Capitolo XVI (R)

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Me ne stavo seduta sul selciato freddo già da un po'. Gli infermieri mi avevano lasciata uscire senza alcuna obbiezione, neppure i Latori, appostati sia all'entrata dell'infermeria che vicino agli ascensori, avevano tentato di fermarmi. In un certo senso, sembrava che tutti sapessero dove sarei andata, e che non gli importasse. Ovunque mi fossi nascosta, sarei sempre rimasta sotto l'occhio vigile di qualcuno.

Non riuscivo proprio a capacitarmi di quanto era accaduto. Da sempre si diceva che erano i concorrenti a cambiare nel corso delle Ere, non l'Elezione. Se ciò era vero tanto quanto lo sembrava, i Rappresentanti dovevano aver passato prove simili, se non le stesse, ben dieci volte. Allora perché nessuno aveva mai cercato di cambiarle? Perché alla Ventisettesima Era dello Stato Unitario di Phērœs, i concorrenti erano ancora costretti a vivere cose del genere? Doveva esserci per forza un motivo se nessun ex concorrente aveva divulgato informazioni sulle prove in tutte quelle Ere, un motivo ragionevole che spiegasse anche perché venissero usate nonostante la loro brutalità. Qualunque cosa ci fosse dietro, andava ben oltre le mie possibilità. C'era un limite anche alle domande che potevo pormi, e ci ero finita sopra. Bastava un passo per oltrepassarlo, uno per tirarmene indietro. Dopo un lungo scavare nella mia coscienza, avevo capito di voler solo tornare alla mia vecchia vita.

Non chiedere, mi ero convinta alla fine. Torna in cucina, vivrai meglio.

Tutto quel pensare e rimuginare, domandare e giustificare, mi era servito per capire di non voler sapere altro. La curiosità, per quanto forte potesse essere, era un capriccio che non potevo più permettermi, almeno se volevo uscirne il prima possibile. Domandarmi se le prove fossero giuste o ingiuste era inutile, in entrambi i casi la verità era una sola: l'Elezione funzionava. Aveva sempre funzionato. I Rappresentanti di tutte le Ere tenevano in piedi lo Stato, il popolo veniva trattato con riguardo e i miglioramenti apportati non erano elencabili. L'unica cosa che diventava sempre più chiara ai miei occhi, era che io, Ehvena Johns, non ero una buona scelta per l'isola, quindi non avevo il diritto di chiedermi se un'istituzione secolare fosse giusta o meno.

Passai la maggior parte del tempo non a chiedermi se fosse giusto, ma a capire come farmi eliminare alla Terza Prova senza finire nel Quarto gruppo e rischiare di diventare una cavia. C'era una sola persona capace di dirmi come fare senza rischiare troppo, e quella era Shawn O'belion. Il freddo calcolatore dal temperamento di fuoco, l'estraneo dal volto familiare. Se glielo avessi chiesto non avrebbe esitato a dirmelo, tanta era la voglia di avermi fuori dai piedi.

Ero nauseata dalla mia stessa voglia di incontrarlo.

Andarmene senza prima sapere della sua guarigione poteva essere il mio unico rimpianto. Non che fosse il come a interessarmi – senza dubbi era stato grazie a una medicina sperimentale – la mia insistenza dipendeva dalla necessità di fargli vuotare il sacco proprio perché si rifiutava. Sapere perché non mi aveva contattata, quel motivo sì che desideravo conoscerlo. Trattandosi di Shawn, però, ci sarebbe voluto molto più di un mese. Io non avevo più tutto quel tempo.

Raccolsi le ginocchia al petto e vi nascosi il volto. Sperai che così facendo, magicamente, i miei problemi si dimezzassero. Invece, per un attimo, anche la fioca luce del mattino si oscurò, coperta da quei nuvoloni minacciosi che da bambina scorgevo oltre la cupola protettiva durante le grandi piogge. Un'eclissi troppo improvvisa. Levai lentamente il capo dal bozzolo nella quale mi ero rannicchiata, scorgendo la sagoma che, incombendo su di me, aveva smorzato l'ultimo raggio di luce. La chioma fulva si mescolava alla luce del sole che vi si stanziava alle spalle, come un sole ancor più splendente. Per un attimo credetti di avere le traveggole, poi, con naturalezza, mi chiamò con quel nome che solo lui conosceva.

«Vèna» disse.

Dovetti reprimere l'istinto di nascondere nuovamente il volto, sperando solo che non notasse gli occhi umidi. «Non si riesce ad avere un attimo di pace, qui» brontolai. La verità era che, mai come allora, avevo desiderato di vederlo comparire.

Election [I libro, Rose Evolution Saga]Where stories live. Discover now