12. Il mercato (I)

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Trascorsero i giorni seguenti comunicando solo quando era indispensabile.

Allison continuava ad assegnargli semplici incarichi ma, a parte questo, stavano insieme solo durante i pasti, che consumavano in un silenzio rotto solo dal continuo cicaleccio di Bubi, che si sforzava di aiutarli a risolvere la questione, convinto che potesse bastare fargli agganciare i mignoli tra loro, per fare pace. Troppo cresciuti per quel ravvedimento così semplice, e troppo cocciuti per affrontare un discorso chiarificatore, i due non riuscivano ad uscire da quello stallo.

Fu la donna ad offrire uno spiraglio, proponendogli di accompagnarla al mercato.

«Due braccia in più mi farebbero comodo» spiegò, «e magari potresti incontrare qualcuno che conosci e ti aiuti a tornare a casa.»
«Grazie.» non seppe che altro rispondere.
«Sarà il caso di camuffarti, però. Nessuno nato e cresciuto qui ha una faccia così bella.»

Allison mise molto impegno nel travestimento del compagno, e non tentò di nascondere che si stava anche divertendo parecchio, nel farlo.

«Sono un'artista, una vera artista!» continuava a ripetere.

Usò una mistura di gesso e creta per dare vita a dei finti deturpamenti sulla faccia del coinquilino: creò una escrescenza cornea che, partendo appena sopra il sopracciglio, si espandeva verso l'alto per l'intero emisfero sinistro. Quindi costruì una sorta di bubbone gonfio che, dalla guancia opposta, attraversava trasversalmente la faccia, andando a sparire fin sotto il collo. Tinse questa vescica di un malsano color prugna, mentre per il corno riuscì a rendere l'effetto della pelle che, da rosea, sfumava verso un pallore cadaverico. Quando Nathan si guardò allo specchio, ebbe difficoltà lui stesso a riconoscersi in quel mostro.
Mentre la parte superiore era dura e rigida al tatto, la zona viola era rimasta flessibile, e assecondava i movimenti della bocca e del mento.

«Sembra proprio vero.» mormorò, assorto e ammirato.
«Il segreto è lasciare degli strati sottili a intervallare le zone più dure: in questo modo rimangono morbidi, e fanno sembrare il tutto più realistico. È un trucco che ho imparato all'asilo.» spiegò lei, con evidente soddisfazione.
«Non credevo ci fossero gli asili, quaggiù.»
La donna gli diede improvvisamente le spalle, esaminando qualcosa sul tavolo. «Certo che no, sciocco!» borbottò, con un tono strano. «Ti stavo solo prendendo in giro.»

«Possiamo portare anche Bubi?» Indagò il giovane.
L'altra fece spallucce. «Perché no? Magari, se scarica quei dannati aggiornamenti, diventerà meno petulante. Però, prima dobbiamo abbruttire anche lui.»

Insieme, realizzarono qualcosa a metà strada tra un poncho e un'armatura, collegando insieme rottami metallici di ogni sorta, tubi sporchi d'olio, raccordi, giunture, cavi elettrici, e qualsiasi altra cosa gli suggerisse la loro fantasia. Quando glielo misero addosso, l'androide sembrava davvero una macchina costituita da un'accozzaglia di pezzi trovati tra i rifiuti.

«Incredibile.» commentò Nathan. «Dopo tutto, sei davvero un'artista.»

«Anche se adesso sembra un catorcio, i robot sono comunque rari, qui sotto. Perciò, sarà meglio che non ci molli di un passo, governante dei miei stivali, se non vuoi finire a pezzi sul mercato nero dei ricambi!» Ammonì Allison, agitando un dito minaccioso davanti ai sensori ottici dell'androide.
«Ho capito perfettamente, signorina.»
«Riesci a muoverti bene, con quella coperta di ferro addosso?»
«Non preoccupatevi, signorino Nathan: posso sopportare un peso almeno triplo di questo, anche con una ruota danneggiata.»
«Niente "signorino Nathan"! Altrimenti ci farai scoprire subito.»
«Capisco, signorina Allison.»
«Ricominciamo il gioco dell'altra volta, Bubi. Io sono Nate e lei sarà Alley. Niente di troppo difficile, per noi; dico bene?»

BAZZA DI TORDO 2172Where stories live. Discover now