Capitolo 15

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Il suo sguardo era su di me, in attesa di una risposta che fosse sia positiva sia negativa. 
Purtroppo nessuna di queste opzioni ricevette, perché dalla mia bocca non usciva alcun suono, un nodo alla gola impediva a qualsiasi parola di farsi spazio per arrivare a lui.
-M-mi dispiace...- balbettai prendendo la mia borsa e uscendo come una furia dalla sua stanza.
La velocità con cui corsi via mi permise di arrivare subito a respirare aria fresca e a calmarmi almeno un pizzico di più rispetto a prima. 
Il mio cervello era diventato poltiglia come il bicchiere che cadde di mano a Christian, tanti minuscoli pezzetti in discordanza tra loro. 
Camminai con calma verso la mia stanza rimuginando sulle parole estremamente profonde che avevo appena sentito e continuavo a dubitare di tutto. 
Appena arrivata nella mia stanza silenziosamente mi illuminai la via con il cellulare e mi chiusi nel bagno; davanti allo specchio vidi una Sophia sconvolta con gli occhi lucidi e le guance tinte di rosso. Mi sciacquai il viso con l'acqua fresca e mi misi il pigiama, il cellulare segnava già le undici di notte ed era il caso di mettersi subito a dormire. 

Mi rigirai nel letto per ore, nessuna posizione sembrava adatta a farmi addormentare e nel buio della mia stanza riuscivo solo a vedere gli occhi verdi di Christian Miller. Smisi di muovermi nel letto e a vedere i suoi occhi solo quando il sole stava sorgendo e in un certo senso ero contenta che fosse già l'alba. 
Sgusciai fuori dal mio letto e senza svegliare Kath mi vestii e uscii, poiché non avevo lezione in mattinata avrei potuto prendermi un po' di tempo per me e riflettere. 
Mi andai a chiudere nell'unico posto dove nessuno potesse disturbare: in biblioteca; mi accomodai ad uno dei tavoli posti nella sala lettura. Era tutto vuoto ed infondo era normale visto che erano solo le 6:30 del mattino, il posto perfetto per pensare lucidamente. 
Provavo una forte dissonanza e un contrasto interno forte perché ogni bel gesto fatto da lui veniva oscurato dal ricordo di essere stata ingannata. E anche se avessi evitato di pensare al passato per fidarmi di lui c'era anche Jack a cui pensare, di certo non si meritava di essere abbandonato dopo le attenzioni che mi aveva dato fin dal primo giorno in cui ci siamo conosciuti. Sapevo cosa mi attirava di Christian e cosa mi spingeva via da lui, ma se mi ponevo lo stesso quesito su Jack mi trovavo incerta. Mentre vero il professore provavo solo emozioni forti quali passione, attrazione, rabbia e dolore, verso Jack provavo qualcosa di più mite e pacato.
Anche stando l'intera mattinata a riflettere non riuscii a trovare una risposta adatta a tutte le mie domande, anzi, neanche qualcosa che si avvicinasse ad una risposta. 
Me ne andai dalla biblioteca quando il mio stomaco si contorceva dalla fame e le mie meningi andavano ormai a fuoco, magari mangiare qualcosa mi avrebbe aiutato. 
Al bar del campus ordinai una brioche al cioccolato che mi sarei mangiata sotto un albero, sdraiata sull'erba. 
Mentre mi guastavo la mia colazione all'ombra alle mie spalle sentii arrivare qualcuno: un Zac Bennett sorridente veniva da me. 
-Guarda chi c'è! Chi non muore si rivede! - esclamò pieno di vita. 
-Sentivi la mia mancanza Bennett? - gli chiesi trattenendo l'irritazione verso il suo eccessivo entusiasmo. 
-Un pochino. Come va signorina Muso Lungo? - mi stuzzicò sedendosi sull'erba accanto a me.
-Vorrei che un meteorite abbastanza potente attraversasse l'universo per colpirmi. - risposi sbuffando.
-Invidio il tuo ottimismo. Sembri Schopenhauer in uno dei suoi giorni felici.- si mise a ridere portando la mia rabbia a livelli altissimi. 
-Che divertente! - gli risposi a denti stretti sperando che si zittisse. Per fortuna ebbe l'effetto sperato e il biondino chiuse la bocca. 
