Capitolo 27

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«Deve pur esserci un modo per salvarlo. Lui è tutto ciò che rimane della mia famiglia d'origine» concludo triste, dopo aver raccontato la mia visione ad Asso.

Ha un'espressione contratta, mentre siede al mio fianco e fissa nel vuoto. «Lo sapevo» commenta arrabbiato. «Lo sapevo che quella ragazzina tramava qualcosa contro Magnolia... Methara difficilmente si sbaglia. Piuttosto perché non mi hai detto subito di essere la figlia di Lucis?».

«Io credevo fosse morto, o almeno questo era quello che mi avevano detto i Saggi e il mio maestro e poi non so più cosa pensare, non so più di chi fidarmi. Lo avevo visto a Zenevia, nella sala del trono, ma in cuor mio speravo sempre di essermi sbagliata».

«Avresti preferito che fosse morto?» mi domanda sconvolto.

Ma io scuoto la testa. «Avrei voluto crescere con lui. Ne avevo la possibilità, ma non so nemmeno se abbia mai cercato di riprendermi con sé dopo che i Saggi lo hanno esiliato».

Il silenzio cala tra noi, come i fiocchi della tormenta nella visione che si attaccavano all'inferriata della finestra nella casa di Jarleth.

«Puoi fidarti di me» sussurra piano, interrompendolo, come se quelle parole gli costassero un grande imbarazzo. Si china a raccogliere un sassolino e lo lancia verso lo specchio d'acqua. Il sassolino, invece di saltellare sulla superficie rimbalzando, sprofonda nelle acque senza emettere alcun suono.

«Tu sai in quali rapporti erano mia madre e Methara?» gli chiedo ripensando alle parole della maga stanca e preoccupata.

«No, ma Methara mi ha sempre raccontato di volerle un gran bene, quindi presumo che siano state molto amiche in passato e poi...».

Mi sarebbe tanto piaciuto conoscerla. Magari mi avrebbe parlato di mia madre e di mio padre. Magari lei aveva le risposte a tutte le mie domande.

«E poi?» lo incalzo.

«E poi dobbiamo trovare un modo per fermare quella ragazzina. Forse se la uccidiamo anche tuo padre sarà liberato dall'incantesimo».

Il sangue mi si gela nelle vene. Non può averlo detto sul serio.

«Non credo sia colpa sua. Deve essere la magia. Anche io, da quando la uso di meno, percepisco l'avidità con cui mi cerca. A volte il suo richiamo mi ha fatto quasi del male fisico. Deve esserci un'altra soluzione. Non è colpa sua se non può domarla» intervengo, cercando di mostrargli che non sono disposta a seguire la sua teoria. «E poi è pur sempre figlia di mio padre». Quel piccolo dettaglio scivola amaro sulle mie labbra, tramutando il mio cuore in un macigno pesante e una sgradevole sensazione di malinconia mi avvolge le spalle come una coperta.

«Ma da una madre differente» mi ricorda Asso.

«Questo non conta. Immagina se mio padre si liberasse dall'incantesimo e io gli dicessi che ho dovuto uccidere sua figlia per aiutarlo. Forse non mi parlerebbe più». Quell'ipotesi tortuosa mi sembrava la più plausibile e concreta.

Sicuramente doveva volerle bene. Aveva cercato di rompere un sortilegio arcano per farla nascere, per concederle una vita. Se fai del male a qualcuno che una persona ama, difficilmente quest'ultima poi ti perdonerà. Socchiudo gli occhi, cercando di scacciare quelle sensazioni, che come unghie affilate tentavano di artigliare il mio corpo.

«Quindi come pensi di agire?».

«Non lo so Asso. Ma intanto dobbiamo trovare un modo per andarcene da qui».

«Githia ci ha detto di aspettarla. Ma queste creaturine sono piuttosto strane e devo ammettere che mi fanno paura. Una di loro era particolarmente curiosa di conoscermi meglio, mentre tu eri nel lago. Le altre due poi sono sparite, ma lei ci sta ancora sorvegliando». Asso si guarda attorno e posa lo sguardo sul tetto degli alberi. Una lucina bluastra si muove di foglia in foglia, scattando velocissima e agile.

Polvere di LuceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora