Capitolo 17

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Dopo quindici minuti ero ancora seduta al tavolo a cui mi aveva lasciato Jack. Ero immobile, come incollata alla sedia. Non capivo se ero arrabbiata con me stessa per aver tirato fuori il peggio di Jack o se ero arrabbiata con lui per esser sempre stato tanto mite e calmo da sembrare il tipico principe azzurro di cui ti potevi innamorare solo a dieci anni ma che arrivata ai sedici già ti aveva rotto il cazzo.
Decisi di chiamare Kath affinché mi venisse in soccorso, o che almeno mi portasse via dal quel bar. Telefono non raggiungibile. A bassa voce imprecai; era l'unica amica che era assente proprio nel momento del bisogno.
Mi feci forza e tornai verso le panchine dove mi aveva aspettato Christian sperando che fosse ancora lì. Ovviamente le mie speranze furono vane, così tornai sconsolata nella mia camera.
I miei piedi si trascinavano lungo la strada come se fossero attaccati a dei mattoni di cemento; la testa era sommersa da pensieri negativi e il barlume di felicità che avevo provato tre ore prima era stato offuscato.
Aprii la porta per poi sbatterla rumorosamente
-Fai piano o la distruggerai questa porta.- la voce di Christian mi fece trasalire.
Lo trovai sdraiato sul mio letto con in mano il libro che prima stava leggendo sulla panchina; perfetto com'era lui stonava nel mio letto disordinato e troppo piccolo. Per lui era perfetto un grande letto e lenzuola di seta ma soprattutto con me affianco.
-Che ci fai qui?
-Ti stavo aspettando o, dovrei dire, vi stavo aspettando.- La voce roca in un istante passò dalla dolce malizia all'ira.
-Christian, non ti innervosire. Dopo tutto quello che ci siamo detti pensi davvero che potrei farti del male? O dubiti di quanto io ti...- lasciai la frase in sospeso. Non sapevo se per paura di espormi o per altro, ma era difficile dire quelle due semplici parole che riassumevano il grande e complesso sentimento che provavo per lui.
-Ti?
-Ti...voglio al mio fianco. Tu non conosci Jack ma io si, più o meno. Mi è stato vicino in numerosi momenti difficili. Non posso escluderlo dalla mia vita da un momento all'altro.
Christian si alzò dal letto e senza incrociare il mio sguardo raggiunse la finestra della stanza.
-Non ho intenzione di condividerti con il tuo amatissimo dottor Richards
-Condividermi? Amatissimo ti do la possibilità di riformulare la frase.
-Sophia siamo stati lontani e abbiamo sofferto entrambi. Voglio solo un po' di serenità per noi.- si avvicinò a me guardandomi con i suoi occhi verdi angosciati.
-Voglio la stessa cosa. Voglio te.- presi il suo viso tra le mani e lo baciai prima che potesse dire qualsiasi altra cosa. Le mie labbra erano attaccate alle sue e si muovevano in modo passionale, le nostre lingue danzavano; mentre le mie mani erano nei suoi capelli lo spinsi sul letto e salii a cavalcioni su di lui.
La suonerie di un telefono, che non era il mio ci interruppe. Sbuffai rumorosamente e mi scostai. Lui si alzò e scambio due parole con l'interlocutore per poi attaccare velocemente. Sdraiata sul letto lo guardai maliziosamente.
-Mi dispiace, mi ero dimenticato di avere un colloquio con altri docenti.- mi rispose dispiaciuto facendo scomparire la mia espressione ebete. Dopo un rapido bacio sulla fronte se ne andò.

Esco dalla doccia con l'accappatoio rosa di Kath indosso e sento il mio telefono vibrare sul comodino.
"Mi annoio con questi vecchi professoroni. Tu non senti la mia mancanza?
Tuo C."
L'sms mi fece sorridere, già me lo immaginavo al tavolo con docenti noiosi e anziani che parlavano di tutto anche della guerra d'indipendenza che probabilmente, per quanto sono vecchi l'hanno vissuta in prima persona.