Finalmente il silenzio regnava sotto quell'albero verde, anche se mi dispiaceva aver spento la gioia del povero Zac con la mia tristezza. 
-Ti posso chiedere una cosa? Se ti trovassi di fronte a un bivio tra due strade che non sai dove ti porteranno e né la ragione né il cuore riuscissero a sceglierne una cosa faresti? - mi ritrovai a chiedergli mentre fissavo le bianche nuvole in cielo. 
-Bhe..- lo sentii dire - ho sempre pensato che l'incertezza di fronte a due o più possibilità fosse apparente in ogni uomo e che in realtà fosse la paura a impedire di scegliere subito cosa fare. Ogni volta che non so scegliere tra due opzioni mi rendo conto di avere ben chiaro cosa voglio ma che scegliere quel qualcosa mi spaventa troppo. Non conosco la tua situazione ma se sei incerta tra una strada che ora ti sembra la più sicura e una strada che ora ti sembra incerta, io sceglierei la seconda possibilità perché è quella che ti ha fatto crescere la confusione e perciò per te è molto importante.- 
Rimasi spiazzata dalla riflessione di Bennett, mi fece vedere le cose da un punto di vista totalmente nuovo e il ragionamento filava liscio come l'olio. 
-Ma che parole sagge, dove le hai lette? - scherzai io alzandomi, sentii il mio umore alleggerirsi dopo quel discorso.
-Non sono solo bellissimo come puoi vedere..- mi rispose con tono giocoso alzandosi per lasciarmi sola con i miei pensieri.
Iniziai a ripensare a ogni volta che Christian Miller mi aveva mandata in tilt, mi faceva perdere il controllo e allo stesso tempo mi rendeva la donna più forte del mondo; mi produceva vuoti nello stomaco ma anche le farfalle che ci svolazzavano dentro; lui stesso era per me una contraddizione continua. Questa incertezza era data solo da lui perché solo lui mi faceva sentire viva, completa e piena di emozioni.
Ad un tratto mi fu chiaro che la mia unica scelta e possibilità era andare da Christian e accettarlo, perché in fondo lui aveva accettato me nonostante io non sia poi tanto perfetta.
Mi alzai in piedi e corsi verso il suo ufficio, dovevo assolutamente parlare con lui e dirgli tutto quello che pensavo, feci in tutta fretta le scale e quando fui davanti alla sua porta bussai insistentemente, ma nessuno rispose; provai ad aprire la porta ma era chiusa a chiave. 
Pensai in quel momento che probabilmente era ancora nel suo appartamento così mi avviai verso l'edificio in cui ero stata la notte precedente ma anche nella sua stanza sembrava non ci fosse nessuno.
La delusione non averlo trovato fece diminuire l'adrenalina che scorreva nelle mie vene, mi sedetti poggiata al muro vicino al suo portone per riprendere il fiato dopo tutte quelle corse. Poggiai la testa sulle ginocchia piegate e proprio in quel momento mi ricordai che io avevo il numero di Christian Miller; iniziai a digitare rapidamente un sms in cui gli chiedevo urgentemente dove si trovasse.
La risposta mi arrivò in pochi secondi: 
"Non sono al campus. Torno tra 15 min. -C.M"
L'eccitazione svanì quasi del tutto nel sapere che non era lì ed era stupido il mio comportamento, non potevo di certo pretendere che lui stesse ad aspettare i miei comodi chiuso nel suo appartamento. 
Mi alzai in modo svogliato da lì e decisi di tornare nella mia camera per farmi una doccia e riprendermi prima di andare a lezione. 

La doccia fu rapidissima, mi ricordai che avevo una  sola ora di lezione prima di pranzo e tre ore il pomeriggio, evitai di pensare a Christian per permettermi di essere attenta alla lezione di psicologia infantile che mi aspettava. 
Riuscii ad arrivare in tempo, anche se l'aula era molto piccola e sicuramente la professoressa Gibson mi aveva notata mentre sgattaiolavo dentro. 
-Il concetto di genitorialità e generatività...- iniziò a spiegare la professoressa dai capelli corvini nel suo tailleur blu elettrico. 
Presi appunti attentamente e diligentemente, sapevo già che questo metodo era il migliore per andare bene agli esami della sessione. 
La lezione finì dopo 45 minuti pieni di informazioni accumulate. Mi presi lo zainetto e mi avviai verso l'uscita tirando fuori il cellulare per vedere se Miller mi aveva cercato. Nulla. 
