3.

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Valeria stava per morire. Nella sua mente vuota, quasi leggera, si fece strada un solo pensiero: com'era possibile che un essere umano potesse sudare così tanto? Sentiva quelle gocce fredde scivolarle persino sugli occhi!

Non un granché, come ultimo pensiero.

Con un gesto meccanico aprì leggermente la portiera, a mala pena cosciente del fatto che il suo assalitore non sarebbe venuto avanti più di così, e che se voleva avere una minima possibilità di prenderlo di sorpresa doveva correre fuori adesso.

E vide quell'omaccione bloccarsi con un'espressione stupefatta e togliersi il cappello come se avesse visto la Madonna.

«Signora Volpi! Non avevo visto che era lei, ecco... È che l'ombra, e l'auto...» disse nervoso, poi parve riacquistare un po' di coraggio «Però mica ci hanno detto che veniva qui, signora. È pericoloso.»

Valeria non era sicura di aver afferrato bene la situazione.

Per una frazione di secondo si limitò a fissare l'uomo, poi un'intuizione le incendiò le sinapsi e il suo cervello sembrò ricominciare a funzionare.

Quell'uomo l'aveva scambiata per Beatrice Volpi, la conduttrice TV.

Tutti dicevano che ci assomigliava, su al paese.

Questa poi. Già era strano che lei fosse una sua sosia, e pazienza. Ma che poi il suo nome spuntasse dalla bocca del rapitore di sua sorella, e per di più detto con tale riverenza, era pura fantascienza. Ma era la sua unica opportunità, e non poteva rimanere lì imbambolata ancora a lungo, perciò – ringraziando una serie di santi di cui sapeva al massimo il nome per il fatto di avere gli occhiali da sole addosso – fece la cosa che almeno sulla carta, almeno quando era al sicuro dentro un teatro, sapeva fare meglio: improvvisare.

Scese dalla macchina e sbatté la portiera senza fretta.

«Lo so.» disse poi in tono accondiscendente; non aveva bisogno di riflettere su quello che diceva, doveva solo andare avanti e inanellare una dietro l'altra le parole che le salivano alle labbra, come se qualcun altro gliele stesse dettando «È per questo che ho usato un'auto del genere. E poi io, senza trucco?» rise e gettò indietro i capelli biondi, come faceva la Volpi in TV quando secondo la regia era il momento che ridesse.

«Oh. Sembra più giovane, così.»

«Già.» fece lei con indifferenza, mentre le sue dita percorrevano avanti e indietro una ciocca di capelli, senza sosta. Le veniva da vomitare.

Dio santo, certo che era più giovane: c'erano almeno sei o sette anni di differenza tra lei e quella donna, e chissà poi la conduttrice che diavolo c'entrava!

Ma non ebbe tempo per domandarselo come si deve, perché era agitata da star male e perché l'uomo disse, imbarazzato: «Mi scusi, signora, non voglio ficcanasare, ma... che ci viene a fare qui?»

«Controllo, no?» replicò Valeria, pregando che fosse la risposta giusta, perché la parte del suo cervello che non era ancora del tutto paralizzata le diceva che se il rapitore trattava così la presentatrice, allora forse la presentatrice era la sua mandante.

E non doveva mai averla vista prima, per scambiarla con lei.

L'uomo si incupì. Un tizio così grosso e assieme così reverente, quasi spaventato, aveva un ché di grottesco; questo non fece altro che aumentare la nausea e il panico di Valeria «È per il guaio dell'altra volta, vero?»

«Ovviamente, non potevo certo passarci sopra.» Una frase generica che andava bene con tutto, come le maglie bianche, come il prezzemolo. Brava Valeria, bene così.

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