NO PAIN, NO GAIN

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Victoria

Non so cosa mi spinse a non presentarmi al lavoro il giorno seguente. Non era da me dare priorità al mio pessimo umore rispetto ai miei impegni professionali. Avevo lottato davvero moltissimo per ottenere quella promozione e non pensavo di poterne essere così poco interessata.

Per una vita intera mi era stato detto cosa fare, cosa studiare, quali strumenti suonare, quali sport praticare, quali lingue straniere imparare, tutto ciò che avevo fatto nella vita era stato deciso da qualcun altro. Anche gli amici erano stati scelti dai miei genitori, sin dal primo anno di scuola materna. Avevano deciso di farmi frequentare la scuola privata più prestigiosa degli Stati Uniti d'America ed avevano anche imposto alle mie insegnati di farmi socializzare soprattutto con i figli dei diplomatici che erano nella mia stessa classe. Questo si era ripetuto anche alla scuola elementare e per tutti gli anni a seguire, fino al college.

Per fortuna Scarlett era figlia di un ricco banchiere americano, apparteneva ad una famiglia molto importante di New York e frequentare casa sua mi era permesso. La sua amorevole famiglia era stata la mia salvezza. Quando mio padre non mi rivolgeva la parola per settimane per non aver preso il massimo dei voti a scuola, mi rifugiavo tra le braccia di Mia, la mamma di Scarlett. Quando mio padre si rifiutava di farmi partecipare ad un compleanno solo perché a festeggiarlo non era il figlio dell'ambasciatore di qualche Paese del mondo, Scarlett rinunciava ad andarci e mi invitata ad un pigiama party da lei. Ci era voluta Mia a convincere mia madre a lasciarmi andare al Prom, il famoso ballo di fine anno. "Il ballo non può rinunciare alla sua reginetta Emma. Victoria vincerà perché ha ereditato da te tutta la sua bellezza" aveva detto per convincerla. Conosceva benissimo mia madre e sapeva di dover cibare fino a saziare il suo ego.

Il mio unico posto sicuro nel mondo era una delle casette colorate che abbellivano Charleston, la città portuale della Carolina del sud. Lì, ci viveva mia nonna, l'unica persona in grado di donarmi l'amore di cui avevo bisogno. Quando ero con lei i miei polmoni si ricordavano di respirare. Loro facevano un carico di ossigeno ed il mio cuore di amore, per poi tornare a sopravvivere non appena rientravo a New York. Nonna Olivia era stata una delle pochissime cose belle della mia vita e con la sua morte si era portata via anche metà del mio cuore. Pochi giorni dopo la sua morte, il notaio mi aveva consegnato una scatola in legno con incise le mie iniziali. Mi ero affrettata ad aprirla e ci avevo trovato le sue chiavi di casa ed una grossa pietra viola poggiata su un bigliettino scritto da lei: "L'ametista è la pietra che protegge i viaggiatori. Segui il tuo sogno anima mia, troverai il tuo posto nel mondo. Con amore inesauribile, nonna Olivia ". Mi ero chiusa in camera per più di una settimana. Avevo pianto tutte le lacrime possibili, fino al giorno in cui Scarlett mi aveva sventolato in faccia un biglietto aereo. " Ce l'abbiamo fatta. Ci hanno ammesse entrambe ad Istanbul" aveva urlato per tutta la casa, saltellando come una bambina. Nonna Olivia mi aveva asciugato le lacrime anche quella volta, dal cielo. Quello era stato il suo ennesimo regalo, ne ero sicura.








Avevo messo a letto Charlotte da circa un'ora ed avevo deciso di leggere qualcosa. In realtà, non avevo neanche finito il prologo del nuovo romanzo regalatomi da Scarlett.

<< Sei ancora dove ti ho lasciata ieri notte? >> mi chiese Scarlett appena rientrata dal Kindy, dopo un'intera giornata di lavoro.

<< Ho portato Charlotte al parco stamattina e poi abbiamo fatto un giro al centro commerciale dopo pranzo >> non mi andava di dilungarmi molto. Il mal di testa non aveva alcuna intenzione di lasciarmi in pace.

<< Cosa ti aspettavi? che ti chiedesse di sposarlo? >> mi aveva chiesto frugando nella dispensa alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Non risposi.

TWICE - Like a stormWhere stories live. Discover now