Capitolo 7

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Agganciai dopo una quindicina di minuti in cui avevo parlato con Jack del l'esito degli esami e del ritorno a casa dalla mia famiglia.
Accettai, senza pensarci oltre, al suo invito a pranzo per il giorno seguente; sarebbe stato il momento giusto per mettere in chiaro che nulla doveva allontanarci o raffreddare il nostro rapporto.
Stesa sul letto della mia cameretta riflettevo su gli avvenimenti del giorno; avevo molto a cui pensare: da una parte vi era un megalomane egoista che si divertiva con le mie emozioni come un giocoliere al circo di strada; mentre dall'altra parte vi era un uomo maturo che provava sentimenti altrettanto maturi per me.
Bianco e nero, fuoco e acqua.
Sapevo già che meritavo la purezza e la chiarezza di Jack, non l'intrigo e l'incoerenza di Christian.
Mentre i miei pensieri complessi scemavano lentamente, caddi in un sonno profondo.

Optai per un maglioncino a righe bianche e nere con un paio di jeans scuri per il pranzo che mi aspettava alla Chart House, uno dei pochi ristoranti vicini a casa mia.
-Oh il dottor Richards, che uomo gentile! Anche se non sei più sua paziente vuole esserti vicino ed ascoltarti.- i complimenti gratuiti di mia madre verso il mio ex psicoterapeuta mi fecero alzare gli occhi al cielo.
-Si, vicino..- borbottai prima di uscire di casa.

