Capitolo 22

5.7K 192 16
                                    

La lezione di psicologia dello sviluppo mi annoiò profondamente, i concetti sull'apprendimento e su il condizionamento erano la parte della psicologia che meno apprezzavo per la sua banalità e meccanicità.
Il professore con i suoi folti capelli bianchi e il baffo elegantemente curato finì di spiegare dopo tre ore per poi rubarci anche un quarto d'ora per assegnare degli approfondimenti da fare individualmente ma che sarebbero stati chiesti all'esame di fine semestre.
Quando fui libera andai all'appuntamento con Kath alla mensa come gli avevo promesso la mattina stessa, era la giornata dedicata al messicano e non potevamo perdercela.
All'entrata della mensa la mia coinquilina mi aspettava con la sua tracolla violetta in spalla e lo sguardo basso in direzione dei piedi. Anche oggi non si aveva dato molto importanza all'abbigliamento e in generale all'aspetto estetico. I capelli erano raccolti in modo disordinato da un fermaglio rosso con intagli dorati che i genitori le avevano portato dal Giappone, indossava una semplice camicia larga rossa e un paio di leggings neri; l'eleganza il lei era innata perciò era impensabile che quello fosse il modo più "trasandato" che potesse avere, eppure era proprio così.
-Eccomi Ivanova. - la distolsi dai suoi pensieri non appena arrivai da lei e lei mi rispose con un leggero sorriso che coinvolgeva solo la bocca ma non gli occhi, i quali erano palesemente adombrati dalla tristezza.
-Tacos? Nacho? Paella? - chiesi mentre prendevo il vassoio e mi mettevo in fila per prendere il cibo.
-Penso prenderò la paella...- mormorò guardandomi di sottecchi.
-Allora io prendo il resto così condividiamo.- controbattei e lei sembrò sollevata, le lessi nella mente e feci quello che eravamo solite fare fin da quando eravamo più piccole.
Ci mettemmo al tavolo non appena i piatti furono pieni, una di fronte all'altra appartate rispetto al resto degli studenti a mensa così da poter parlare.
-Vuoi parlare? - le chiesi io dopo qualche minuto, per darle il tempo di addentare almeno il primo boccone.
-Penso che la miglior cosa per me sia stare lontano da certe persone. - disse d'un fiato come se quella fosse una regola da imparare a memoria e da non dimenticare mai.
-Cosa ti ha convinto di questa cosa?
-Anche se c'è amore, c'è anche aggressività e irrazionalità in tutto il nostro rapporto, voglio stare lontana da lui per vedere se la cosa mi aiuta. Altrimenti potrei tornare sui miei passi. Ma dubito accada. - sembrò più convincente nello spiegare i ragionamenti che aveva fatto, non riuscivo a controbattere; come sempre aveva fatto la scelta migliore e più equilibrata. Non si smentiva mai la mia migliore amica!
-Miller come sta? - mi chiese lei cambiando discorso e facendo un mezzo sorriso.
-Abbassa la voce!- la ammonii guardandomi attorno preoccupata.
-Che c'è? Da quando sei così cauta?
-Jack oggi per un pelo non mi ha visto uscire dall'appartamento di Christian.- confessai guardando ancora una volta l'ampia sala.
-Ahia! Povero uomo. Mentre lui si dispera al piano di sopra voi fatte baldoria al piano di sotto. - scherzò lei maliziosamente mentre mi rubava un nacho.
-Dai! Non mi dire cosi, già mi sento in colpa per tutta questa situazione. Non era mia interazione farlo stare male. - la mia voce man mano si affievolì mentre le parlavo.
-Tesoro, non devi fartene una colpa. Tra i due anziani hai scelto quello meno anziano. - scherzò nuovamente.
-Ma quale anziano! - esclamai lanciandoli il fazzoletto appallottolato, per poi scoppiare a ridere insieme a lei.

Non appena finimmo il pranzo accompagnai lei all'aula di diritto penale dove il professore Newman la attendeva per presentare assieme a lei un argomento molto complesso legato alle differenze tra  la legge in Russia e in America.
-Io vado al dormitorio visto che per oggi ho finito, ci vediamo dopo. - la salutai io.
Mentre camminavo con le mani in tasca verso l'edificio mi accorsi che in tasca avevo ancora la chiave dell'appartamento di Christian, preoccupata ma anche sognante guardai la chiave e istintivamente cambiai rotta, camminai verso il suo ufficio dove sicuramente lo avrei trovato a studiare tutti quei filosofi che non so come gli piacessero.
Il cuore già mi batteva forte mentre entravo nella palazzina ma quando bussai alla sua porta non ricevetti nessuna risposta. Scoraggiata me ne andai tenendo ancora in mano saldamente la sua chiave.
Il sole era già rosso come il fuoco mentre passeggiavo nel parco del campus, mi buttai su una panchina a pensare a una miriade di cose: la mia bellissima relazione con Christian, la delusione di Jack, il timore di essere scoperti da qualcuno, la tristezza di Katherine.
Mentre riflettevo tra me e me vidi una scena che mi pietrificò Christian e Jack parlavano sorridenti camminando verso la mia panchina, non riuscivo a credere al paradosso a cui stavo assistendo.
Christian mi vide con la coda dell'occhio ma non emanò alcun tipo di emozione, io invece ero sconvolta e non sapevo come reagire alla loro presenza. Jack non appena mi vide smise di parlare e aveva tutta l'intenzione di voler venire da me, proprio come temevo. L'uomo che amavo e l'uomo che mi amava erano davanti a me in un triangolo che non poteva finire bene, non per me.
-Miss White, che ci fa qui? Non ha lezione? - mi chiese Jack con fare serioso e distaccato ma anche scherzoso come se fossimo molto più che conoscenti.
-Per oggi ho finito Dottor Richards. - risposi io seriamente, non volevo essere troppo espansiva, così da non mettere a disagio Christian che non sapeva se restare in silenzio o dire qualcosa.
-Io e il professor Miller andiamo al bar. Arrivederci Sophia. - per fortuna il momento di imbarazzo si era concluso presto; Jack girò i tacchi e se ne andò. Christian mi fece l'occhiolino prima di seguirlo, e il mio cuore perse un battito, era perfetto nel suo abbigliamento non troppo formale ma che lo rendevano estremamente sexy.
In quel momento, mentre l'uomo che amavo si allontanava mi venne in mente un'idea tanto sciocca quanto carina per sorprendere Christian, visto che fin ora lo aveva fatto solo lui con me.
Decisi di usare il mio asso nella manica cioè la chiave che ancora tenevo stratta tra le mani.

The professor 2 - Rising from the ashesWhere stories live. Discover now