Capitolo 23

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Dopo più di una settimana dall'ultima volta non avevo più visto Jack e la cosa mi faceva stare molto meglio.
Ero nella pausa pranzo al Mental Health Center dove stavo facendo il tirocinio e mi stavo gustando la mia tristissima insalatina insieme a altri due tirocinanti. Quel giorno mi avevano affiancata al dottor Adrian Abramson, uno signore abbastanza tosto che si occupava di casi di tentato suicidio e nelle poche ore che avevamo fatto insieme a lui avevo visto la freddezza con cui si relazionava ad alcuni pazienti.
-Quanto ti manca? - mi chiese Emma, una ragazza che avevo conosciuto il giorno stesso e che invece era stata assegnata ad una psicoterapeuta infantile.
-Un'ora e poi torno al campus. - risposi io mentre cercavo il cellulare nella borsa per vedere se qualcuno mi avesse cercato.
Trovai un sms da parte di Christian, improvvisamente mi isolo per godermi quel messaggio in santa pace.
"Sophia quando finisci, vieni al bar Maison all'angolo delle strada. -Tuo C"
Sorrisi e mi sentii molto meno stanca all'idea che di lì a poco avrei incontrato Christian, anche se lo avevo visto la sera prima già sentivo la sua mancanza.
Appena l'orologio segnò le 13:30 balzai in piedi e tornai all'ufficio del dottore che nel frattempo aveva messo una pila di cartelle cliniche sul mio tavolino da riordinare e classificare.
Non mi scoraggiai ed iniziai subito a lavorare all'idea che poco dopo sarei stata con il mio uomo.

Mi trovavo davanti al bar Maison con gli occhiali da sole indosso per proteggermi dai raggi del primo pomeriggio. La macchina di Christian si fermò poco più lontano e io lo vidi scendere con eleganza e camminare verso di me; indossava un paio di pantaloni neri e una camicia color kaki che solo a lui poteva stare così bene. Nonostante anche io fossi vestita in modo elegante, non mi sentivo comunque all'altezza.
-Mia cara, andiamo a prenderci un caffè? - mi chiese lui appena arrivò vicino a me e togliendosi i rayban che mi permise di vedere i suoi occhi color smeraldo.
-Va bene.- risposi sfoggiando un sorriso a trentadue denti.
Ci incamminammo verso un tavolo con la sua mano alla base della mi schiena, il semplice tocco mi elettrizzava e mi provocava calore in tutto il corpo.
-Come è andata oggi?
-Sono stata con il dottor Abramson oggi, che è simpatico come un dittatore sovietico. - risposi prima di ordinare un caffè.
Christian scoppiò a ridere posando poi la sua mano sopra la mia: - Scommetto che sei stata bravissima anche con il dittatore.
-Lo spero.- mormorai imbarazzata.
Quando il cameriere tornò portò anche una fetta di torta offerta dalla casa e io non potei rifiutare; l'insalatina non mi aveva abbastanza saziato.
-È al cioccolato, come piace a me!
-Hai fatto colpo sul cameriere Miss White?
-Cosa? No! Ma che dici...
-Miss White, sei così ingenua...- disse portandosi la tazza di caffè alla bocca e facendomi l'occhiolino.
Era così attraente sotto la luce del sole, con i suoi capelli spettinati e la sua postura elegante. Lo osservai attentamente nei piccoli dettagli: la mandibola pronunciata con un accenno di barba, le labbra rosa con un contorno netto e le dita affusolate che tenevano la tazzina.
Christian si bloccò d'un tratto, il suo sguardo sereno e rilassato si tramutò in preoccupato e serioso, mi allarmai e non feci in tempo a girarmi poichè una figura fece ombra sul nostro tavolo.
-Miller, che piacevole sorpresa! - la voce di Jack mi gelò il sangue nelle vene, in quel istante mi venne spontaneo il desiderio di evaporare, sparire di lì.
Con i vestiti casual indosso e una busta della spesa tra le mani, sembrava fosse un uomo chiunque per strada ma in realtà lui era l'ultima persona che mi sarei aspettata di vedere.
Christian balzò in piedi e diete la mano a lui, il quale si girò per guardarmi e i suoi occhi scuri in poco tempo si incupirono.
-Sophia?
-Buona sera dottor Richards. - mi alzai a mia volta e gli porsi la mano in modo molto professionale e freddo, facendogli capire che l'intrusa non ero io tra i tre.
-Che ci fai qui? - chiese guardando la mia mano ma senza stringerla come se l'idea di fare quel gesto fosse un'idiozia, un qualcosa che non gli apparteneva.
