2. Brain Limitless Company

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«Non potete farlo!»

Jo? Che ci fai in camera mia?

«Joanne, calmati. Non le succederà niente. É per il bene di tutti.»

Uh, di chi è questa voce così fredda? Mi vengono i brividi...
Che ci fa lui in camera mia?
Che stia facendo uno strano sogno di nuovo...?
Ma sto sognando?

«Jo?» riuscii a biascicare, tentando di sollevare le palpebre.

La mia voce era roca e graffiante come il formaggio da grattuggiare e il dolore alla testa amplificò il terribile suono.

«È sveglia» fece notare un'altra voce maschile, riferendosi probabilmente a me. Una voce bassa, musicale e sexy. E dire che fino a quel momento non avrei mai immaginato che una voce potesse essere sexy...

Tranne quella di Andy Biersack, ci si intende.

Mi costrinsi ad aprire gli occhi per capirci qualcosa, perché avevo la sensazione di essere finita in un incomprensibile limbo eterno.

Ma quello che vidi non poteva essere reale.

Un ragazzo bellissimo mi stava osservando con un sorriso luminoso come i suoi occhi, di un blu talmente intenso e profondo che avrei potuto caderci dentro. La corta chioma dorata era un'aureola attorno alla bronzea pelle del volto e delle mani che sbucavano dalla sua scura tenuta.

Era sicuramente un angelo, e io ero morta quando il cassettone mi aveva travolto. Io ero morta, ma nonostante i miei mille peccati ero stata mandata in Paradiso e l'angelo dinanzi a me mi stava accogliendo. Oppure era Apollo, perché era bello come il sole, una bellezza quasi accecante. Apollo era arrivato dal suo carro per prelevarmi come sua sposa.

Sembrava una constatazione ovvia in quel momento.

Be', poco importava, di qualunque religione fosse quel ragazzo non poteva essere reale.

L'Angelo Apollo mi parlò: «Ben tornata dal mondo dei sogni, come va la testa?».

In quel momento ero troppo ipnotizzata dal suo aspetto per poter rispondere con una frase articolata, o ero solo sotto shock per gli ultimi avvenimenti, il che era probabile, anche se non capivo esattamente cosa fosse successo.

Troppa roba da metabolizzare e la presenza di quella splendida creatura celestiale non aiutava a pensare lucidamente.

Fortunatamente la mia migliore amica mi aiutò ad evitare una pessima figuraccia iniziando a sbavare davanti a lui.

Mi si avvicinò, invadendo il mio spazio visivo e mi aiutò a sedermi.

«Grazie a Dio ti sei svegliata!» esclamò guardandomi affranta. Poi mi abbracciò stretta, rischiando di spaccarmi le costole.

«Oddio Sof! Scusami tanto! Non ti ho proprio vista» sussurrò all'orecchio stringendo la presa, come a volermi inculcare le sue scuse con la forza. «Non... Oh, Cristo sono un disastro!»

Si staccò da me, con le mani sulle mie spalle a fissarmi con i suoi grandi occhi castani e il labbro inferiore tremante.

Nemmeno questo comportamento aiutava a farmi pensare lucidamente. Le sue parole non avevano senso e la confusione nella mia mente mi faceva dolere la testa.

Jo sembrava la quintessenza del dispiacere. In quel momento mi sembrava così fragile davanti a me. Non si era mai mostrata in quel modo in tre anni che ci conoscevamo.

Seriamente. Era sempre stata lei quella forte e tosta.

Non che io fossi una pappamolla.

Probabilmente avrei dovuto rassicurarla, dirle che era tutto a posto e che stavo benissimo, che non c'era nulla che non andasse. Ma non era così.

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