Capitolo 6

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Le vacanze invernali erano alle porte ed io le avrei dedicate allo studio così da essere pronta per gli ultimi esami di gennaio.
Katherine sarebbe dovuta tornare in Russia mentre io invece a Melbourne; ogni volta questa separazione mi metteva ansia oltre che profonda tristezza.
Ma a preoccuparmi non era solo questo, da l'ultima volta che avevo incontrato Jack ed ero scappata davanti alla sua confessione, lui era tornato nella nostra città natale senza lasciare alcuna notizia di se. Rivederlo sarebbe stato inevitabile.
-Forse durante le vacanze invernali potrete parlare..- mi consolò Katherine mentre riempiva la valigia con i vestiti più pesanti che teneva nell'armadio.
-Forse..- mormorai io sdraiata sul letto con una scatola di cioccolatini mezza vuota  poggiata sul ventre.
-Sai che devi andare a farti firmare quei fogli da Miller vero?-
Il solo ricordare il viso di quell'uomo mi fece mancare il respiro e mi fece perdere l'appetito.
Richiusi la scatolina mentre sbuffavo sonoramente, avevo rimandato a lungo questo incontro ed ora mi trovavo in un vicolo cieco.
-Andrò tra un po'..- borbottai io andandomi a chiudere nel bagno per rilassarmi sotto la doccia, sentivo il bisogno di una grande dose di calma prima del faccia a faccia.

Sembrava un deja-vu ritrovarmi di nuovo davanti alla porta in legno con la targhetta dorata che portava il suo nome.
Bussai senza esitare oltre, era meglio toglierselo subito il pensiero invece che aspettare agonizzante.
-Avanti!- trasalii nell'udire la sua voce dall'altra parte.
Aprii la porta dopo un lungo respiro profondo, la mia vocina interiore stava facendo il tifo per me.
Feci la mia apparizione nell'abitacolo e gli occhi smeraldo mi inchiodarono sulla soglia, il suo sguardo non era rigido, non era neanche particolarmente sorpreso nel vedermi.
-Accomodati, ti stavo aspettando.- disse infine tornando con gli occhi al suo laptop.
Ero sorpresa per quella affermazione, confusa mi sedetti sulla sedia mentre continuavo a tenere tra le mani i fogli, unici colpevoli di quell'incontro.
Come sempre il viso impassibile di lui, mi irritava; era possibile non far trasparire alcuna emozione davanti ad una persona con cui si è condiviso tanto?
Poggiai i fogli sulla sua scrivania aspettando impazientemente che lasciasse la sua firma così da scappare da quella situazione scomoda.
Miller con la coda dell'occhio notò il movimento che avevo fatto alzò un angolo della bocca prima di prenderli e metterli da parte con noncuranza.
-Miss White, mi occuperò presto di questi. Prima volevo chiedere la sua opinione sul programma eseguito durante il mio corso nel primo semestre. Visto che anche nel secondo semestre farà parte del mio corso. - mi disse lui sorridente con le braccia conserte sul tavolo.
Lo guardai scettica, non potevo credere al fatto che mi volesse davvero trattare come una sua normale studentessa e soprattutto che volesse fare conversazione con me.
-Credo che un insegnante debba fare il suo lavoro senza chiedere consensi allo studente.- controbattei io infine accavallando le gambe e poggiandomi allo schienale della sedia.
-Giusto; c'è comunque bisogno di un continuo confronto tra docente e studente. Entrambi le parti devono essere attive, lo studente non può passivamente ricevere.-
La serietà che metteva in quelle parole mi fece realizzare quanto lui fosse un buon insegnante, anche se come uomo con me aveva fallito clamorosamente.
-Già.- confermai io incapace di aggiungere altro.
-Lei è solita subire passivamente?-
Alzai il mio sguardo, che prima tenevo fisso sulle mie converse nere e lo spostai sul sorrisetto sarcastico disegnato sulla sua bocca.
-"Frangar non flectar" preferisco spezzarmi piuttosto che piegarmi al volere di chiunque.-
Le parole latine di Orazio erano un motto di vita ormai da tempo e con lui era ancora più forte il significato di quel proverbio.
-Molto saggio Sophia..- mormorò tenendomi catturata con i suoi occhi verdi.
-White. Lo preferisco.- precisai alzandomi di scatto dalla sedia non sopportando più la situazione e soprattutto la sua persona.
-White..- calcò con arroganza sul mio nome - mi permetta di darle un consiglio.-
Mentalmente stavo già rifiutando qualsiasi suggerimento stava per uscire dalla sua bocca ma facendo prevalere la parte di me più educata rimasi in silenzio.
-La tendenza che ha lei di giudicare le persone sarà sempre una barriera per comprenderle veramente.- mi suggerì in piedi chino sui fogli da firmare per poi porgermeli mantenendo un finto sorriso cordiale.
Bloccata non seppi che altro dire, uscii semplicemente dal suo ufficio mentre mi risuonavano nella testa le sue parole; chiaro era che non si stesse riferendo alla mi carriera scolastica.
Ipotizzai che forse quella era una frase abbellita che nascondeva la sua opinione sulla fine del nostro "rapporto", cioè che la colpa fosse mia poiché lo avevo giudicato senza ascoltare.
Nonostante fossi la prima a cercar sempre di farmi un esamino di coscienza dopo ogni problema, in questo caso era troppo evidente per me che l'unico ad aver sbagliato, se così si può dire, era Christian Miller.
Non sarei crollata dopo una sua stupida frasetta filosofica.
-Quanto mi fa incazzare quest'uomo. Dio mio!- mi lasciai sfuggire non appena fui fuori dal suo ufficio esasperata.
-Vai a quel paese Miller, tu e i tuoi consigli.- borbottai dando le spalle alla porta del suo ufficio e fissando l'ampia finestra davanti a me.
-White..- la voce severa alle mie spalle mi fece trasalire e in gola erano bloccate tutte le imprecazioni che avrei voluto urlare in quel momento.
Sentivo dentro di me un boato di applausi per la mia figuraccia storica mentre imbarazzata mi voltavo lentamente per vedere la faccia di Christian Miller.
-Si è scordata di prendere l'orario del secondo semestre.- mi porse il foglio mentre contraeva la mascella seriamente infastidito.
-S-si.- balbettai catturando il pezzo di carta con la mano.
Ma trovai dall'altra parte resistenza, non sembrava avere intenzione di lasciarmi il foglio tanto facilmente.
Continuai a tirare delicatamente mentre lui cercava i miei occhi con il suo sguardo severo e irritato.
Quegli istanti in cui regnava il silenzio e comunicavano solo i nostri occhi mi faceva perdere ogni facoltà mentale e fisica.
Quando oramai ero sul punto di chiedergli cosa ancora volesse da me lui si staccò chiudendosi poi nel suo ufficio.
Me ne andai da quel edificio prima di prendere a testate qualsiasi muro si trovasse lì dentro; ogni volta che mi trovavo nei pressi di Miller perdevo la ragione e le figuracce, una dopo l'altra, mi perseguitavano.

The professor 2 - Rising from the ashesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora