Prologo

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Katherine

Paura.
[ Stato emotivo consistente in un senso di insicurezza, di smarrimento e di ansia di fronte a un pericolo reale o immaginario o dinanzi a cosa o a fatto che sia o si creda dannoso: più o meno intenso secondo le persone e le circostanze, assume il carattere di un turbamento forte e improvviso, che si manifesta anche con reazioni fisiche, quando il pericolo si presenti inaspettato, colga di sorpresa o comunque appaia imminente. ]

Questa è la definizione di paura se cerchiamo nel dizionario. Eppure, io penso che sia impossibile definire un emozione così grande, una sensazione così opprimente.

Molti pensano che la paura sia astratta, che non abbia forma e che non sia dotata di estensione; invece io, andando sempre controcorrente, ho sempre pensato che la paura sia un qualcosa di concreto, in grado di ferirti e distruggerti quando pensi di essergli sfuggita.

Se lo raccontassi a qualcuno sembrerei una pazza ma, pensandoci bene, capirebbero che non ho tutti i torti. Ogni paura ha una forma e un aspetto e siamo noi a modellarla a seconda delle nostre fobie.

Quando spiego il mio ragionamento faccio sempre riferimento al molliccio di Harry Potter.

[ Un molliccio è una creatura magica che può assumere le sembianze di ciò che spaventa di più il mago che lo avvicina. ]

Il mio molliccio, però, non è  un ragno, come quello di Ron Wesley. E non è nemmeno la luna, come nel caso di Lupin.
Il mio molliccio non si può sconfiggere con un Riddikulus.

L'unico modo per sfuggirgli è distruggere se stessi ed è proprio quello che io, a malincuore, sono arrivata a fare, rischiando di perdere l'unica cosa bella della mia vita.

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