Arrivai in poco tempo di fronte al ristorante, varcai le porte scorrevoli in vetro e una serie di odori mi fece istantaneamente venire fame.
Senza girovagare troppo con lo sguardo intravidi l'uomo dai capelli scuri nel suo maglione blu con lo scollo a V che mostrava la camicia bianca che portava sotto ad esso.
Ammirai per poco il modo in cui sfiorava con le dita affusolate le posate ed immerso nei suoi pensieri teneva gli occhi bassi.
-Dottor Richards.- scherzai non appena mi trovai davanti al nostro tavolo.
Lui in un istante fu in piedi e mi lasciò due rapidi baci sulle guance, arrossii all'istante e mi sedetti tossicchiando.
-Non sono qui in veste di dottore, ma se preferisci vedermi così..- mi guardò di sottecchi mentre pizzicava con la punta delle dita il fazzoletto di stoffa color crema.
-Jack..- precisai io sorridendogli innocentemente -..non sei solo il mio dottore da tempo.-
-"Solo"? Sono altro per te Sophia?- mi incalzò trattenendo un sorriso vittorioso per la mia sbadata affermazione.
-S-si.. nel senso che.. intendevo che non c'è più un rapporto dottore-paziente..- provai a tirarmi fuori dalla trappola in cui involontariamente mi ero infilata.
Agitata e confusa mi morsi l'interno della guancia per trattenermi dal dire altre sciocchezze.
-Tranquilla Sophia, non ti agitare.- mi provò a tranquillizzare mentre ancora tentava di contenere le risate
-Scherzavo. È sempre divertente vederti senza parole, essendo tu un tipo molto loquace.-
-Come sempre ti risulta facile mettermi in difficoltà.- borbottai.
-Diciamo che è la mia specialità, e nel tuo caso ..un piacere.-
La mia agitazione si poté placare solo quando il cameriere si avvicinò per chiedere cosa desiderassimo ordinare; mi affidai a Jack affinché scegliesse  la portata migliore a base di pesce.
-Sono sicuro che questi esami ti saranno andati benissimo.- il discorso si spostò su un terreno neutro così da evitare altri momenti di sconforto per me.
-Mi sopravvaluti come sempre..- scherzai io posando il tovagliolo in grembo -..ma questa volta hai ragione, sono andati tutti bene.-
-Sei molto ambiziosa, so già che avrai stupito la maggior parte dei docenti.- pronunciò lui quasi fiero del fatto che io avessi potuto riscuotere un tale risultato.
-Ma no, dai..-
Iniziai a bere dal calice il vino bianco affinché il liquido fresco spegnesse l'incendio che sentivo sulla pelle, la quale ipotizzai fosse già rosso fuoco.
-Avrai stupito anche il Professor Miller!- esclamò lui sorridendomi.
In un istante il mio sorriso ebete lasciò spazio ad una smorfia contrariata, sicuramente quell'uomo nei miei confronti non sentiva alcuna emozione, tantomeno sorpresa; Sophia White era soltanto un fantoccio che alleviava le sue ferite di uomo disturbato mentalmente.
-Mah.. sai che non do tanta importanza alla filosofia..- liquidai l'argomento.
Sperai che mostrare indifferenza lo portasse a chiudere l'argomento Miller per il resto del pranzo o, meglio, per sempre.
I miei desideri si realizzarono e il resto del pranzo proseguì senza intoppi, tra risate e discorsi su alcuni degli ultimi articoli di famose riviste psicologiche.
Quando il pranzo si concluse ed il conto fu pagato, mi alzai dalla sedia rimettendomi la pelliccetta nera e poi mi avviai verso l'uscita al fianco di Jack.
Arrivati davanti alla sua macchina lo osservai mentre stava poggiato di schiena contro il vetro scuro con le braccia incrociate, l'aria estremamente seducente mi intimidì e mi obbligo a puntare gli occhi a terra.
-Ti aspetterò Sophia, davvero.- la sua voce roca in quel freddo gelido mi riscaldò e le parole mi lusingarono.
-Jack..-
-Ora che ho capito cosa significhi tu per me e il fatto che mi sei mancata tanto, sono sicuro ne valga la pena.- allacciò le mani possenti attorno alle mie braccia guardandomi fisso.
Per un attimo, come un saetta, mi balenò in testa una sciocchezza e non potei non trattenere un sorrisetto; a Jack la cosa non passò in osservato e aggrottò la fronte incuriosito.
-È sicuro dottor Richards che non si tratti di transfert?- ripetei le parole che mi aveva detto anni fa il mio psicoterapeuta quando la piccola liceale Sophia gli aveva confessato i suoi sentimenti.
-Aia! Touché White.- portò teatralmente la mano al petto come se lo avessi colpito con una spada affilata.
-Ops.- istintivamente, come se gli avessi davvero provocato dolore fisico portai la mia mano sulla sua mano che stava premendo sul petto.
In un istante Jack prese la mia mano nella sua e, mantenendo i suoi occhi color nocciola nei miei, si portò la mano alla bocca lasciando un tenero bacio sulle nocche.
Sentire le sue labbra umide sulla mia pelle mi imbarazzò profondamente e non appena alzò il viso ritrassi la mia mano riponendola nella tasca ed abbozzando un sorriso.
-Ora meglio che vada..- mi congedai e lui annuendo attese in quella posizione che girassi l'angolo per poi salire nella sua auto.
"Oh dei dell'Olimpo aiutatemi voi!" invocai mentalmente mentre percorrevo a passo veloce la strada verso casa; la mia testa era un mix di pensieri confusi, vi era gioia ed eccitazione ma anche indecisione e disagio.
Mancava ancora un chilometro prima di arrivare a casa quando il mio sguardo venne attirato da un auto scura, una BMW parcheggiata davanti ad una libreria.
Mi prese un vuoto nello stomaco, sebbene non vedessi la targa e fossi quasi sicura che stavo vaneggiando, non potei impedire all'ansia di farsi spazio nella mia testa.
Inizia ad aumentare la velocità del mio passo sperando che il tacco degli stivaletti non si rompesse a causa della foga con cui sbattevo i piedi a terra.
-Ti fai troppi film Soph!- borbottai tra me e me attirando lo sguardo divertito dei passanti.

