16. Allenamento

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«Infondo al corridoio, poi gira a destra.» mi disse Jo. «Io devo andare a scrivere il rapporto giornaliero, mi dispiace.» aggiunse con aria di scuse.

Prima che potessi solo dire qualcosa la ragazza si era già dileguata.

Come un prigioniero destinato al patibolo, mi diressi nuovamente verso l'ufficio del nonno.

Non mi era chiaro perché provassi quel timore nel dirigermi verso quella stanza, come se mi stessi preparando ad essere rimproverata.

Quando bussai, la porta si aprì automaticamente ma all'interno non c'era nessuno.

Senza saper che fare mi sedetti sulla poltrona, chiudendo gli occhi per rilassarmi.

Il silenzio si prolungò e si prolungò ancora e ancora, finché non mi alzai di scatto per la frustrazione.

Decisi che tanto valeva sbirciare un po' in giro.

Sulla scrivania c'era solo la foto dei figli.

Probabilmente c'erano altre foto e io ero curiosa di trovarne altre di zio Thomas, magari ne avrei trovata una da portare alla mamma...

Aprii diversi cassetti di cui molti erano fastidiosamente sigillati. Altri invece si potevano aprire facilmente, forse perché erano le più utilizzate.

Proprio nel primo trovai una foto.

Era una donna. Una bellissima donna dai capelli scuri che sorrideva dolcemente alle telecamere. Accanto a lei c'era un ragazzo dall'aria familiare. Entrambi avevano un' acconciatura d'altri tempi. Realizzai che probabilmente erano proprio il nonno e la nonna da giovani.

Non avevo mai visto una foto della nonna. Era veramente molto bella e dal viso dolce.

«Che stai facendo?» chiese una voce.

Presa alla sprovvista cercai di buttare la foto nel cassetto e chiuderlo in fretta, ma così facendo schiacciai le mie dita.

Strillai dal dolore e mi si riempirono gli occhi di lacrime per l'enorme bruciore.

Non sapevo nemmeno di conoscere così tante lingue in cui imprecare.

Mi voltai verso mio nonno con espressione colpevole sul volto e le dita strette a pugno sul petto.

«Fa vedere.» disse autoritario allungando una mano verso di me.

«Cosa?»

«La mano. Ti sei fatta male.» disse semplicemente.

Gliela allungai imbarazzata.

Il nonno aprì lo stesso cassetto assassino, prima di bloccarsi davanti alla foto. Ma poi si riprese immediatamente e afferrò un tubicino di crema. Me la spalmò sulla mano con delicatezza.

«È la nonna?» ebbi il coraggio di chiedere.

«La donna nella foto.» precisai.

«Non era mia moglie.» replicò.

«Era una persona che ho amato. Ma mia moglie è stata uccisa da Susan Blackwood nove anni fa.» precisò.

Aprii la bocca per parlare ma poi la richiusi, senza saper veramente cosa dire.

Mio nonno prese un fazzoletto e si pulì le mani, prima di andare a sedersi dietro la sua scrivania.

«Comunque ti ho convocata per far rapporto nei minimi dettagli di ciò che è successo con James Sharp. È consuetudine dei membri della B.L.C. esporre giornalmente i fatti eclatanti di una particolarmente giornata, in modo che vengano registrati, analizzati e utilizzati in futuro.» mi spiegò «Ma per te sarà solo questa volta e me lo esporrai vocalmente direttamente a me. Solo perché sei stata coinvolta in prima persona» aggiunse temendo che la cosa mi avrebbe spaventata.

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