47. Il quadro

8.7K 496 236
                                    

Il viaggio non lo sentii nemmeno. Sembrava che la mia mente si fosse spenta per elaborare il tutto.

Non mi stupii nemmeno per il fatto che avremmo viaggiato su un jet privato.

«Tutto okay?» mi chiese Aiden affiancandomi, pronto ad aiutarmi con la cintura di sicurezza con cui stavo avendo problemi.

«Sì, ce la posso fare.» dissi riuscendo ad allacciarmela.

«Mi dispiace per i tuoi genitori.» mi disse abbassando lo sguardo.

«Sono vivi.» mi limitai a dire spostando lo sguardo verso il finestrino.

Aiden capì che non avevo la minima voglia di parlargli e così si zittì, ma mi rimase accanto.

Quando il jet si alzò in volo, i finestrini vennero oscurati.

Man mano che il velivolo saliva, la pressione atmosferica mi tappava le orecchie.

Quando l'aereo si stabilizzò mi diedi una manata all'orecchio per stapparmele.

Aprii nuovamente il finestrino e guardai sotto, ritrovandomi sopra un mare di nuvole bianche.

Mia madre era là sotto da qualche parte, probabilmente indifesa, alla mercé dei Ribelli.

L'avevano presa per colpa mia.

Il senso di impotenza tornò ad avvolgermi il petto e la voglia di piangere iniziò nuovamente a prendermi gli occhi.

«Sophie, so che non è il momento adatto, ma ti vorrei parlare.» mi disse Aiden accanto a me.

«Scusa, Aid, ma sono stanca. Non è che me lo puoi dire quando arriviamo? Ora vorrei dormire.» dissi a bassa voce abbassando il finestrino e chiudendo gli occhi.

Aiden sembrò ferito quando mi disse: «Come vuoi» eppure a me non importava nulla in quel momento.

***

Arrivati alla Base, venni immediatamente scortata da due guardie che mi separarono dai miei amici.

A quanto pare mio nonno mi stava già aspettando.

Come fossi stata una prigioniera, le due guardie mi camminarono uno davanti e uno dietro, tenendomi strettamente sotto controllo.

Poi mi lasciarono da sola davanti a quella ormai familiare porta dell'ufficio di mio nonno.

Bussai.

Le porte davanti a me si aprirono in automatico, ma io rimasi sulla soglia, ad osservare l'interno. Individuai l'uomo che mia madre chiamava papà.

«Entra» rispose la voce di nonno Chris.

Avanzai all'interno con il cuore che batteva a mille.

Finalmente avrei avuto le conferme ai miei dubbi, risposte alle mie domande e chiarimenti su tutto ciò che era successo fino a quel momento.

Finalmente avrei capito ogni cosa.

Il velo di bugie sarebbe stato levato, mostrandomi davanti la verità.

Se avevo ragione riguardo alla B.L.C. e le mie teorie fossero risultate corrette, la verità non mi sarebbe piaciuta per niente.

Non sapevo ancora se sarei stata capace di accettarle, però le volevo ascoltare.

Andai a sedermi comodamente sulla poltrona di pelle davanti al tavolino di vetro a destra dell'ufficio.

Il nonno mi raggiunse sistemandosi su quella di fronte.

Elements Where stories live. Discover now