Capitolo XV (R)

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Passai l'intera nottata triturando, distillando e mescolando gran parte delle piante in mio possesso. L'odore che ne scaturiva era insopportabile, ci vollero tutte le mie abilità di cuoca per realizzare qualcosa di soddisfacente. Non era il mio lavoro migliore, ma ero riuscita a camuffare il puzzo delle piante con un dolce aroma di pastella.

Con sole tre ore di sonno alle spalle, mi svegliai poco prima dell'arrivo della mia Assistente. Sapevo già, ancor prima di leggerglielo sul volto, il perché fosse venuta in tanta fretta. Avrei svolto la Seconda Prova quel giorno, non c'erano più dubbi. Per questo avevo trascorso la notte precedente chiusa in quella cucina, a darmi tanta pena per terminare. Gli organizzatori erano stati incauti non rilasciando le scosse come loro solito, quel dettaglio mi aveva convinta e spronata a concludere. Un solo esonero era da considerarsi un miracolo, ma che una cosa del genere ricapitasse non poteva di certo essere una coincidenza: ci avevano lasciato il tempo necessario per terminare il lavoro. Almeno a chi aveva avuto la lungimiranza di non rimandare, o come me di iniziare e terminare tutto.

«Devi andare a cambiarti, inizieranno tra un'ora» disse pacata.

Mi strofinai il volto assonnato, spostando pentole, ciotole e teglie sporche nel lavandino. Era la cosa più normale che avessi fatto in quell'ultimo mese. Volevo lavarle io stessa per rendere completa quell'abitudine così necessarie, un inizio semplice e rassicurante per una giornata che mi avrebbe distrutto. Non c'era abbastanza tempo.

Asia posò i suoi occhi increduli sulla mia via di salvezza. «Ma quella è...?»

«Una torta, sì» terminai per lei.

Dirlo ad alta voce non la rese più verosimile. Una volta entrata in cucina l'unica cosa a cui ero riuscita a pensare era il cibo, così a furia di rimuginarci mi ero convinta che fosse la strategia migliore. Stavo davvero per presentarmi alla prova munita di una torta salta ripiena e guarnita di una miscela stendi-candidati. Era improbabile che qualcuno le si avvicinasse, ma se fosse stato un fiasco nessuno mi avrebbe accusata di mancati obblighi, semmai di stupidità. Mi ero creata l'alibi perfetto, usando come copertura la mia nota ossessione per la cucina.

«Andrà benissimo» mentì generosamente Asia.

Dubitava che funzionasse, io stessa non la reputavo una grande strategia, ma forse era meglio così. Mi bastava uscire dalla prova illesa e risparmiandomi altre brutte sorprese, perché dall'Elezione ormai era rimasta fin troppo turbata.

Prima di andare tagliai la torta a fette e preparai una ciotolina di glassa extra da servire. Almeno la presentazione volevo che fosse impeccabile, ne andava del mio onore. Travasai in un piccolo contenitore il distillato che mi era avanzato, il resto lo avevo unito alla copertura della torta. Potevo portare un solo oggetto esterno, l'altro andava scelto all'interno del laboratorio; per precauzione portai anche quello.

In stanza, adagiata sul letto, trovai un'uniforme piuttosto particolare: una maglietta nera accostata a dei pantaloni larghi con capienti tasche interne. In basso gli stivaletti in cuoio usati dai militari della base. Lo stemma della ventisettesima Era ricamato all'altezza del cuore, per ricordare a tutti il motivo per cui avremmo affrontato quella prova. Resistenza, forza, obbiettività, intraprendenza, intelligenza, razionalità, dedizione e umanità. Questo era ciò che cercavano per l'Elezione, almeno secondo la propaganda. Avevano dimenticato di aggiungere obbedienza, scarsa moralità e istinti violenti.

Asia si risparmiò qualunque discorso riguardo al vincere o non vincere. Mi fece un mezzo sorriso e mi augurò buona fortuna. Era una donna ingamba, perspicace e valida; sapeva riconoscere un caso senza speranza quando ne vedeva uno.

Se da una parte la mia Assistente aveva deciso di lasciarmi i mie spazi, dall'altro William decise di non essere altrettanto premuroso. Quando ci riportarono in quella sala circolare, cinque alla volta, la sua prima reazione fu di incredulità verso l'incarto della mia torta.

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