"Non è carino messaggiare ad una riunione. La reputavo un professore serio dai sani principi.
S. "
Mi iniziai a vestire con i pantaloni della tuta e una canottiera bianca; mi legai i capelli ancora umidi in una coda alta. Il telefono vibrò per la seconda volta.
"La serietà non mi appartiene, e te lo dimostrerò stasera.
Tuo e poco serio C."
Un brivido lungo la schiena mi fece trasalire, la mia mente già viaggiava verso scenari molto sconci. Stavo per rispondere al suo messaggio ma un secondo messaggio fece vibrare il telefono tra le mie mani.
"Alle 8.00 p.m. al ristorante Zuma.
J.R."
Di nuovo la mia serenità venne interrotta e vennero spazzati via tutti i miei bei pensieri sulla serata. Ero tentata di rifiutare l'invito, anche se sembrava più una costrizione, ma era mio dovere andare lì e spiegare le mie ragioni.
Acconsentii all'invito di Jack e spiegai a Christian la situazione, il quale non rispose più. Mi dispiaceva fargli questo, ma era la cosa giusta.
Avrei voluto presentarmi al ristorante con la tuta, non era certo di mia intenzione farmi bella per un'appuntamento la cui fine era probabilmente tragica. Nonostante ciò non era carino fare una cosa del genere, così indossai jeans neri e una camicia verde in raso.
Ripresi le chiavi della macchina di Kath e uscii dalla mia camera.
Il volume in macchina era altissimo, risuonavano le note di Animals dei Maroon 5. Il navigatore diceva che non era molto distante dal campus e ciò mi diede sollievo, prima arrivavo e prima sistemavo tutto così poi potevo tornare da Christian.
Parcheggiai davanti al ristorante giapponese raffinato a cui ero stata invitata e già mi sentivo a disagio per l'abbigliamento casual; inoltre non avevo per niente fame.
Entrai e una bellissima ragazza asiatica, che indossava un kimono corto in raso nero con bellissimi fiori di pesco rosa e la grande cinta obi color carne, mi accompagnò al mio tavolo. Jack sfogliava il menù annoiato, probabilmente mi aspettava da un po' di tempo e questo non giocava a mio favore.
-Buona sera Jack.- lo salutai accomodandomi davanti a lui.
Il suo corpo si irrigidì e i suoi occhi mi guardarono per una frazione di secondo per poi tornare sul menù.
-Cosa vuoi mangiare?- mi chiese continuando a non guardarmi.
-Non ho molta fame...
-È scortese non mangiare quando qualcuno ti invita a cena. - mi interruppe con tono tagliente.
-È scortese anche non guardare chi ti sta parlando.- alzai un po' il tono di voce spazientita.
Per quanto comprendevo la sua rabbia, il suo rancore e la delusione non potevo restare in silenzio mentre venivo trattata così, in fondo lui non aveva mai avuto questo comportamento con me.
-Prendiamo due piatti di spaghetti di riso alla piastra con verdure e gamberi.- disse alla ragazza giapponese che si era avvicinata, ignorando totalmente quel che avevo appena detto e ignorando anche il fatto che non volessi mangiare.
Appena la ragazza si allontanò restai in silenzio per vedere cosa avrebbe detto, in fondo non si poteva passare una serata intera a ignorarsi.
-Sophia spiegami...- mi guardò e sorrise lievemente.
-Mi dispiace, non ho una spiegazione razionale e logica per questo. È istintivo, profondo e irrazionale il modo in cui dovrei sentirmi con la persona che amo. Ma io non sento questo, provo calma, serenità. Non credo di aver bisogno di questo.- dissi tutto d'un fiato senza interrompermi neanche per respirare.
-Un rapporto maturo necessita di serenità e calma; un rapporto malato e autodistrutto usa l'istinto e l'irrazionalità.- commentò lui tranquillamente.
La sua spiegazione era lineare e pulita ma anche meccanica, molto lontana dal mio modo di pensare. L'amore passionale e folle non è automaticamente malato, e se lui lo considerava tale allora dovevo essere rinchiusa perché ogni particella del mio corpo amava Christian follemente.