-Ho il tirocinio qui vicino, mentre uscivo ho incontrato qui il professore e quindi mi sono fermata un po'. - risposi prontamente con una scusa che avevo iniziato ad elaborare da quando avevo udito la sua voce. Lui annuì senza dire altro, mentre Christian mi guardava sollevato per la prontezza con cui ero riuscita a salvare entrambi da quella situazione spinosa.
-Capisco, se hai finito, posso accompagnarti al campus. - quando aprì la bocca mi spiazzò, era rigido, sembrava quasi un ordine più che una proposta gentile, nonostante sulle sue labbra si disegnò un sorriso.
Vidi Christian irrigidirsi, probabilmente la proposta lo aveva infastidito molto più di quanto avesse infastidito me; seduto sulla sedia teneva la mano stretta a pugno sul tavolo e fissava Jack mentre quest'ultimo fissava me.
-In realtà io devo finire il mio caffè e poi devo passare in una libreria qui vicino. - mi affrettai a rispondere, forse questo avrebbe fermato Jack e placato Christian.
-Come vuoi. Allora io vado. - del sorriso di Jack non ne rimase nemmeno l'ombra, salutò Christian e se ne andò senza degnarmi più di uno sguardo; di certo la cosa non mi dispiacque visto il disagio che stavo provando.
Mi iniziai a rilassare man mano che lui si allontanava, non avevo più voglia né di torta né di caffè, il mio mood era totalmente cambiato da quando ero arrivata in quel bar.
Aspettai che Christian dicesse qualcosa, attesi una sua reazione ma lui guardava la strada serioso, non volevo interrompere i suoi pensieri e neanche sembrare fastidiosa, così aspettai; infondo era colpa mia se ci trovavamo in quella situazione: Jack perseguitava me.
-È bravo. - ruppe il silenzio Christian.
-Cosa?
-È molto bravo a fare ciò che vuole senza mostrare le sue vere intenzioni. Vuole te, eppure nessuno lo direbbe. È più bravo come attore che come terapeuta. - traspariva disprezzo nella sua voce e il ghigno sul suo volto enfatizzò ancora di più la cosa.
-Mi dispiace, non avrei voluto mai metterti in queste situazioni.- mormorai io sommessamente.
-Non dipende da te. Devo solo accettare il fatto che non posso oppormi alle sue frivole avance, non posso mostrare a tutti che sei mia; devo solo sorridere e far finta di nulla. - chi non lo conosceva avrebbe potuto dire che era calmo e pacato ma io riconoscevo la rabbia, lo struggimento nel descrivere la nostra condizione e la sua impotenza.
-La cosa più importante è ciò che so io, che sono tua e che tu sei mio. - cercai di tranquillizzarlo poggiando la mia mano sulla sua ma lui la ritirò immediatamente come se la mia pelle bruciasse.
-Andiamo via prima che passi di qui anche il rettore, il ministro dell'istruzione e il presidente.- si affrettò ad alzarsi e ad andare a pagare il conto prima di accompagnarmi alla sua macchina.
Non dissi nulla, nonostante ci fossi rimasta male per il modo in cui mi stava tenendo a distanza; compresi la sua attitudine e lo seguii senza controbatte.

Durante l'intero viaggio Christian non proferì parola e quando fummo vicino al campus si fermò per farmi scendere, mi diede solo un rapido bacio sulla fronte per poi andarsene a tutta velocità.
Il mio umore era pessimo, camminai velocemente verso il mio dormitorio senza alzare mai lo sguardo; in quel momento avrei potuto arrabbiarmi con chiunque mi rivolgesse la parola.
Entrata in camera mia sbattei la porta e mi lanciai a letto come un sacco di patate, volevo solo isolarmi da tutto e tutti.
-Sophia, se rompi la porta la ripagherai tu! - sentii la voce di Kath dal bagno.
-Ivanova non ti ci mettere pure tu. - brontolai io mettendomi un cuscino in testa esausta.
-Che succede?
-Succede che sono esausta, voglio essere libera di stare con Christian senza problemi. Senza Jack tra i piedi.
-Jack? Ancora lui? - vidi Kath uscire dal bagno e poggiarsi sulla scrivania mentre si metteva la crema sul viso.
-Si ancora lui. Ma il problema non è lui. Il problema è che io e Christian non possiamo stare insieme liberamente.
-Beh..Soph, in teoria non è legale, non è corretto che voi stiate insieme se lui è un tuo professore.
-Mi stai consolando? Perché non sto percependo alcun tipo di aiuto. - risposi stizzita.
-Sophia, mi dispiace ma sto solo cercando di dire che già sapevi il rischio che correvi nel vivere questa relazione con Miller. Eppure, sapendo il rischio, hai comunque voluto continuare... forse dovresti aggrappare alla stessa motivazione che ti ha spinto a continuare. - la ascoltai attentamente e non potevo non convenire con lei su ciò che diceva.
Continuai a parlare con Kath per calmarmi e le raccontai come si era svolta l'intera giornata, pian piano il mio umore migliorò grazie alla mia amica.
Dopo qualche ora ci accorgemmo che si stava già facendo buio e i nostri stomachi brontolavano dalla fame; così decidemmo di andare insieme a prendere qualcosa da mangiare al McDrive.
Uscimmo insieme dal dormitorio e ci incamminammo verso il parcheggio, ridendo e scherzando sul abbigliamento sportivo della mia amica che non era consono all'etichetta della borghesia russa.
-Sei la vergogna della famiglia Ivanova, sicuramente i tuoi antenati e i nobili si stanno ribaltando nella tomba. - le dissi io scherzosamente quando arrivammo davanti alla sua macchina.
-Ma smettila! Non è la prima volta che indosso le tute. - borbottò lei aprendo lo sportello della macchina.
Scoppiammo a ridere all'unisono ma di colpo Kath si fermò e mi fece segno di girarmi, e non so per quale motivo ma con tutto il cuore sperai che stesse arrivando Christian alle mie spalle e che volesse rapirmi e portarmi da lui.
Mi voltai e vidi nella penombra Jack che si stava avvicinando al parcheggio e la cosa mi provocò una sensazione molto sgradevole, sentivo in bocca un retrogusto amaro e un fastidio allo stomaco.
-Io vado a prendere la cena, ci vediamo dopo. - Kath comprese la situazione e partì senza di me.
Per un certo verso avrei preferito montare in macchina e scappare il più lontano possibile da lui ma affrontare la situazione era la cosa migliore.
Mi chiusi la felpa nera e andai nella direzione di Jack che si era accomodato su una panchina tra due palme, era come sempre vestito elegantemente, probabilmente era uscito da una lezione agli studenti dell'ultimo anno.
-Siediti Sophia. - mi disse lui non appena fui vicina; era un ordine pronunciato con dolcezza ma che per me risultava comunque fastidioso e costrittivo.
-Preferisco stare in piedi. - mi incaponii io e la cosa lo turbò palesemente. Nonostante questo lui mi ignorò e continuò a fissare davanti a sé senza guardarmi.
-Hai qualche novità? - mi chiese lui. Il mio cuore perse un battito all'idea che si stesse riferendo a me e Christian; mi guardai intorno e decisi di sedermi visto che le gambe mi tremavano e non avrei voluto cadere a terra.
-Nessuna. A cosa ti riferisci?
-Sei ancora convinta del fatto che non sono adatto per te? - mi chiese. Mi sentii sollevata all'idea che si riferisse a questo e non a altre cose molto più "scottanti".
Feci un respiro profondo alzai lo sguardo verso il cielo, cercai per un po' le parole giuste per non sembrare brusca e soprattutto per non permeare il fatto che vivevo già la relazione migliore della mia vita con un uomo perfetto per me.
-Si, ne sono ancora convinta.
-Bene. Infondo, al cuore non si comanda.
-È così. Ma non è mia intenzione farti stare male Jack. Davvero, sai quanto sei stato fondamentale nella mia vita.
-Come terapeuta penso di aver fatto un buon lavoro, sei diventata una donna forte Sophia. - sospirò.
Lo guardi e vidi le sue spalla abbassarsi in segno di resa ma anche con un lieve sorriso sulle labbra che nascondeva i ricordi che avevamo condiviso negli ultimi anni.
-Grazie Jack. Ti devo molto. - mormorai guardandolo quasi commossa per quel momento.
Lui ricambiò il mio sguardo e per un po' rimanemmo così, con gli occhi avrei voluto fargli capire quanto tenevo a lui, nonostante tutto.
-Vieni qui.- Jack aprì le braccia sorridente e con gli occhi lucidi e non potei ritirarmi.
Mi spostai in avanti e lo abbracciai, sperando che con quell'abbraccio ci chiudesse questo capitolo e questa situazione spinosa tra noi due, così da tornare ad essere amici come prima.
-Sophia...- mi mormorò all'orecchio mentre eravamo ancora abbracciati.
-Si?
-Farò licenziare Miller se continuerà a stare insieme a te.

The professor 2 - Rising from the ashesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora