17. Una ragione per proseguire (II)

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La voce della donna era spezzata dall'emozione.

Per la prima volta, Nathan riuscì a vedere chiaramente oltre la maschera cinica e sicura di sé che la sua compagna era solita indossare e, dietro di essa, intuì sentimenti simili a quelli che lui stesso aveva provato di recente: la paura di non riuscire, la sensazione di aver vissuto invano, la convinzione che il mondo tendesse sempre verso la stessa destinazione, indipendentemente da quello che faceva.

Cedendo all'istinto, l'abbracciò con forza, senza fermarsi a riflettere sul modo in cui si era concluso il suo ultimo approccio. Stavolta non c'era traccia, in lui, del desiderio lussurioso della volta precedente, ma solo la fraterna determinazione a consolarla.

Lei dovette rendersene conto, e allentò la presa sulla sua maglietta, pur senza lasciarla andare del tutto.

I quesiti posti poco prima aleggiavano ancora nell'aria e, nonostante fosse abbastanza convinto che si fosse trattato di domande retoriche, il ragazzo desiderava con tutto sé stesso poter essere d'aiuto a colei che l'aveva ispirato con la propria energia e determinazione. Pensò freneticamente a qualcosa da dire, che non sapesse di frase fatta ma potesse essere efficace.

All'improvviso gli sovvenne una cosa detta dal suo professore di robotica: nonostante il proprio impegno assai scarso a scuola, quel discorso gli era rimasto impresso.

«Le intelligenze artificiali sono potenti e, sotto certi aspetti, indubbiamente superiori al cervello umano.» disse, sforzandosi di ricordare le parole esatte. «Ma c'è qualcosa in cui esse non possono stare alla pari con noi: sono obbligate a seguire la logica, a ipotizzare la conclusione sulla base dei dati. L'imprevedibilità del pensiero biologico, la capacità di rompere gli schemi e di analizzare una situazione da un punto di vista inconsueto, è ciò che da sempre, nella storia dell'umanità, ha fatto la differenza.»

Lei lo guardava con gli occhi sgranati, e lui le sorrise.

Il monologo dell'insegnante era finito, ma un piccolo seguito gli uscì di bocca quasi da solo, come se le parole si fossero formate spontaneamente: «È in questo che devi credere: nell'intuizione di una donna meravigliosa, che ha dedicato tutta la sua vita al benessere altrui, e alla lotta contro un nemico che sembra invincibile, ma magari potrà essere sconfitto con un pizzico di... illogicità.»

Nathan si chiese se fosse riuscito a trasmettere il concetto che voleva. Di certo non era stato chiaro quanto il suo insegnante; lui stesso, ripensandoci, faticava a trovare il capo e la coda del proprio discorso. Erano già trascorsi alcuni secondi di silenzio assoluto, e il giovane stava per aggiungere qualcosa, quando Allison affondò la testa nell'incavo della sua spalla, e scoppiò in un pianto dirotto. 

Nathan era cresciuto circondato da persone pagate per compiacerlo, e robot programmati per ubbidirgli. Perfino le poche, vuote amicizie ruotavano più attorno all'ammirazione e all'invidia che lui era in grado di suscitare, che ai sentimenti e alla fiducia.

Non era esattamente un campione di empatia, quindi.

Eppure, in quel momento, intuì che la ragazza non aveva bisogno di ascoltare altre parole. La strinse tra le braccia e lasciò che si sfogasse, piangendo fino all'ultimo lacrima.
Rimasero così, in piedi l'uno accanto all'altra in quell'orto, dove da decenni non veniva più coltivato nulla, come due pali dei quali perfino il creatore avesse dimenticato lo scopo.

Alla fine, lei gli appoggiò le mani sul petto e lo spinse indietro. «Puzzi come una carogna in decomposizione.» commentò, asciugandosi gli occhi, il volto di nuovo illuminato dal suo tipico sorrisetto sarcastico. «Da quant'è che non ti lavi?»

Il giovane tirò la bocca in un ghigno imbarazzato: non si trovava a proprio agio con quei metodi di pulizia senz'acqua, così si limitava a disinfettare le mani prima di mangiare, e strofinava le ascelle con un'erba aromatica che Allison usava per pulire i denti.

BAZZA DI TORDO 2172Where stories live. Discover now