20. Gocce di pioggia

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Il cielo era nuvoloso, grigio e minaccioso, la pioggia sarebbe arrivata a momenti, così avrei potuto ascoltare il ticchettio delle gocce che cadevano. I rumori sarebbero stati soffocati, permettendomi di rilassarmi al suono di quella melodia naturale.

Aiden indicò la maniglia e io aprii la finestra che dava sul balcone.

In pochi balzi si arrampicò e mi raggiunse. Mi guardai in giro per essere certa che nessuno lo avesse visto fare il ninja.

«Volevo solo farti sapere che esisto» disse come per scusarsi. «Ti sarai preoccupata negli ultimi tempi senza sentirci.» aggiunse come se mi avesse letto nel pensiero.

«Che avete fatto in questi giorni?» chiesi immediatamente.

«Anche io sono felice di vederti» scherzò sollevando un sopracciglio.

«Scusami.» mormorai abbassando lo sguardo imbarazzata. «Ma non tenermi sulle spine, per favore» continuai facendo spazio per farlo entrare in camera mia.

Ma anche l'interno era altrettanto gelido.

Sarebbe stato un Natale freddo senza il riscaldamento che mio padre si rifiutava di far aggiustare.

«Vediamo... Ho conosciuto una bella biondina, l'ho portata a cena e in seguito a letto. La mattina seguente l'ho scaricata e ho continuato così fino a ieri, oggi sono qui per fare con te la stessa cosa.» affermò.

Dovevo aver assunto un'espressione orribile perché Aiden scoppiò a ridere.

«Okay, non è divertente.» ammise nonostante continuasse a sghignazzare.

«Abbiamo seguito le tracce di James e crediamo di aver localizzato uno dei rifugi dei Ribelli vicino a Boston» disse poi più seriamente.

Le tracce di James a Boston? Ma se è a San Francisco.

«Quindi?» chiesi.

«Quindi ho intenzione di andare con la mia squadra a controllare ma tu non puoi venire.
Non ti dirò nemmeno dove andremo e Annie men che meno» aggiunse non appena aprii bocca.

«Mi sono già messo d'accordo con il dirigente Moose alla Base 8, quindi non saremo soli in questa operazione.» mi spiegò.

Era già tutto deciso.

Stavano per partire e mollarmi a casa.

C'era solo un modo per fermarli: dire a Aiden di James.

Lui era a San Francisco e mi aveva detto che avrebbe finito il discorso.

Potevamo tendergli un agguato quando ci avrebbe riprovato.

Ma rimasi in silenzio.

Per qualche strano motivo desideravo tenere le sue informazioni per me. O forse temevo che Aiden o Jo mi avrebbero influenzato nel credere o meno alle parole di James, quando avevo decisamente bisogno di pensare da sola, con la mia testa.

«Carina la stanza» cambiò argomento impedendomi di protestare.

Mi resi conto che era la prima volta che un ragazzo entrava nella mia stanza e che quest'ultima era tremendamente disordinata, come se ci fosse passato un uragano.

«Usciamo?» iniziai a spingerlo sul balcone non appena notai il mio reggiseno sullo schienale della sedia.

Tanto la temperatura era uguale. Anche se con il calore dell'imbarazzo non la sentivo particolarmente. Inoltre, era una brezza in contronfo al gelo che avevo patito in Alaska.

Aiden scavalcò con grazia il balcone, saltò e fece una capriola in aria cadendo in piedi.

Cercai di non rimanere a bocca aperta per la sua agilità.

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