Capitolo XXX (R)

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Fuori era già notte. Non avevamo tenuto conto del fattore tempo, perciò uscire da un tunnel sotterraneo, totalmente oscurato, e trovare solo altro buio fitto ci lasciò con l'amaro in bocca. Muoverci di notte era lo sbaglio peggiore che potessimo fare ed era proprio la gravità della situazione che ci impedì di accusarci a vicenda.

Accendemmo le torce e proseguimmo spediti, tutto un altro passo rispetto all'andata. I tre puntini lampeggiavano sulla mappa segnando una grande vittoria. Nonostante fosse alla mia portata, decisi di lasciare il compito di guidarci sempre a Shawn e quello di ispezionare il perimetro ad Esral. Dargli qualcosa da fare e farli sentire importanti era l'unico modo che avevo per tenerli buoni. E tenerli buoni era un mio dovere in  quanto Comandante.

Eravamo diretti al primo bunker, quello che saggiamente avevamo deciso di saltare per via della calca. Visto il limite di tempo, volendo supporre che fosse lo stesso per ogni bunker, era probabile che la maggior parte dei concorrenti stesse lasciando in quel momento il rifugio. Con il vantaggio della mappa implementata azzardammo un percorso secondario fuori da quello segnato in rilievo. Così facendo speravamo – almeno io – di risparmiarci incontri indesiderati e arrivare in silenzio alle spalle del bunker.

Ancora una volta intraprendemmo un viaggio all'insegna del silenzio. Shawn non sprecò  più parole per darci inutili indicazioni, lo seguimmo alla cieca, nello stesso modo in cui lui si accodava alla mappa. Il silenzio servì solo aumentare i miei timori: nella mia testa esplose un caos  assordante di intrighi della prova, parole di Esral e Shawn, rimasugli della voce. Cercavo dei collegamenti, qualche soluzione, ma soprattutto delle certezze. Ne ero così presa da dimenticarmi dove mi trovavo, chi mi accompagnava e il luogo che cercavamo così affannosamente di raggiungere. Mi accorsi del limite che stavo superando con il mio morboso atteggiamento quando, più di una volta, inciampai in punti del terreno ormai asciutti.

Nel confusione che regnava nella mia testa riuscii a trovare dello spazio per William. Dopo la giornata che avevo trascorso in giro per la foresta e l'incubo del fiume non potevo che domandarmi se stesse bene; sperare che a lui fosse andata meglio che a me. Maximilian era bravo, lui anche di più, se avevano evitato la carneficina l'unico problema restava quella palla al piede di Quiana. Troppo debole per sopravvivere a qualunque prova ma che continuava inaspettatamente a farcela. Per un attimo fui tentata di intavolare una conversazione con Shawn per sapere qualcosa di lei, i due ero così affiatati da mettermi in imbarazzo. Già, perché era imbarazzate e umiliante sapere che Pel-Di-Carota aveva più considerazione per lei che per me. Magari Quiana sapeva da sempre della sua guarigione, infondo lei era rimasta nella nostra vecchia città, e forse conosceva anche il perché.

Solo a pensarci mi passò la voglia di curiosare.

Facemmo una pausa per bere tre ore dopo essere partiti. Potevo dirlo con certezza perché la prima cosa che feci fu sbirciare l'orario sul palmare, quasi sperando di affrettare l'arrivo dell'alba. In realtà i cadetti rimasti alla Base stavano cenando. I puntini si erano mossi a stento, il bunker era ancora troppo lontano e la sera era calata in fretta. L'aria si rinfrescò tanto da farmi chiudere il giaccone fin sotto il mento, e battere i denti quando riprese a piovere. Non l'acquazzone di prima, solo della normale pioggia che però ci cadeva dritti in faccia per via del vento. Ancora una volta mi chiesi perché non stessero attivando la cupola protettiva. Quando era periodo di piogge, forti o leggere quali fossero, la cupola veniva attivata, gli impianti di traspirazione ripuliti e la quantità d'ossigeno delle piante ibride abbassata un po' per permettere ai cittadini una vita confortevole. Nonostante l'Elezione non avesse nulla a che fare con le agevolazioni, la cortesia e l'accoglienza, trovavo assurdo che stessero disturbando tutta la Nazione solo per rendere la nostra prova più insidiosa.

«Quanto manca?» chiese Esral, la fronte perlata di sudore nonostante la pioggia e il freddo.

«Troppo» borbottai. Avevo nascosto le mani nelle ampie tasche del giaccone, lasciando che la torcia sbucasse quanto bastava per illuminare qualcosa. Meglio inciampare che avere freddo, soprattutto quando i vestiti che portavo erano ancora umidi. Febbre e raffreddore erano le ultime cose che mi servivano, anche se raramente ne prendevo.

Election [I libro, Rose Evolution Saga]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora