Capitolo 12

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La velocità con cui camminavo verso la prossima aula era tale che avrei potuto superare Bolt, non potevo credere a quanto le mie emozioni erano manipolabili da quel idiota di Miller. 
Mi costringevo a non pensare a lui e mi ammonì  per aver anche solo pensato di sentirmi in colpa per il messaggio che Jack mi aveva mandato. 
Perché sentirmi io a disagio? E poi che voleva dire con "tirare troppo la corda? 
Oltre che un maleducato ficcanaso si permetteva anche di minacciarmi, stava oltrepassando il limite. 
Mi misi a sedere nell'aula più ampia dell'università dove si teneva un seminario introduttivo ai  test di Rorschach, un corso tenuto da un famoso psichiatra della Columbia University di New York. La stanza ampia era affollata, vi erano sia studenti che professori ed anche persone esterne dall'università. 
Sul palco in fondo all'aula una lunga cattedra era allestita per accogliere al meglio l'illustre professore che ancora non era arrivato. Mi pentii di essermi seduta sulla prima poltroncina trovata, era molto lontana dal palco e ormai i posti erano quasi tutti pieni; fortunatamente il microfono mi avrebbe permesso di sentire benissimo nonostante la distanza. 
Tirai fuori il mio notebook e una penna per annotarmi le informazioni più rilevanti, anche perché, questa, sarebbe stata un'ora in cui mi sarei focalizzata solo sulle spiegazioni senza che la mia mente si prendesse il lusso di viaggiare chissà dove. 
Entrò il famoso dottor Spitzer e tutti in piedi lo accolsero con un grande applauso, le docenti avevano gli occhi a cuore nel vedere un luminare come lui e probabilmente non era solo la cultura ad attrarle. 
Era un signore ormai anziano che sicuramente si portava dietro una grande esperienza sul campo. Indossava un completo sale e pepe molto datato ma che sicuramente si adattava a lui. 
-Buongiorno a tutti e grazie per questi applausi..- parlò con voce calma facendo una breve pausa per poi dire -..ingiustificati.-
Fece ridere tutti mentre lui manteneva un'espressione seria, si poteva percepire il suo carisma e la sua bravura da metri di distanza. 
-I test proiettivi sono strumenti di valutazione della personalità che si avvalgono di stimoli standardizzati poco strutturati che lasciano al soggetto ampia libertà nella risposta..- la presentazione del test iniziò subito e io avevo le orecchie attivissime così da captare ogni parola. 
Per un'ora intera i miei occhi si muovevano solamente verso il dottore e verso il mio notebook, ero immersa in un mondo fatto di macchie di inchiostro legate a moltissime interpretazioni a seconda del caso clinico.
 Uscita dal seminario avrei voluto fare delle domande al dottor Spitzer ma purtroppo i suoi assistenti lo avevano trascinato via prima che chiunque potesse avvicinarsi. Tirai fuori il cellulare ricordandomi che dovevo rispondere a Jack. Iniziai a digitare delle scuse per il ritardo mentre camminavo verso i dormitori ma per errore calpestai i piedi a qualcuno che camminava in direzione opposta.
-Dio mio, scusi..- iniziai io vedendo che avevo calpestato un paio di mocassini dall'aria costosa. Alzai lo sguardo e rimasi sotto shock nel vedere Jack in una leggera camicetta di lino bianca e con dei jeans chiaro che mi sorrideva. 
-Jack...ma..tu..- provai a formulare una frase di senso compiuto ma avevo la gola secca.
-Sorpresa? - sorrise a mezza bocca.
-S-si...- provai a parlare ma ancora non avevo trovato le parole.
-Ti avevo detto che sarei stato presto qui. Essendo molto impaziente sono venuto subito, ho portato le mie prime cose nell'appartamento che mi hanno assegnato.- 
Lentamente la mia mente si stabilizzò lasciando spazio solo a sensazioni positive, vedere il sorriso di Jack mi rilassò e non avrei potuto desiderare di meglio in momento così. 
-Vorresti vedere il mio appartamento? Poi se vuoi andiamo a mangiare qualcosa fuori dal campus.- mi propose mettendosi le mani nelle tasche posteriori del jeans guardandosi intorno leggermente imbarazzato. 
-Certo, anche se dovrei posare lo zainetto..- risposi entusiasta. 
-Lascialo da me Sophia, poi ripassiamo a prenderlo. - mi consigliò lui mentre ci incamminavamo verso la zona riservata agli appartamenti dei professori.
Entrammo nell'edificio che avrei preferito vedere solo in lontananza; lo stesso in cui abitava Miller e nel quale avevo vissuto solo cose spiacevoli. Rallentai il passo e guardai per terra, il mio umore non era dei migliori.
Salimmo all'ultimo piano dove c'era un unica porta, l'attico era riservato al dottor Jack. Quest'ultimo tirò fuori dalla tasca una chiave e aprì la porta per poi farmi segno di entrare. 
L'appartamento era luminoso grazie alle ampie finestre e ai toni chiari delle mura e dei mobili con cui era arredato, c'erano alcune piante vicino alle finestre che rendevano la stanza ancora più carina e accogliente. 
Mentre mi guardavo intorno e curiosavo qua e là, Jack si spostò nell'angolo cottura e sul piano di lavoro in granito grigio chiaro posò due bicchieri in cui versò un tè freddo al limone. 
Notai che sul divano e sul tavolino in vetro c'erano due scatole piene di libri e di altri oggetti che mi era difficile identificare senza curiosarvi dentro.
-Ecco a te.- mi porse un bicchiere mentre mi accomodavo su una delle sedie vicino al bancone. 
-Grazie..- mormorai.
-Ti piace l'appartamento? - mi chiese poggiando i gomiti sul piano di lavoro freddo. 
Guardai nuovamente attorno a me cercando di cogliere nuove informazioni e, guardando la cucina arredata in modo moderno con il minimo indispensabile, mi piacque molto. 
-E' molto carino, ben arredato..- annuii guardando ovunque tranne che verso di lui. 
Mi sentivo a disagio e non ne capivo il motivo, ero sempre stata io a mettere a disagio Jack con le mie attenzioni e allusioni. Ora che sapevo di piacergli mi 
-C'è qualcosa che non va? - mi chiese spostandosi e avvicinandosi a me. 
Mi voltai verso di lui e lo scrutai per la prima volta da quando ero entrata lì dentro, il suo viso era famiglia e mi trasmetteva una positività che negli ultimi mesi mi era mancata.  Iniziai a riportare alla mente i sentimenti che provavo a sedici anni per il mio amato psicoterapeuta, il mio continuo fantasticare su di lui e sognarlo. 
Spensi in un secondo il cervello come fosse un'abat-jour e senza la minima titubanza lasciai il bicchiere sul piano in granito e avvolsi le braccia intorno al collo di Jack. Lo baciai in maniera  calma, dolce e leggera. C'era purezza più che passione, c'era innocenza piuttosto che pathos. 
Sentii la Sophia di qualche anno fa urlare dalla gioia in un angolo remoto della mia mente, si era realizzato il suo più grande sogno. 
Mi staccai dopo poco, dovevo vedere e sentire cosa lui provava o pensava prima di fare passi azzardati. 
Jack era senza parole, i suoi occhi erano luminosi e spuntò un sorriso magnifico sul suo volto. 
-Sophia...- mi posò le mani sui fianchi e sussurrò -..sei sorprendente come sempre.-
 Arrossii violentemente e gli sorrisi -Ci sono tante cose che non vanno Jack ma forse te potresti essere la mia soluzione...-
La sincerità era sempre stata al centro del nostro rapporto e lo sarebbe stato ancora, non ero innamorata di Jack e il mio cuore era stato recentemente preso a calci, dire la verità era l'unica via da intraprendere.
-Sapevo che dopo tanto tempo i tuoi sentimenti verso di me sarebbero cambiati Sophia. Io so quanto le persone mutino nel corso della loro vita e tu sei diversa da quando, quel giorno, mi avevi detto di amarmi. E io sono diverso rispetto a quando ti avevo allontanato da me, prima ero impaurito dall'idea di legarmi tanto a te e ora sono solo impaurito dall'idea di lasciarti sola o di lasciare che qualcuno si avvicini a te più del dovuto e ti faccia soffrire. Ma credo che questa cosa sia già successa e non ti costringerò a dirmi chi, dove, come e quando. 
Voglio solo renderti felice..- 
La sua dichiarazione per poco non mi commosse, si poteva percepire in ogni parola la sua maturità e la sua sensibilità. Quelle sue parole rassicuranti mi erano mancate molto, e me ne accorsi solo quando le sentii di nuovo. Forse neanche io sono a pieno consapevole di ciò che voglio e di ciò che mi farebbe stare meglio. Non è il fuoco e la passione che mi darà la felicità, si sa che prima o poi il fuoco si spegne, ma la purezza e la maturità di un rapporto con Jack potrebbe mantenermi serena e in pace con  me stessa. 
-Non voglio pensare al passato Jack, voglio solo essere tranquilla..- dissi in un soffio. 
-Sarai tranquilla, io te lo prometto.- si stacco da me per poi muoversi per la stanza -Questo appartamento è mio e tu potrai venire qui ogni volta che vorrai per parlare, per vedere un film o per studiare. Sarò qui per te ogni volta. Questa è la tranquillità che io ti posso dare.- 
Mi alzai dalla sedia e andai verso le sue braccia aperte, un abbraccio sarebbe un modo più profondo per ringraziarlo di tutto. 

