23. La quarta parete

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Una ragazza mora, di spalle in una stanza in penombra, illuminata solo in parte.

Una voce seria parla fuori campo.

«Come già preannunciato nei titoli, siamo qui in compagnia di Valeria Guzzani, che ci ha concesso quest'intervista per raccontarci il sequestro di sua sorella e l'ingiusta accusa di omicidio che le è stata rivolta. In seguito al ritrovamento di Anna Rita, per fortuna in buona salute, ogni sospetto su Valeria ha perso ogni fondamento, ma questa esperienza ha lasciato comunque un segno profondo dentro di lei. I rapitori non sono ancora stati presi, vero?»

«No.» la voce della ragazza è falsata da un distorsore «Ma preferirei concentrarmi su quello che è successo e sulla mia vicenda personale, piuttosto che parlare di loro.»

«Certo, è comprensibile. Se ho capito bene non ci parlerai di come effettivamente sei entrata in contatto coi rapitori, ma di come questo ha avuto effetto sulla tua vita.»

«Sì. Devo premettere che sapevo già chi aveva rapito mia sorella, ma non potevo chiedere aiuto a nessuno, per non mettere in pericolo la mia famiglia.»

«Quindi lei non cercherà di assicurare quelle persone alla giustizia?»

La ragazza fa una pausa.

«Tutti i giorni si sente parlare di persone eroiche che dedicano la loro vita alla lotta contro le ingiustizie, e io sono molto grata a queste persone. Se i rapitori di mia sorella venissero citati in giudizio da gente più forte, più coraggiosa e con più mezzi di me testimonierei senza esitare. Ma se perseguire la giustizia significa mettere in pericolo la vita dei miei cari allora la mia risposta è no. L'eroismo non fa per me.»

«Una risposta anticonvenzionale.»

«Ma molto onesta. Adesso voglio pensare solo alla salute di mia sorella, spero che non mi giudichiate per questo.»

«No, certo.»



Il camion si fermò.

Valeria sentì qualcuno avvicinarsi, poi la voce di Madeline gridare: «No, fermo lì! Quelli sono i costumi della Carrie, lo sai che se glieli tocchi ti ammazza!»

Quel qualcuno, chiunque fosse, se ne andò borbottando qualcosa.

Il camion proseguì ancora per qualche metro prima di arrestarsi definitivamente.

«Via libera.» disse Madeline dopo qualche minuto, aprendo il portellone.

Erano dentro.



«Quanto alla fascetta, è stato un mio errore di valutazione, dovuto alla mia ansia di chiudere subito la faccenda. Se mia sorella fosse stata presa a scopo dimostrativo – e non mi veniva in mente altro – facendola credere morta sarebbe venuto meno il motivo stesso della sua prigionia. Una storia che dopo poco sarebbe caduta nel dimenticatoio.

«Così ho chiesto l'aiuto della mia più cara amica, Chiara, che con grande coraggio ha accettato di darmi una mano nonostante i rischi. Avevo bisogno di un dettaglio che agli occhi della gente suonasse come una prova della morte di Anna, ma che allo stesso tempo ad un esame più accurato – i rapitori lo avrebbero fatto sicuramente – potesse risultare come immaginato. È stato allora che ho pensato alla fascia di mia sorella. La fascetta non era tra gli oggetti descritti per le ricerche di Anna, ma lei la metteva sempre per andare a pattinaggio, per cui Chiara poteva immaginare che lei l'avesse.

«Speravo servisse. Ma avevo fatto male i miei conti. Non avevo ancora capito con chi avevo a che fare e che scopi avessero. Proseguire alla cieca mi ha giocato contro.»

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