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Hunter si alzò e camminò fino alla porta. Posò l'orecchio sul legno e restò in ascolto. Nessun rumore sospetto. Ruotò il pomello e aprì uno spiraglio. Buttò un occhio, si assicurò che suo padre non fosse in corridoio e uscì. Passò accanto al piccolo parapetto e udì la Tv dabbasso. Immaginò il suo vecchio seduto in poltrona e gli augurò di strozzarsi con la prossima birra.

L'avrebbe bevuta lo stesso, anche se non era della sua marca preferita. Quella era solo una scusa per gonfiarlo di botte. Ne trovava sempre una.

Hunter si infilò in bagno e chiuse la porta. Si guardò allo specchio. Aveva una guancia rossa e gonfia come un pomodoro maturo. C'era un taglio che campeggiava nel mezzo di quella rosa vermiglia. Poca roba, se paragonato ai segni che il suo vecchio gli lasciava di solito sulla schiena e sul culo.

Aprì l'anta dell'armadietto a specchio e prese dal ripiano più basso ovatta e tintura di iodio. Quella roba bruciava un casino, ma era quasi piacevole se paragonata alle ripassate del suo vecchio.

Intinse l'ovatta e si tamponò la ferita.

Cazzo, se bruciava.

Se fosse stato grosso come uno di quei biker che avevano invaso la Main Street avrebbe appeso il suo vecchio al primo ramo e l'avrebbe randellato come una pentolaccia messicana. Usando un bastone chiodato.

«Figlio di puttana», mormorò a denti stretti.

Se sua madre fosse stata lì non l'avrebbe permesso. Avrebbe ucciso quel bastardo ciucciabirre nel sonno, pur di farlo smettere.

Già, ma la mammina non c'è, gli fece notare una voce, dura come l'acciaio. È al cimitero, sepolta sotto un metro e mezzo di terra.

Hunter ripose la tintura e gettò l'ovatta nel cestino sotto il lavabo. Per un attimo la vista si appannò e il mondo si scompose in tanti prismi. Hunter ricacciò indietro le lacrime e, da liquido che era, il mondo tornò solido come un blocco di pietra.

Non fare la femminuccia, si disse.

La voce interiore assunse le armoniche paterne, col risultato di farlo incazzare come una biscia. Hunter soffocò il ricordo di sua madre e uscì dal bagno. Tornò dabbasso e si affacciò in soggiorno.

Il suo vecchio ronfava della grossa. Aveva la canottiera sollevata oltre l'ombelico e il mento sul petto. Ogni volta che inspirava il pancione si gonfiava come una grossa palla medica. Con tutte le birre che si era scolato avrebbe dormito fino a ora di cena.

Hunter gli augurò di schiattare nel sonno e uscì.

Era sulla Main Street. Costeggiava il lato destro, quello più lontano dal Torton's Antiquary, e rifletteva su come impiegare il tempo. Aveva davanti a sé un pomeriggio intero. Poteva andare alla cava. Aveva sentito che gli sbirri avevano rinvenuto un cadavere, da quelle parti.

L'idea non era malaccio. Magari gli andava di culo e ne scovava uno anche lui. Sarebbe stata una gran figata se avesse visto un dito, o un'intera mano, spuntare dal terreno.

Era così immerso in quella fantasia macabra che non si accorse di Torton se non all'ultimo istante. Il vecchio l'aveva visto, era uscito dal negozio e aveva attraversato la strada.

Hunter se lo ritrovò davanti. Sollevò il mento e, quando lo riconobbe, restò interdetto. Torton aveva in mano un pezzo di legno, lungo e sottile e flessibile il giusto. Se lo batteva nel palmo mentre guardava Hunter. Il suono era quello di un applauso rallentato.

Prima che Hunter potesse fare alcunché, Torton lo afferrò per la maglia e lo trascinò all'interno dello spaccio dove Hunter comprava la birra per il suo vecchio. Chiuse la porta a vetri e ci si piazzò davanti a gambe divaricate.

Death's AngelsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora