Capitolo 16

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Tic tac. Tic tac. Riuscivo a sentire solo il rumore dell'orologio poggiato sul comodino e nonostante quest'ultimo scandisse il tempo che passava non riuscivo capire da quanto tempo ero accoccolata tra le braccia di Christian Miller. 
Era un momento di pace che da tempo volevo vivere, nulla poteva rovinare quell'istante; non lo avrei permesso. Lo stomaco iniziò a brontolare violentemente e non potei credere quanto inopportuno fosse quel rumore nel silenzio di quel momento magico. 
-Soph, ma tu non hai pranzato. - affermò Christian preoccupato e facendomi alzare insieme a lui.
-Non ho avuto tempo..- mi giustificai giocherellando con le chiavi che avevo tenuto in mano per tutto quel tempo.
-Meglio così. Ti porto io in un bel posto a mangiare. - mi sorrise e mi tolse le chiavi di mano per poi poggiarle sul comodino. 
Mi guardai i vestiti e mi sentii a disagio visto che indossavo un paio di leggings e una t-shirt dell'adidas ma lui se ne accorse e dopo avermi messo una ciocca di capelli dietro l'orecchio mi sorrise e mi disse: -Ti aspetto se vuoi cambiarti, non ti preoccupare.
Ero elettrizzata, così presi dall'armadio la prima cosa che sembrava avere un aspetto decente e mi chiusi nel bagno. 
-Ti vergogni di me ora? - lo sentii sghignazzare dietro la porta mentre toglievo i vestiti inadatti per lasciar spazio ad una tuta jumpsuit lunga color bordeaux a righe bianche verticali alla quale abbinai una nera cinta larga. 
-No. Penso solo che se mi vedessi senza vestiti non resisteresti alla tentazione.. E io ho fame.- risposi a tono mentre mi legavo i capelli in una coda alta. 
Lo sentii ridere e aprii la porta per ammirarlo, i suoi denti erano visibili e perfetti mentre gli occhi si coloravano di un colore diverso rispetto al solito come se dal bianco e nero si passasse a tutti i colori esistenti. 
Appena mi vide mi prese la mano e mi fece fare un pirouette, la cosa mi mise un po' in soggezione ma mi strappo anche una risatina come le liceali al loro primo appuntamento. 
Uscimmo dal mio appartamento camminando uno affianco all'altra, senza però sfiorarci; di certo l'eccitazione per quel momento non aveva offuscato il nostro raziocinio, sapevamo di non poterci far vedere come una coppietta felice. 
Salii sulla sua auto e lui partì in quarta sfrecciando sulla Dixie Highway, mentre a volume basso la radio riproponeva i successi degli anni '70. Riconobbi subito "Total eclipse of the heart" di Bonnie Tyler, la colonna sonora della storia d'amore dei miei genitori, un esempio di rapporto solido che non viene scalfito da niente e da nessuno.
Lo guardai mentre guidava serio la sua auto, così concentrato e non potei non apprezzare la vista; il sole tra gli alberi gli illuminavano il viso e l'accenno di barba ramata. 


Dopo mezz'ora Christian parcheggiò la macchina sul vialetto di un grande palazzo, non sembrava il posto adatto per mangiare, lo guardo sconcertata ma lui è imperturbabile, sereno. 
Scendiamo dall'auto contemporaneamente e ci avviamo verso l'entrata dell'edificio, apparte il tappeto rosso a terra che ricopriva anche le scale in marmo sembrava un palazzo adibito alle abitazioni non di certo a un ristorante.  Seguo Christian nell'ascensore e lo vedo pigiare l'ultimo piano.
Il "DIN!" dell'arrivo mi fa trasalire e non appena le porte si aprono resto senza parole. Una terrazza ampia coperta ai lati di piante rampicanti e deliziose lucine, tavoli in legno ricoperti di tovaglie color crema, un piano bar dalla parte opposta dell'ascensore in legno e vetro. 
-Christian...- sposto lo sguardo dal bellissimo ristorante per guardarlo -..è bellissimo.-
-Da tempo ti ci volevo portare...- affermò lui sorridendomi dolcemente. 
Uno dei camerieri ci accompagnò al nostro tavolo, il quale permetteva di affacciarsi a ammirare la città sotto di noi. 
-Qui hanno un ottima lasagna, ti andrebbe Soph? - afferma lui entusiasta prima di aprire il menù.
-S-si..- sentirlo chiamarmi di nuovo così era mancato alle mie orecchie e al mio cuore che mancò di un battito. 
Mentre aspettavamo i nostri piatti ci guardammo l'un l'altro e sembrava di esser tornata a casa.
-sei elegante... da dove vieni? - ruppi il silenzio chiedendogli qualcosa che mi premeva da quando era entrato nella mia stanza. 
-Ieri sera dopo che te ne sei andata ho dovuto prendere un volo per la Georgia, mio fratello aveva un convegno a Savannah e io sono la sua famiglia. Quando mi hai chiamato il mio volo era appena atterrato a Miami, ho fatto più in fretta che potevo per venire da te.- mi spiega lui semplicemente, come se fosse ovvio. 
-Oh... hai un fratello? - gli chiesi elettrizzata immaginavo una copia di Christian Miller più giovane e una più grande, con gli stessi tratti e i capelli ramati. 
-Si, ho un fratello più piccolo, ha 26 anni e lavora nel campo del giornalismo. Si chiama Gabriel, Gabriel Miller.- 
-Vostra madre ha scelto dei bei nomi...- commentai io giocosamente mentre poggiavo il tovagliolo sulle gambe. 
-Era una donna con buon gusto.- un sorriso pieno di affetto ma anche di amarezza gli si palesò in viso. 
Avrei voluto allungare la mano e accarezzarlo in quel momento, potevo immaginare un piccolo Christian che amava profondamente la sua mamma, ma prima che potessi muovermi il cameriere aveva portato i nostri piatti. 
Mi avventai subito sul mio piatto fumante; come aveva detto Christian, era tutto ottimo.
-Dopo pranzo di va di fare una passeggiata? - mi chiese lui mentre mi versava un bicchiere di vino bianco. 
-Ho lezione Christian...- mi rattristai all'idea di non poter stare tutto il giorno con lui.
-Capisco. Ma non mi arrendo... sta sera sei libera?- 
-Liberissima. - gli sorrisi. 
L'idea che dopo lezione sarei stata con lui mi rasserenò, me lo immaginavo già fuori dall'aula che mi aspettava per portarmi via e per passare una serata infinita e magica. 
Una routine del genere sarebbe stata la perfezione per me. 
Quando finimmo il piatto ci affrettammo ad uscire dal ristorante per tornare al campus, non volevo arrivare in ritardo e non lo voleva neanche Christian. 
La macchina si fermò poco prima di arrivare al cancello e io guardai l'uomo accanto a me sconcertata, lui serenamente tolse le mano dal volante e si sporse verso di me.
-Volevo un momento nostro prima di tornare...- alzò un angolo della bocca maliziosamente. 
-E cosa vorresti fare in questo "nostro momento"? - lo provocai io. 
La sua mano si poggiò sulla mia coscia e un fremito attraversò la mia schiena, i suoi occhi brillavano di eccitazione e probabilmente anche i miei. 
Mi morsi istintivamente il labbro e lui si avventò sulle mie labbra. Le mie mani erano nei suoi capelli, lo tiravo verso di me con forza come se volessi mi entrasse dentro per diventare parte di me. 
Quel momento sperai continuasse per ore e che si andasse sempre oltre ma lui si staccò da me e rimise in moto la macchina con un sorriso beffardo sul viso. Ero indignata e gli schiaffeggiai il braccio per poi accodarmi alle sue risate. 
Scesi dall'auto di Christian poco prima di arrivare ai cancelli del campus. Non potevamo farci vedere troppo spesso insieme. 
Corsi direttamente a lezione senza tornare nella stanza, ero spensierata e serena mentre mi avviavo verso il corso di Psicopatologia di base.
Neanche riuscivo ad ascoltare il docente, la mia testa era leggera come un palloncino e viaggiava tra le nuvole. La felicità che provavo era magnifica e mi chiedevo come ero riuscita a stare senza questa emozione per così tanto tempo.
Conclusa la prima ora uscii a prendere una boccata d'aria fresca nei dieci minuti che avevo a disposizione prima che iniziasse la seconda ora. Non so perché ma speravo ci fosse qualcuno fuori ad aspettarmi.. non fu cosi. 
Rientrai a lezione e provai con tutta me stessa a mantenere la concentrazione fino alla fine. Sentii il cellulare vibrare nella tasca ma senza neanche guardarlo lo spensi. La lezione sul narcisismo patologico mi stava prendendo particolarmente, non permisi a nessuno di infastidirmi. 

Non appena la campanella di fine lezione risuona mi risveglio dalla trance in cui ero caduta nei confronti dell'interessantissima lezione. Mi avvio verso l'uscita elettrizzata di vedere il più sexy professore di filosofia di sempre.Come sperato Christian Miller era seduto su una panchina fuori dall'edificio intento a leggere un libro; si era cambiato ed indossava un leggero maglioncino verde scuro e dei pantaloni grigi. 
Come se avesse un radar si accorse di me anche se ero lontana, alzò lo sguardo dal libro e mi invitò ad avvicinarmi con uno ampio sorriso. 
Scesi la scalinata in marmo in fretta per raggiungerlo ma in un secondo si palesò davanti a me Jack. 
-Eccoti qua.. - disse con il suo solito tono pacato e sereno. 
-Jack, sei...qui...- provai a trasformare la sorpresa in gioia ma con scarso successo. 
-Non hai letto il mio sms? Sono venuto a prenderti. - 
Che idiota! Avrei dovuto guardare il telefono così da evitare quella situazione imbarazzante. Guardai in lontananza Christian che si era rabbuiato, potevo percepire la sua rabbia che saliva ma mentre Jack mi portava verso il bar del campus gli mimami un "mi dispiace". 
Respirai profondamente e cercai di farmi coraggio, forse era il momento giusto per mettere in chiaro tutto. 
Mi accomodai al tavolino scelto da Jack e lo aspettai mentre prendeva due bibite dal bancone, a mentre preparavo le parole giuste per non sembrare una stronza.
-Ecco a te un thè fresco alla pesca. - arrivò troppo in fretta, mi sentivo totalmente impreparata.
-Grazie. Molto gentile. 
-Non mi devi ringraziare, io non fondo sono il tuo fid...
-Senti Jack, devo dirti una cosa. - lo interruppi prima di sentire qualcosa che non mi piaceva.
-Ti ascolto. 
-Da quando ci siamo rivisti sei stato un angelo custode, un po' come lo sei stato anni fa. Forse per questo motivo ho pensato fossi la persona più giusta per stare accanto a me. Ma..
-Non mi starai lasciando prima ancora di aver iniziato una storia...- mi interruppe, la sua voce calma diventò dura. L'espressione sul suo viso da serena e innocente divenne agitata e indignata. Non avevo mai visto questo suo lato, forse proprio per questo ero stata così insensibile nei suoi confronti, non stavo considerando che un uomo tanto pacato e calmo potesse arrabbiarsi. 
-Aspetta Jack. Non voglio assolutamente discutere con te, il nostro rapporto non è mai stato inquinato da cattivi emozioni. 
-Allora non fare la scelta sbagliata.- disse a denti stretti lui, probabilmente per evitare di farsi sentire dagli altri tavoli. 
Stavo andando nel pallone e non sapevo come uscire da quella situazione. Mi guardai intorno per cercare un ancora di salvezza. 
-Dimmi Sophia...- la sua voce era di nuovo calma, o forse era semplice finzione -...chi ti ha fatto cambiare idea? Il famoso uomo che ti ha usata come uno zerbino?
-N-no. Ma che c'entra? E' una cosa a cui pensavo già da un po'
-Non ti sforzare a mentire. Ora me ne devo andare, mi aspetta un paziente. Ci vediamo sta sera così mi spieghi il motivo per cui mi stai scaricando. - mi disse rapidamente prima di lasciarmi sola al tavolo. 
Mi sentii frastornata, iniziai a bere il mio thè ghiacciato sperando che mi si congelasse il cervello. 


The professor 2 - Rising from the ashesWhere stories live. Discover now