1. Come un principe (II)

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Nel 2172 erano ancora evidenti le ferite del cambiamento climatico e delle guerre nucleari, al punto che chi aveva la fortuna di visitare il parco olografico della città, che riproduceva scorci di vita e paesaggi di centocinquant'anni prima, spesso pensava che si trattasse di fantasie sfrenate, di semplice finzione.

Certo, per chi non l'aveva mai visto, non era facile immaginare che quel mondo fosse davvero esistito.

Il riscaldamento globale aveva influito pesantemente sulla disponibilità di risorse alimentari e soprattutto idriche, rendendo sempre più aree inadatte a sostentare grosse popolazioni umane e innescando fenomeni migratori senza precedenti.
Siccità, inondazioni e altri cataclismi avevano inasprito sempre più le tensioni sociali, fino a che esse erano sfociate nel terzo conflitto mondiale, culminato in una serie di esplosioni atomiche.

Anziché sprofondare nell'inverno perenne profetizzato dagli scienziati in una simile situazione, per meccanismi imprevedibili e non ancora del tutto noti, il pianeta aveva invece continuato a riscaldarsi, divenendo ben presto uno sterminato deserto senza vita.
La maggior parte degli esseri viventi era scomparsa, e l'umanità stessa era stata decimata: i bunker antiatomici non erano a disposizione di tutti.

A tempo di record, nei luoghi meno colpiti erano state erette enormi strutture a forma di fungo, sulle quali i superstiti avevano costruito le nuove città, abbastanza in alto da essere al riparo dalle radiazioni.

Purtroppo, anziché per merito o capacità, i posti disponibili in questi rifugi erano stati riservati a chi era abbastanza ricco e potente, e a chi era indispensabile per garantirne il benessere; gli altri avevano dovuto accontentarsi di erigere villaggi ai piedi delle costruzioni, protetti da barriere in parte fisiche e in parte elettromagnetiche, comunque inadeguate.

Mentre le città-fungo prosperavano grazie a serre, industrie ad alta automazione e sistemi di raccolta e depurazione dell'umidità contenuta nelle nuvole, ai loro piedi gli ultimi si arrabattavano per un goccio d'acqua, il bene più prezioso.

Il marchio della stupidità umana era rimasto impresso nel codice genetico delle persone, cosicché quasi chiunque fosse nato dopo il disastro presentava malformazioni fisiche più o meno evidenti.
Nathan era stato uno dei primi bambini, dopo molto tempo, a nascere senza imperfezioni; e fin da piccolo aveva curato il proprio aspetto in modo maniacale.
Nonostante fosse cresciuto immerso nella deformità, dava una grande importanza all'aspetto, al punto da aver giurato che si sarebbe circondato soltanto di gente bella come lui.

Entrando nella sala da ballo, si strinse nelle spalle, più che mai determinato a mantenere il suo proposito.

Suo padre non l'aveva mai punito, anzi, a dire il vero non si era mai nemmeno interessato a ciò che faceva; ad ogni modo, qualunque cosa avesse in mente, era certo che non sarebbe stato terribile quanto dover condividere parte della sua vita con qualcuno che gli faceva ribrezzo.

E poi, perché mai non poteva mantenere lui l'onere della gestione delle imprese di famiglia? Sarebbe bastato solo qualche consiglio da parte di Edgard, e poi poteva proseguire da solo.

Perché suo padre non lo capiva?

***

Il ricevimento era una esagerata ostentazione della ricchezza e del prestigio della dinastia Mayer. Ogni minimo particolare era stato spinto all'eccesso: dalle composizioni floreali di piante allevate in serra alle decorazioni con piume di uccelli ormai estinti, dagli stuzzichini dolci e salati alle sculture di ghiaccio. Uno schiaffo alla povertà, di cui Nathan era solo vagamente consapevole, non avendo mai dato particolare peso alle ristrettezze in cui versava gran parte della popolazione mondiale. Cresciuto in mezzo ad ogni agiatezza, era simile ai nobili delle favole che il suo androide-balia gli leggeva quand'era bambino.

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