Capitolo III (R)

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Era già iniziato il secondo giorno di viaggio, preceduto da una lunga nottata insonne passata a rigirarmi sullo scomodissimo sedile del pulmino, e fin da subito si preannunciò peggiore del precedente. Ogni apparecchio per la comunicazione ci era stato confiscato e con loro era sfumata ogni possibilità di rimanere in contatto con le nostre famiglie. Sospettavo che una volta partita sarebbe successo, ma il fatto che fosse più di una supposizione mi rendeva inquieta. Purtroppo però, a causa del costante blaterare di William — che scoprii essere un venticinquenne spigliato, esuberante e persino più logorroico di quanto non mi fosse parso il giorno prima — e un po' per via della mia crescente ossessione per quel ragazzo dai capelli rossi — che continuava a fissarmi senza pudore — non riuscivo proprio a concentrarmi per analizzare la situazione nella quale mi trovavo.

Ogni tre ore il responsabile del pulmino ci concedeva delle soste, tutte nei ristori gratuiti dell'isola e tutti completamente deserti. Oltre al personale di servizio, non un solo automobilista, camionista o pullman di turisti, era comparso durante la nostra permanenza. Probabilmente ero l'unica a sentirmi a disagio per il chiaro e oppressivo controllo che esercitavano su di noi; tutti gli altri erano troppo occupati a stringere alleanze prima ancora di varcare il confine della struttura. O a chiacchierare del più e del meno senza mai prendersi una pausa...

«Quindi tu cucini?» chiese William per l'ennesima volta.

«Come ti ho già ripetuto più volte, sì, io cucino.» Esalai un sospiro esasperato, di cui si accorse a mala pena.

«Non lo avrei mai detto. A prima vista sembri più una studentessa di lettere che di indirizzo culinario, sai?» Mi osservò di sbieco, incuriosito.

«E tu sembri più uno di quei nullafacenti che spesso si rintanano nei loro garage per sbavare su qualche rivista erotica mentre smontano le loro autovetture, per giunta modificandone i pezzi illegalmente» gli rigettai lo stesso sguardo.

«Ah, no» sospirò con tono teatrale. «Quelle riviste mi piace esaminarle con cura nella mia stanza» aggiunse, mostrando poco dopo un sorriso malizioso e alzando più volte le sopracciglia con fare complice.

«Oh, immagino...» risposi sovrappensiero, mentre mi intrattenevo osservando una coppia di ragazzi a qualche sedile di distanza da noi. Non distrarsi mentre il biondino parlava, era quasi impossibile.

«Per quanto riguarda le auto, mi spiace ma in meccanica sono una frana assoluta. Il mio campo è molto differente» chiarì con l'intenzione di apparire misterioso. Con altre ragazze avrebbe certamente fatto colpo, peccato che a me la sua vita non interessasse minimamente.

«E sarebbe?» chiesi svogliatamente.

«Frequento l'università di medicina.» la sua espressione diventò all'improvviso sobria. Lo conoscevo da poche ore, ma fino ad allora non aveva mai cercato di essere serio, in più parve quasi imbarazzato.

«Non ne sembri affatto il tipo». Mi ricomposi all'istante, pronta ad affrontare la prima conversazione interessante della giornata. Forse sotto quella facciata da giullare si nascondeva molto altro.

«Me lo dicono spesso. Ma ehi! Il mondo ha bisogno di medici simpatici, non credi? Già per un malato la situazione è deprimente, mettici un medico che ti fa stare peggio... Tanto vale schiattare subito e non farsi curare!» spiegò, demolendo le mie aspettative e ritrovando quella sua aria da bambino spensierato. «Ora mi crederai definitivamente pazzo» aggiunse poco dopo, ridendo di se stesso.

«Non proprio, voglio aspettare e vedere che livelli raggiungerai prima di etichettarti»

Non avevo abbastanza elementi per definirlo un completo fannullone e dargli il ben servito, qualcosa in quel suo repentino cambio di espressione mi aveva fortemente incuriosita. «Il tuo ragionamento è logico però, un dottore così aiuterebbe molto... farebbe rinascere nel malato la voglia di prendere a calci qualcuno» lo canzonai. Appena il suo sguardo, divertito e sorpreso, si posò sul mio, ci fu una lunga pausa in cui ci scrutammo a vicenda. Era un reciproco tentativo di inquadrarci, e per la prima volta colsi in lui la mia stessa nota di diffidenza. Credevo di essere l'unica a valutarlo, a valutarli tutti, invece scoprii con sorpresa che anche lui stava facendo lo stesso con me. Proprio come il ragazzo dai capelli rossi.

Election [I libro, Rose Evolution Saga]Where stories live. Discover now