15. Un aiuto (di)sperato (I)

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I giorni successivi instaurarono una nuova routine, che li vide affiatarsi sempre di più, nonostante avessero smesso di parlare tanto del passato quanto del futuro.
Il mancato arresto e la fuga rocambolesca che avevano condiviso, avevano avuto l'effetto di rinsaldare il loro neonato rapporto.

Pur nelle ristrettezze e nelle difficoltà di quel tipo di vita, fu un periodo piacevole per Nathan, a tratti spensierato.

Eppure, entrambi sapevano che a breve la quarantena si sarebbe conclusa, e l'alloggio che occupavano abusivamente sarebbe stato riassegnato; inoltre, il giovane era più che mai consapevole, dopo il colloquio al mercato, che il padre non aveva affatto rinunciato a ritrovarlo.

Ciononostante, i due trascorsero qualche settimana come se il resto del mondo non esistesse.

Nathan si abituò a svegliarsi col buio, quando la temperatura era accettabile, e a recuperare nelle ore più calde il sonno perduto. La sua gamba migliorava a vista d'occhio, al punto che, sebbene ancora un po' claudicante, poté cominciare ad accompagnare Allison nelle sue escursioni mattutine, per aiutarla con la raccolta della rugiada.

La ragazza era piena di risorse e aveva diversi metodi per procacciarsi acqua e cibo; con pazienza insegnava tutto all'amico, nella speranza di renderlo presto indipendente. Gli mostrò da quali piante si poteva trarre nutrimento e quali era meglio evitare, come trovare le tane dei grilli imperatore e mettere trappole per i topi canguro.

Spesso il lupo li seguiva da distante, e perfino Nathan, che non era troppo avvezzo a comprendere le emozioni umane, si rese conto che la donna era molto più rilassata quando il canide faceva capolino tra l'erba alta.

In quei casi, se la raccolta era stata buona, gli lasciavano sempre uno o due carcasse di roditore.

«Al contrario della nostra, l'amicizia degli animali è disinteressata.» disse Allison un giorno «però, penso non sia una cattiva idea dargli un motivo in più per volerci bene!»

Talvolta, la donna si assentava senza dargli nessuna spiegazione, non tornando magari fino al giorno dopo. Queste sparizioni inquietavano il giovane, che non era riuscito a liberarsi del tutto dal dubbio che lei lo stesse aiutando per tornaconto. Aveva però compreso di non avere voce in capitolo e, attento non indispettirla di nuovo, si guardava bene dal fare domande a riguardo.

Non poteva però impedire alla sua mente di vagare, ponendosi domande sulla meta dei suoi viaggi e sulla ragione della loro lunga durata.

A dire il vero, la giovane trascorreva ben poco tempo a casa con lui: visitava continuamente questa o quella casa, pronta a barattare il suo lavoro in cambio di cibo, o qualunque altra cosa di cui avessero necessità.

Non intagliava più la plastica: per quanto fosse sempre stata a volto coperto, il rischio che i robot potessero riconoscerla era troppo alto, perciò aveva dovuto smettere di frequentare il mercato.
Non se ne lamentava, però, nonostante questo volesse dire moltiplicare le sue escursioni.
All'inizio si fece accompagnare dal convivente, ma egli sembrava poco adatto a qualsiasi lavoro manuale e, anziché esserle d'aiuto, finiva per rallentarla.

Inoltre, per quanto lei lo camuffasse, c'era qualcosa nel suo atteggiamento che indispettiva gli abitanti, rendendoli diffidenti e – quel che era peggio – facendoli interessare fin troppo a lui.

In breve, Allison cominciò a chiedergli di aspettarla a casa e lui, che il giorno prima era sprofondato in una latrina fino al ginocchio, non seppe come obiettare.

Anche se la stracciona non lasciava mai detto dove si sarebbe recata, l'erede dei Mayer era certo di aver individuato una sorta di schema: normalmente, faceva solo brevi sortite, e rincasava spesso, per accertarsi che tutto fosse sotto controllo. Ma c'erano volte in cui spariva subito dopo aver raccolto la rugiada, e rientrava la sera tardi, o addirittura il mattino seguente.

Dove andava? A fare che cosa? Era in contatto con qualcuno?

Magari era addirittura al soldo di suo padre!

Per quanto si sforzasse di mettere a tacere quelle voci con la sua ragione, l'inconscio gliele riproponeva sempre.

Forse, però, la cosa peggiore era il timore che potesse decidere di non tornare mai più.

***

Un giorno, mentre facevano una seconda colazione dopo essere rientrati dal loro consueto giro mattutino, qualcuno bussò al sottile foglio di lamiera che faceva da porta.
Spaventato, Nathan, che pur non la usava ormai da tempo, recuperò la sua stampella e la impugnò come una clava.
Allison gli gettò un'occhiata fugace, ma non fece commenti; con calma, invece, si pulì la bocca e andò ad aprire.

L'uscio si dischiuse su un uomo di non più di quarant'anni, lungo e secco come il ramo di un albero. Era vestito meglio rispetto alla maggior parte della gente incontrata fino a quel momento, con pantaloni di marca molto vecchi e rattoppati in più punti, e una camicia sbiadita dal sole che forse, un tempo, poteva essere stata azzurra tono su tono. Indossava la mascherina, e portava legato al polso destro uno straccio blu, che dava l'impressione che lo sconosciuto fosse stato costretto a interrompere all'improvviso una partita a rubabandiera.

I due ristettero a fissarsi in silenzio per un lungo momento, quindi il nuovo arrivato agitò il braccio per mettere in mostra l'improvvisato stendardo e mormorò, quasi in tono di scusa: «mi hanno detto di cercarti.»

Lei annuì con aria grave. «Arrivo subito.»

Richiuse letteralmente la porta in faccia al visitatore e, con una certa urgenza ma senza alcun nervosismo, cominciò a prendere una serie di oggetti dagli stipetti dell'angolo cottura, e a riporli in una sporta di tela.

Nathan depose la sua arma improvvisata, e la osservò mentre si preparava.

Aveva intuito cosa stava per succedere: da come aveva parlato del contagio, dei rischi, delle misure insufficienti prese dal governo, era evidente che Allison doveva avere esperienze personali sul temibile Morbo Blu. Solo in quel momento, però, Nathan aveva realizzato a che punto arrivasse l'altruismo della sua coinquilina.

«Vengo con te.» la informò, mentre lei estraeva una mascherina nuova da una confezione e faceva passare i lacci dietro le orecchie.
«Non se ne parla.»
«Voglio esserci!» insistette il giovane, afferrandola per un braccio. «Non devi affrontare tutto questo da sola.»
Per un attimo lei sgranò gli occhi, quindi si liberò della sua stretta gentile con un violento strattone, e lo fronteggiò con uno sguardo fiammeggiante. «Sono sempre stata sola!» sbottò, con un tono che non le aveva mai sentito, che sembrava al tempo stesso furente e amareggiato. «Non ho bisogno della tua protezione. Anzi, semmai è il contrario!» soggiunse.
«Non puoi impedirmelo!» Si ostinò il ragazzo, in tono petulante e vagamente stridulo.

Dopo un momento di indecisione, lei si strinse nelle spalle, prese un'altra mascherina dalla scatola e gliela lanciò contro, dicendo: «Fai come ti pare. Ma se non riesci a tenere il passo, sono cavoli tuoi.»

Nathan fece appena in tempo a ordinare a Bubi di seguirli, che la sua compagna uscì senza aspettarlo. 

BAZZA DI TORDO 2172Where stories live. Discover now