La mattina di Natale mi attendeva ed io ero ancora arrotolata come un involtino dal mio piumone beige mentre al piano di sotto si sentivano risuonare le note di "White Christmas" e la voce di mamma che canticchiava in cucina.
Lasciai il mio letto con in dosso ancora il pigiama bianco e rosso con disegnate delle piccole renne per poi dirigermi dalla mia amata famiglia.
Prima di scendere l'ultimo scalino ammirai il panorama che mi si proponeva davanti: mamma riempiva il tavolo di cornetti, confetture e molto altro per la colazione, mio padre poggiato all'isolotto della cucina mangiucchiava qualcosina e mia sorella si aggirava intorno all'albero di Natale fissando i regali accuratamente impacchettati.
-Buon giorno famiglia!- esclamai allargando le braccia in modo plateale.
La risposta altrettanto euforica non tardò ad arrivare e a quel punto saltellai fino al tavolo per gettarmi sulla copiosa colazione.
Mi rimpinzai come non facevo da tempo, rendo mia madre estremamente felice.
Dopo aver sparecchiato, mia sorella mi trascinò vicino all'albero pregandomi di iniziare a spacchettare i regali. Nessuno poteva rifiutarla con il suo faccino da cane bastonato di quella piccola peste ed a quel punto tutta la famiglia si riunì sul divano a scambiarsi doni e segni di gratitudine misti ad affetto.
Notai per ultimo un regalo impacchettato con una carta argentata che riportava le mie iniziali, lo presi tra le mani e lo analizzai tastandone la consistenza.
-Ah! Quel regalo è stato spedito via corriere da qualcuno.- mi informò mia sorella che incuriosita aspettava che lo aprissi.
Non potei negare che anche io morivo dalla voglia di capire chi mi avesse spedito quel pensierino.
Strappai via la carta che nascondeva una vecchia edizione, probabilmente del 1950, di "Umiliati ed offesi" di Dostoevskij.
-Era un libro.. che noia.- si allontanò mia sorella delusa.
Intravidi un bigliettino sbucare da dentro il libro e lo tirai fuori per capirne in contenuto.
"Mi accusate di essere dissoluto, immorale, mentre io forse sono colpevole solo di essere più sincero degli altri e basta; di non nascondere ciò che gli altri nascondono persino a se stessi.       -C.M"
Erano le parole scritte sul cartoncino bianco panna con una calligrafia elegante e che ormai conoscevo come fosse la mia.
-Di chi è questo regalo?- chiese mia madre alzandosi dal divano per sbirciare la scritta sul bigliettino.
-Di un amica..- risposi io mentre con una rapidità fulminea riposi il cartoncino tra le pagine del libro.
-È Katya quest'amica? -
-No mamma. È una ragazza dell'Università.-
Raccolsi le cartacce che erano a terra mentre tenevo nella mano sinistra ancora stretto il vecchio romanzo; per poi defilarmi e buttarmi sul letto nella mia camera.
Stesa sul materasso fissavo il soffitto, poi portai sopra la mia testa il libro e lo scrutai attentamente. 
-Perché?- mormorai a quell'oggetto.
Non potevo nascondere a me stessa il fatto che il regalo era molto apprezzato e azzeccato ma neanche il fatto che fosse stato fatto dalla stessa persona che mi aveva fatto versare lacrime amare più di una volta.
Allungai una mano e presi dal comodino il laptop per poi poggiarlo sulle mie gambe.
Avrei chiarito la situazione nel modo più facile e veloce; con una mail di ringraziamento e un invito a non farlo mai più.

From: sophia.white@gmail.com
To: christianmiller@gmail.com
Subject: Ringraziamento.

Professor Miller,
La ringrazio per il pensierino che mi ha fatto recapitare a casa, ma la volevo informare del fatto che non intendo accettarlo.
Le restituirò il dono non appena tornerò alla U.M.

Cordiali saluti.

Non ricontrollai il testo prima di inviarlo, impulsivamente spedii il messaggio e, sdraiata, portai il braccio a coprirmi gli occhi.
Iniziarono nella mia testa una serie di domande di autocritica, ipotizzai che probabilmente stavo sbagliando nel rifiutare un gesto carino ma era molto più forte il disprezzo nel avere un oggetto che provenisse da lui che il piacere di aver ricevuto un libro che amavo.
Come un lampo di genio mi ricordai della macchina che avevo avvistato il giorno prima alla libreria vintage a qualche isolato da casa mia. Scattai a sedere all'idea che Christian Miller si trovasse a qualche passo da me, che fosse venuto fino a Melbourne per me e per questo dono.
"Panico Panico!" urlava la mia voce interiore come un allarme antincendio.

From: christianmiller@gmail.com
To: sophia.white@gmail.com
Subject: Offeso.

Miss White,
È sgradevole e privo di buon senso rifiutare un dono, mi sento offeso.
Nonostante questo non sono stupito di ciò, lasci il pacchetto nel mio ufficio quando tornerà all'università.

Buona giornata.

Ero quasi delusa dalla sua risposta, rilessi più volte il testo e nonostante questo non riuscivo a recepire il messaggio.
Le mie dita fremevano dal digitare una risposta, non desideravo chiudere tanto facilmente il discorso poiché mi era restato un retrogusto amaro in bocca.
Rispondere o non rispondere?

The professor 2 - Rising from the ashesWhere stories live. Discover now