11. Spiacevoli incontri

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La mattina seguente, trovai sul tavolo della cucina un sacco di posta non aperta.

Curiosai tra le bollette e pubblicità, finché non notai qualcosa di strano indirizzato a me.

Mentre mi bevevo il mio succo di frutta, strappai la busta e iniziai a leggere il foglio dopo averlo tirato fuori.

Uno dei prestigiosi college degli Stati Uniti, lo Yale, mi aveva invitata per un soggiorno per via della mia media scolastica oltre ogni immaginazione.

«Mamma?» chiamai confusa «Papà?» Nessuno dei due mi rispose. Ad un tratto mi arrivò una telefonata che risposi al volo.

«Hai ricevuto la lettera?» chiese Jo.

«Quella per Hogwarts?» non potei non chiedere.

«No, babbana, quella dello Yale! Te l'abbiamo mandata noi per camuffare la piccola gita verso l'Alaska» mi disse come se fosse ovvio.

Un moto di delusione mi percosse. E io che pensavo di avere accesso garantito in una delle migliori università al mondo.

«Oh, e dove volete puntare? Dubito che mia madre...»

«Tuo padre invece ne sarà più che felice.
Preparali intanto alla sorpresa e di loro che anche io ho ricevuto la medesima lettera. Se ci sono io tua madre sarà leggermente più tranquilla. Sarà anche eccessivamente soffocante, ma ti ha permesso di frequentarmi, quindi mi adora. Il caso è chiuso. Capito?» mi disse con eccessivo entusiasmo la ragazza.

«Bene, è deciso. Buona fortuna!» esclamò prima di salutarmi.

Mia madre comparve in cucina in quel preciso momento. Sembrava esausta, come se non avesse dormito la notte.

«Chi era?» mi chiese con uno sbadiglio e raggiungendo la cucina. Se fossi stata nelle sue condizioni, avrei inciampato sul piano rialzato, così come papà, ma lei lo evitò e iniziò a maneggiare pentole, bicchieri e cibo dalle dispense.

«Era Jo. Mamma, mi è arrivata una lettera e Jo mi ha appena avvertita che l'ha ricevuta anche lei.» affermai raggiungendola con la lettera in mano.

«Ricevuto cosa?» chiese mio padre accarezzandosi la crosticina sul mento mentre raggiungeva mia madre per scoccarle un bacio e bevendo dalla sua tazza il té da lei preparato.

Mia madre intanto spalancava gli occhi per la sorpresa mano a mano che leggeva, bloccando a mezz'aria il pentolino per il bacon. Quando finì, passò il foglio a suo marito e mi guardò con espressione indecifrabile. Quella che spesso assumevo anche io.

Era come se il suo corpo si fosse improvvisamente svuotato dell'anima e dei pensieri, quando sapevo che in realtà, dietro la maschera imperversavano troppe emozioni incontenibili.

«Mia figlia è Eistein!» esclamò mio padre orgoglioso battendo con forza la tazza sul tavolino della cucina.

«Silas!» lo rimproverò mia madre.

«Scusa, amore. Ma sono troppo entusiasta di mia figlia. Ma te ne rendi conto? C'è scritto che arriva solo a quattro persone per città questa offerta. E mia figlia è una delle prescelte di San Francisco!»

«C'è anche Jo...»

«E frequenta pure persone intelligenti! Non sei fiera di lei?» continuò mio padre felice come un bambino.

«Lo sono, ma Silas, è a New Haven! In Connecticut!» esclamò mia madre. Mi aspettavo che si opponesse, così me ne restai zitta, aspettando che mio padre riuscisse a convincerla. Se c'era una persona al mondo capace di farlo, quella era lui.

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