Capitolo VII (R)

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«Vèna» disse in un sussurro talmente impercettibile, che quasi credetti di essermelo immaginato. Lui, d'altra parte, face finta di niente occupandosi di chi aveva accanto.

Con un guizzo spostai lo sguardo dalla chioma fulva di Pel-Di-Carota ai riccioli dorati della bionda isterica, la stessa ragazza con cui avevamo condiviso la stanza qualche giorno prima. Sedevano l'uno accanto all'altra con l'aria di chi andava piacevolmente d'accordo. Il sangue mi ribollì nelle vene. Non erano tanto le chiacchere senza senso della ragazza, o i modi amichevoli di Pel-Di-Carota ad urtarmi, quanto il fatto che si ostinasse a ignorarmi. William da tempo si era accorto della tensione che intercorreva tra noi due, come una corrente elettrica scaturita da fili scoperti, ma si era guardato bene dal domandare. Anzi, lì per lì parve intenzionato a ripagare i due con la stessa moneta, ignorandoli a sua volta e concentrandosi su di me e le sue battute. Per un po' stetti al gioco, anche se la voglia mi passò poco dopo essermi accorta che gli angoli della bocca di Shawn si sollevavano ogni volta che devo importanza al biondino. Un sorriso appena accennato, che mostrava tutto il suo compiacimento.
E non in senso positivo.

L'aria intorno al tavolo era carica di tensione, finché anche gli altri posti vennero occupati. Presto tutti cominciarono a parlare, divisi in gruppi da barriere invisibili. Tra me e Shawn, invece, c'era un solido muro. Solo uno dei concorrenti se ne rimase per conto suo, in silenzio. Aveva una chioma riccia e indomabile che gli copriva quasi la maggior parte del volto. Anche io, se non fosse stato per gli invasivi modi di William, me ne sarei rimasta in un angolino a giudicare l'operato del cuoco, taciturna come sempre.

Quando il pranzo entrò nel vivo, alle mie spalle udii distintamente i sgradevoli commenti dei miei "compagni di corsi", che non dovevano aver apprezzato il mio rifiuto. Tra loro e Shawn, dovetti fare appello ad ogni fibra del mio essere per mantenermi distaccata e consumare qualche portata. Inoltre, ero troppo a osservare i militari che, come durante la riunione mattutina, circondavano tutto il perimetro della mensa. L'ingresso era stato sbarrato da due omaccioni, la cui espressione arcigna mi ricordò il Latore del test preliminare, incaricato di cacciare a suon di abbai tutti i curiosi. Anche se le dinamiche erano sempre state le stesse – circondare, reprimere, controllare – questa volta notai un accenno maggiore in fatto di sicurezza da parte dell'organizzazione militare. Forse l'idea di dover badare a un branco di ragazzini urlanti li aveva resi così rigidi. In ogni caso reputavo eccessivo e offensivo questi loro atteggiamenti.

Non ci volle molto prima di scoprire il reale motivo. Come se qualcuno avesse voluto smentire i miei pensieri a riguardo, dalla porta comparve il Comandante nella sua rispettabile uniforme di Latore, seguito da un uomo e una donna che, sinceramente, riconobbi a malapena. Senza il codazzo dei membri del Governo e privi dei loro eleganti stemmi della ventiseiesima Elezione, fu difficile riconoscere i Rappresentanti della Nazione di Phērœs.

La donna, Dena Engineer, con la sua pelle ambrata, i capelli neri raccolti in una lunga treccia che penzolava alle sue spalle, incedeva risoluta seguendo le falcate militaresche del Comandante. Il suo compagno, Esodo Tremblay, si mantenne in disparte. Si trascinava lento, prendendosi il tempo necessario per osservarci. L'espressione quasi nostalgica alla vista di una mensa traboccante di nuovi concorrenti.

Quando furono arrivati di fronte al bancone, visibili anche a coloro che sedevano ai margini della stanza, si scambiarono qualche sussurro mentre i brusii di sconcerto andavano impadronendosi della mensa. Appena fu chiaro anche ai più storditi chi fossero, i cadetti intenti a consumare il loro pasto – tra cui qualche concorrente rinsavito dallo shock – lasciarono posate e bocconi, si alzarono all'unisono e diedero il benvenuto ai Rappresentati con il saluto nazionale: tre pugni battuti sul cuore, che simboleggiavano la speranza del popolo; un inchino, segno di rispetto verso il Governo e i Rappresentati; il nome Phērœs gridato, come devozione a ciò che aveva permesso all'umanità di superare la G.G.

Election [I libro, Rose Evolution Saga]Where stories live. Discover now