Dopo esser stati altri cinque minuti nell'appartamento siamo usciti insieme e ci siamo diretti verso il parcheggio, avevo una fame da lupi. 
Cercai con lo sguardo l'auto di Jack tra le varie auto parcheggiate fuori dall'edificio riservato ai professori, non appena la vide mi fece segno di seguirlo. Sicuramente avrebbe preferito prendermi la mano, notai la sua voglia di farlo, ma eravamo entrambi coscienti che era sbagliato fare cose del genere in pubblico. Anche se non era un professore, Jack avrebbe lavorato lì, era sbagliato far nascere pettegolezzi su di noi. 
Jack mi aprì la portiera e io mi accomodai sul sedile del passeggero, appena lui mise in moto tirai la cinta e nel farlo vidi in lontananza, sulla destra, una figura che camminava verso l'auto con passo affrettato. 
Miller con la sua valigetta si affrettava ad arrivare alla macchina, il viso era corrucciato e la mano stretta a pugno; tremai e iniziai a pensare a cosa lui volesse fare. Una scenata? 
Ma la macchina partì, Jack non si era accorto di niente e serenamente era uscito dal campus con la sua auto. 
Il mio cuore batteva all'impazzata, la mia tranquillità era stata di nuovo spazzata via. 
Da quel momento in poi mi tormentava l'idea di un Miller furioso e neanche sapevo il perché della rabbia. Era indirizzata a me e Jack nel vederci insieme? Era furioso solo con me per come gli avevi risposto a lezione? Oppure era arrabbiato per tutt'altro ed io mi ero solo fatta un film assurdo?
Sperai con tutta me stessa che fosse l'ultima delle varianti, non meritavo che la mia serenità venisse impedita ogni volta che riappariva nella mia vita.



The professor 2 - Rising from the ashesWo Geschichten leben. Entdecke jetzt