-È un tuo pensiero.- mormorai.
-Se tu vuoi allontanarti da me io non mi oppongo Sophia, perché io so che è quello di cui hai bisogno ora. Ma in futuro vorrai di nuovo la pace e vorrai me; perché siamo fatti per stare insieme io e te.- mi spiego con il suo solito tono pacato e con molta sicurezza.
Rimasi spiazzata da quelle parole, non immaginavo di poter sentire queste cose da lui; erano parole romantiche che però io potevo accettare solo se legate a Christian.
-Jack... non è così. Credimi.- provai ad essere sincera per non illuderlo.
Lui sembrava non mi sentisse e provò ad avvicinare la sua mano alla mia sul tavolo ma subito la scostai come se mi potesse fare male.
-Va via.- mi disse a bassa voce lui guardando la sua mano.
-Ma...-
-Lo dico per te, non sei a tuo agio. Vai al campus...- era tranquillo e gentile, ma nonostante questo riuscivo a percepire la sua irritazione e la sua tristezza.
Dispiaciuta mi alzai e dopo averlo salutato mi allontanai lasciandomelo alle spalle. Ero distrutta.
Mi straziava vedere un uomo tanto buono con gli occhi tristi e delusi, soprattutto l'uomo che aveva alleviato molte mie ferite psicologiche e a volte fisiche. Tenevo a lui anche se non come avrebbe voluto, avevo sempre desiderato per lui le cose più belle che il mondo potesse dargli; di certo non ero io la cosa migliore per lui.
Fuori dal locale guardai in alto i lampioni e respirai profondamente, l'aria fresca era paradisiaca rispetto a quella che si respirava dentro il ristorante.
Mi diressi verso l'auto bordeaux e un ombra si mosse vicino a quest'ultima; rallentai il passo intimorita e provai a guardare meglio; non appena fui abbastanza vicina la luce da dentro il ristorante illumino il viso dell'uomo poggiato all'auto.
-Christian?- non ero sicura fosse reale o un'allucinazione.
-Saliamo in macchina.- mi disse serio guardandosi intorno.
Anche se in quel momento avevo bisogno solo di un suo abbraccio e della sua vicinanza, comprendevo la sua preoccupazione di essere visto insieme;  silenziosamente aprii l'auto e ci salii sopra per poi mettere in moto.
-Sei arrabbiato? - mormorai.
-Poco. Cosa è successo?
-Io gli ho detto che lui non era ciò che volevo ma.. non volevo ferirlo e lui..- non riuscivo a formulare una frase coerente, mi sentivo scossa è dispiaciuta, prima che potessi accorgermene le lacrime mi rigavano le guance.
-Accosta.- mi disse lui non appena spostò lo sguardo su di me ed io ubbidii, anche perché le lacrime iniziavano ad impedirmi di vedere bene la strada.
Christian si tolse la cintura e tolse anche la mia, prese il mio viso tra le mani e asciugò le lacrime una ad una, anche quelle che non avevano neanche avuto il tempo di lasciare l'angolo del mio occhio.
-Non posso vederti così, perché piangi?-
-I-Io n-non volevo f-fargli questo ma io non voglio lui..- provai a dire singhiozzando. Le frasi che nella mia testa erano logiche uscivano spezzettate e non riuscivo a controllarle, le emozioni che provavo in quel momento erano sia liberatorie sia pesanti.
-Lo so tesoro..- mi provò a calmare lui.
-No, tu non sai..- lo zittii e presi coraggio per dirglielo in modo chiaro e profondo -..io ti amo follemente.
Tutti i sentimenti che provavo divennero in un secondo tre parole dette a bassa voce nella notte.
L'ultima lacrima lasciò il mio occhio sinistro alla fine della mia confessione e in quel momento mi vidi riflessa nei suoi occhi e pensai un'unica cosa: non desideravo trovarmi in nessun posto sulla faccia della terra, il luogo adatto a me era dentro i suoi occhi verdi.

The professor 2 - Rising from the ashesKde žijí příběhy. Začni objevovat