Capitolo 35

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D'un tratto mi sembrava tutto così strano. Come se fossi fuori posto. La bambina mi aveva condotto in una serie di cunicoli che invece di salire, arretravano verso il basso. Finché si erano aperti in un quella che era un'enorme grotta sotterranea con casupole scavate direttamente nella roccia.

Un chiacchiericcio allegro mitigava l'oscurità. Delle luci appese a fiaccole intervallavano colonne scure. Delle tende colorate di tessuto fungevano da porte alle case e ripari alle finestre.

Una grossa tavolata di legno molto bassa era apparecchiata al centro della piazza e ogni suo centimetro, perfino gli angoli, sono occupati da piccoli nani pelosi che ridono e sbattono boccali di liquido ambrato. Odore di sidro, spezie e carne arrosto volteggiavano nell'aria. Si mescolavano ricordandomi i sontuosi banchetti a cui ero abituata a Farvel.

«Ohh, ecco la nostra sopravvissuta». Il nano bruno, quello che si chiamava Aliden, mi batte una pacca sul ginocchio e alza il suo bicchiere ricolmo in saluto verso il mio viso.

Cercai di sorridergli, mentre la bambina coi baffi faceva scivolare la sua presa dalla mia mano, per andare a rincorrersi con altri bambini intorno al tavolo.

Un nano, coi capelli più pettinati e tenuti in ordine degli altri, mi osservava. Seduto a capotavola con un'aria curiosa, ma anche di sfida.

Sfidarmi per quale motivo, non lo sapevo.

L'atmosfera era festosa. Raggiante. La tavola colma di cibo servito in porzioni troppo grandi per le pance di quegli esseri minuti. Trasbordava dai piatti e sembrava non avere fine.

Una nana dai capelli rossicci con un fiore blu sistemato dietro l'orecchio mi chiede di porgerle la torcia e mi consiglia di prendermi da mangiare finché ne restava.

Sembrava tutto sempre più strano. Anomalo.

Prima che riuscissi a fare un altro passo verso il cibo, delle braccia mi stringono da dietro e questa volta sono della misura giusta.

«Sono così felice che tu stia bene, mi hai fatto prendere uno spavento».

Mi lascia abbastanza spazio per voltarmi, in modo tale che riesca ad abbracciarlo anche io. Sono colta dal sollievo quando affondo nel suo dolce profumo di bosco.

«Mi dispiace» sussurro, stringendo Derrin. Sentendomi molto meglio.

«Non è stata colpa tua. Avremmo dovuto essere tutti più attenti».

Sollevo gli occhi dalla sua spalla e incontro quelli di Kalen. Alza un calice verso la mia direzione e le sue labbra sono curvate in un leggero sorriso. Accanto a lui, un nano che non ho mai visto prima d'ora gli sta dicendo qualcosa, ma ovviamente il pirata non lo sta ascoltando.

Avrei voluto abbracciare anche lui, ora che la paura era completamente scemata via. Ma non conoscevo i costumi dei pirati. Potevano essere persone fredde e distaccate che non dimostravano i loro sentimenti in modi espliciti, per cui mi limitai a ricambiare quel suo sorriso.

Un bambino inciampò. Aveva addirittura più barba di Kalen e Derrin messi insieme sul suo mento. Tutti si girarono verso la sua direzione e Makaonia si avvicinò per aiutarlo a rimettersi in piedi.

Poi mi fece cenno di avvicinarmi e quando la raggiunsi, quasi accanto alla tavola, mi mise in grembo una ciotola fumante di quella che sembrava una zuppa su cui galleggiavano pezzi di carne arrostita e miele.

Aspettarono che io finissi di mangiare prima di portare il fantomatico dolce. Una torta gigantesca, sorretta da quattro nani. Uno per ogni angolo del piatto quadrato. Era bianca. Sembrava fatta di crema. Non credevo che i nani conoscessero certe pietanze.

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