Il mio umore era a terra e il mio stomaco protestava per la fame, così andai in stanza con l'intento  di lasciare lo zaino e per prendere le chiavi dell'auto di Kath e andare a pranzo. 
Aprii la porta e la accostai mentre cercavo le chiavi nel cassetto del comodino nero, non mi ricordavo ci fossero così tante schifezze in quel piccolo mobile. 
Quando finalmente le trovai ed esultai tra me e me notai che poggiato sullo stipite c'era Christian che vestito in modo insolitamente elegante mi guardava. 
-Mi cercavi? - mi chiese entrando nella stanza e allentando la cravatta nera che aveva al collo. 
Arrossi di colpo, non mi aspettavo di vederlo così, non avevo pensato neanche a cosa dirgli e averlo davanti mi aveva paralizzato. 
-S-si.. volevo parlarti..- provai a dire chiudendo la porta della mia stanza e sedendomi sul letto di Kath.
-Ti ascolto Sophia.. - affermò con il suo tono pacato sedendosi sul mio letto esattamente di fronte a me.
-Ieri ho avuto un comportamento immaturo, sono scappata dopo che tu ti eri aperto con me in quella maniera. Per questo ti chiedo scusa...- cominciai.
-Non devi.- mi interruppe immediatamente scuotendo la testa e guardandomi con occhi comprensivi e pieni di attenzione per me. 
-Invece si. Tu mi hai detto tante cose e io invece sono stata in silenzio, ma dopo essermene andata ho pensato tanto. Ho pensato a te e mi sono trovata combattuta. Non mi piace sentirmi così, non mi piace che tu mi faccia sentire insicura. Ho sempre visto in te l'incostanza e i tuoi occhi erano in cerca sempre di altro anche quando ero di fronte a te. Ma tu non sei solo questo, tu sei diverso da tutti. Sei l'insicurezza che spaventa ma anche il mistero che incuriosisce, sei tutte le emozioni forti che destabilizzano ma che riempiono la vita, sei come il numero della roulette su cui punti tutto che potrebbe farmi perdere tutto quel che ho o farmi vincere il quadruplo. Tu mi rendi viva Christian, quando tu sei nei paraggi riesco a percepire ogni mio battito, il flusso di sangue nelle vene, il calore che si propaga sulle guance e ogni organo interno che si contorce. E anche se mi sembra un salto nel vuoto lasciarmi di nuovo andare con te.. bhe.. posso solo augurarmi che il paracadute si apra. Tu sei il mio paracadute, sono nelle tue mani.-
Tutte le mie parole uscirono a ruota libera, sembrava le avessi preparate e imparate a memoria ma in realtà neanche io sapevo di pensare tutte quelle cose su di lui. Appena finito mi sentii libera ma anche in tensione. 
Alzai lo sguardo che avevo tenuto basso per tutto il tempo e vidi come lentamente la sua espressione preoccupata si tramutava in un sorriso ampio, sembrava un bambino con quella sua espressione genuina e la cosa fece sorridere anche me. 
Non appena gli sorrisi si mise in ginocchio davanti a me e mi prese il viso tra le mani lasciandomi un bacio innocente sulla fronte. 
-Mi aspettavo qualcosa di meglio..- borbottai a bassa voce. La sua risata non tardò ad arrivare non appena sentii la mia lamentela e vederlo così mi riempii il cuore di felicità. 
-Agli ordini..- mi bisbigliò prima di avvicinare il suo viso al mio. 
Le sue labbra finalmente toccarono le mie e non riuscivo a credere che stesse succedendo, solo in quell'istante mi chiesi come avevo fatto tutto quel tempo a resistere senza i suoi baci. Caddi in ginocchio di fronte a lui e gli circondai il collo con le braccia, sperai che quel bacio non finisse mai. Mi era mancato troppo il suo odore, sapore e calore. Con più foga mi aggrappai a lui e quando il bacio si concluse rimasi stretta a lui con la fronte poggiata alla sua. 
-Quanto mi sei mancata..- soffiò lui sulle mie labbra. 
-E tu a me..- controbattei senza la minima titubanza. 
Mi accoccolai tra le sue braccia e chiusi gli occhi mentre mi inebriavo di quel profumo che tanto mi era familiare. 


The professor 2 - Rising from the ashesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora