo diverso adesso, capendo quanta forza ci sia in tutto quello che mi circonda. Anche in qualcosa di così minuscolo come la polvere.

Mi sollevo dal cuscino, sentendomi leggera. Era da tanto che non dormivo così bene. Senza sognare nulla.

Probabilmente la zia di Derrin mi aveva messo qualche strana radice nella tisana che mi aveva portato in stanza, quando eravamo tutti tornati dal porto, dopo il funerale di mio padre. Avevo visto qualcosa di scuro sulla fine del bicchiere, ma non avevo ben capito che cosa fosse.

I miei occhi finiscono sul bicchiere posato sul comodino e sul pezzo di taccuino che mi aveva regalato Brens. Non ricordavo di averlo messo lì. Ma il giorno precedente mi sembrava così lontano, come se fossero ormai passati secoli.

Sporgo le gambe oltre il materasso e mi siedo, afferrando il libricino e cominciando a sfogliarlo.

Chissà se ci avrei mai scritto davvero qualcosa.

Dei passi oltre la porta mi destano dai miei pensieri. Nel silenzio dell'alba riesco a sentirli distintamente. 

Deve essere Kalen. Mi aveva detto che voleva tornarsene a Yern, il suo paese natale, dove si trovava la sua famiglia prima che decidesse di seguire la banda di Barbarouge. Ed io avevo semplicemente deciso di seguirlo.

Non avevo più un posto dove stare e non volevo il trono di Zenevia. Non sapevo di certo come governare un popolo e volevo evitare di commettere gli stessi errori di mio padre. Volevo soltanto vivere a modo mio, senza pensare troppo a come potrebbe essere il mio futuro.

La porta si apre cigolando. Sollevo lo sguardo ma davanti ai miei occhi compare Derrin.

«Come stai?» mi domanda timidamente.

Le mie labbra si piegano in un piccolo sorriso e gli faccio cenno di sedersi sul materasso, al mio fianco. «Starò bene e tu?».

Era strano dirlo dopo tutto quello che avevo passato. Ma effettivamente era così.

«Io e mio nonno partiamo oggi. Torniamo a Landa e ci daremo da fare a costruire altre invenzioni. Ma basta con le navi volanti» risponde, ricambiando il mio sorriso.

Sembrava teso. Come se ci fosse qualcosa di sospeso in quel silenzio tra di noi.

«Volevo...» inizio a colmare la tensione, dicendo la prima cosa che mi stava passando per la mente.

«Ho incrociato Kalen di sotto. Dice che ti sta aspettando per partire. In realtà voleva venire a svegliarti, ma gli ho detto che sarei andato io... Quindi parti con lui?».

Annuisco. «Non credevo fosse così tardi. Forse ho dormito troppo a causa dell'infuso di tua zia».

Mi alzo dal materasso, poso il taccuino di nuovo accanto al bicchiere, con l'intenzione di raccattare le mie cose per partire, ma in verità quel taccuino in cuoio era l'unica cosa che possedevo.

Derrin rimane seduto e si gratta la testa. «In fin dei conti lo capisco. Si tratta di una tua scelta e non posso fare altro che rispettarla» sussurra sempre più teso.

Mi chino di fronte a lui, per guardarlo dritto negli occhi.

«Derrin, non è un addio» sussurro anche io.

Mi prende le mani e se le posa sulle ginocchia, stringendole. «Lo so... Sono sicuro che ricapiterà una buona occasione per vederci, magari senza spargere così tanto sangue, qualcosa di meno macabro. Non credi?».

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