16.

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Quella notte Valeria si addormentò nel suo letto, ma con i singhiozzi e le urla soffocate di sua madre nel sonno, con la gente fuori che faceva chiasso e il lampo di una torcia che di tanto in tanto filtrava tra le persiane, quel posto sembrava non appartenerle più.

Il cellulare squillò nel buio.

«Pronto?» rispose, senza nemmeno guardare il display.

«Ti ho vista in TV.» la voce del Muto la fece sussultare.

«Come sta Anna?»

«Ha paura, ma sta bene.»

Valeria tacque.

«Cerca di non farti notare.» riprese il Muto «Chi decide a volte ha delle brutte abitudini.»

Fine della comunicazione.

Ma Valeria ormai aveva preso le sue decisioni, e comunque non avrebbe più dovuto farsi notare da nessuna parte, perciò non importava, anche se non le era piaciuto non capire il significato della conversazione.

Verso l'alba, quando capì che non sarebbe più riuscita a chiudere occhio, si alzò e aprì le imposte.

Guardò il cielo che si schiariva, semplicemente questo, senza pensare a niente, poi tirò fuori da una tasca interna della borsa un sottile plico di foglietti tenuto insieme da una graffetta.

Il primo era una cartolina proveniente dalla Spagna.

Valeria la staccò delicatamente dagli altri e la guardò alla luce sempre maggiore che entrava dalla finestra.

"Hai visto, zia?" pensò "Facciamo tanti piani, noi, cerchiamo di fuggire e alla fine ci troviamo sempre qui: tu hai provato ad andartene lontano e sei finita nel cimitero del paese, e io ho appena scoperto che non basta volere una cosa perché tutto vada come lo decidi tu. Ci sono sempre gli altri a scombinarti i piani."

Posò la cartolina a faccia in giù, con la scrittura di zia Sandra che la guardava, e se ne andò, perché un pensiero del genere non l'aveva mai avuto in tutta la sua vita e voleva lasciarselo dietro il prima possibile.

Scivolò in corridoio e si accucciò davanti alla stanza dei suoi genitori, come faceva quand'era piccola.

Rimase così per un po', poi si sporse in avanti e fece per afferrare la maniglia.

I suoi genitori non avrebbero sofferto più di così.

Si bloccò.

No. Non poteva mandare tutto all'aria solo per poter gridare "Liberi tutti!", dirlo ai suoi avrebbe messo in gioco altri due elementi imprevedibili, e sinceramente ce n'erano già abbastanza così.

Poteva andare ancora tutto male, per non usare altri termini meno fini, nel qual caso nessuno avrebbe dovuto soffrire per una doppia morte, se lei avesse tenuto la bocca chiusa, per quanto detestasse pensarla così.

Il suo cuore si era gonfiato così tanto da straripare, e facendolo - maledizione! - le  aveva riempito di lacrime gli occhi. Se le asciugò e andò in salotto, ad aspettare Enzo.

Dopo tre ore, che a Valeria erano sembrate tre ere geologiche, Enzo arrivò accompagnato da un sacchetto di pane.

«Lo manda Chiara.» disse, in risposta allo sguardo interrogativo di Valeria.

La ragazza sorrise «Ah, ecco.»

«Sono arrivato alla panetteria, sua madre me l'ha chiamata e lei è scesa giù. Sembrava uno straccio, se l'è presa proprio a cuore la sua parte.» si gettò sul divano «Appena mi ha visto ha iniziato a piangere. Non è brava come te, ma è stata convincente. Quando le ho detto che eri a casa in quattro e quattr'otto mi ha riempito questo e mi ha detto di portartelo, che avresti avuto fame...» si riscosse dalla sua espressione perplessa per assumerne una definitivamente stupita «Ehi, ma che stai facendo?»

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