Capitolo 28

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28. to tell the truth, the whole truth and nothing but the truth.

Katherine'sMi guardai per l'ennesima volta allo specchio, come se restando lì, continuando a fissare il mio riflesso tutto si sarebbe rivelato un orribile incubo

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Katherine's
Mi guardai per l'ennesima volta allo specchio, come se restando lì, continuando a fissare il mio riflesso tutto si sarebbe rivelato un orribile incubo.

Quella notte non avevo chiuso occhio, non ne ero stata capace. Avevo dormito senza Alex perché lui aveva avuto da fare e, soprattutto, perché mio padre era ancora in casa ed era deciso a non lasciarmi fin quando la situazione non si sarebbe risolta.

Fissai i miei occhi così stanchi, sofferenti e senza luce. Improvvisamente non ero più nella mia camera a New York, ma ero tornata in quella fredda villa di Boston, dove vivevo con mia madre e il suo compagno.
I miei lunghi capelli furono sostituiti da un caschetto di riccioli che contornavano il mio viso infantile.

Tenevo stretto il mio peluche preferito: un cane rosa che papà mi aveva portato dal suo ultimo viaggio. Sorridevo allo specchio mentre facevo smorfie alla mia immagine riflessa. Avevo undici anni e avevo fatto la pazzia di rubare i trucchi alla mamma perché volevo sentirmi grande. Volevo essere bella come lei.
Volevo che fosse fiera di avermi come figlia.

Stavo passando il lucida labbra, quando improvvisamente sentii la porta aprirsi violentemente. Scattai per la paura e lo scovolino del cosmetico cadde a terra. Trattenni un urlo per lo spavento quando vidi Ken avvicinarsi minacciosamente alla mia piccola figura.

- Chi ti ha dato il permesso di toccare le cose di tua madre! - mi afferrò il polso e spinse il mio corpicino contro il suo petto possente.

- Volevo solo... -
Non riuscivo a parlare. Le mie parole erano bloccate dal suo sguardo che saettavano su tutta la mia figura. Avevo paura.

Paura che lui mi mettesse le mani addosso come aveva fatto solo una settimana prima. Sulle mie gambe c'erano ancora i lividi provocati dalle cadute, sul mio viso si era creato un ematoma  a causa di un suo schiaffo violento.
Ero indifesa, impaurita e incapace di reagire. Mi sentivo una completa nullità.

- Sei bella. - mi sorrise lascivo.

Al telegiornale avevano parlato di persone adulte che se la prendevano con le bambine come me, che facevano cose brutte perché avevano disturbi mentali.
A scuola avevano usato la parola "violentare" e la professoressa ci aveva spiegato che quel termine significava violare una persona contro la propria volontà.
Io mi sentivo violata, pur non essendo stata violentata. Era normale?

- Grazie. - bisbigliai con lo sguardo rivolto oltre le sue spalle, per non guardarlo in faccia.
Cosa avrei fatto se Ken mi avesse violentata?

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