9. Il nonno

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Dissi a Jo della telefonata.

Lei mi ascoltò, restando spaventosamente in silenzio e poi mi attaccò il telefono in faccia.

Rimasi a fissare incredula l'apparecchio, in attesa che mi richiamasse, ma non accadde.

La mattina seguente pregai mio padre di accompagnarmi a scuola, dicendo semplicemente che non me la sentivo di andarci senza la bici.

«Che ha che non va la tua bici?» mi chiese mio padre mentre si faceva la barba.

«Me l'hanno rubata» affermai. Non era una bugia.

«Cosa? Hai sporto denuncia?» chiese lui prima di cacciare uno sibilo per essersi tagliato il mento con il rasoio.

La schiuma bianca venne immediatamente tinta di rosso.

«No, il problema è che ho dimenticato di incatenarla» mentii.

Mio padre fece per replicare, ma si rese conto di avere il mento sanguinante e di essere ancora a torso nudo.

«Okay, ti darò un passaggio. Ma vedi di non farci l'abitudine. Non rischierò di arrivare in ritardo ogni giorno»

Feci la linguaccia a mio padre e me ne andai.

«Quindi dovrei comprarti una nuova bici?» chiese mio padre dopo che mia madre mi ebbe rimproverato per la bici.

«A me andrebbe bene anche una macchina» affermai.

«Ma certo! Poi quando la sfasci sarà il tuo paparino a portarla dal meccanico e ripararla. Sogni in grande, eh?»

Alzai gli occhi al cielo.

Salutai mio padre dandogli il bacio proprio sulla ferita e scappai.

In classe, quando mi fui accomodata, Jo mi venne incontro agitata e minacciosa, facendomi fare diversi passi indietro.

«Pensavo mi avessi perdonato!» esclamai incrociando le braccia davanti a me per tenerla lontana. Un vampiro avrebbe fatto meno effetto.

«Sono venuta a casa tua a prenderti! Ma eri appena uscita!» mi rimproverò.

Aprii la bocca per parlare ma lei mi interruppe.

«Ti verrò a prendere ogni mattina e ti riaccompagnerò casa dopo le lezioni» dichiarò senza ammettere repliche, prima di voltarsi di scatto agitando i suoi capelli corti.

Una folata d'aria mi sferzò il viso.

Trattenni il fiato. Prima di rendermi conto che i miei fogli erano volati a terra.

«L'hai fatto a posta» le sibilai contro.

Lei ghignò divertita, ma non ebbi la possibilità di replicare poiché arrivò la professoressa Green.

Non avrei mai pensato che Jo sarebbe potuta essere così invadente. Però non mi dispiaceva essere scarrozzata avanti e indietro da un'auto della B.L.C., evitando la metropolitana e il viaggio in bici.

Le due settimane volarono nella quotidianità più totale e finalmente giunse il giorno da me tanto atteso.

Tornare alla Base5.

Mia madre quel giorno sarebbe stata fuori per riunione e mio padre aveva già annunciato che avrebbe dormito tutto il giorno, non si sarebbe nemmeno accorto della mia assenza.

Jo mi attese di buon umore sulla sua auto il sabato mattina e mi portò alla Marcey Academy.

Era la prima volta che ero emozionata di vedere i maestosi cancelli di quella che ho sempre pensato fosse la scuola degli snob.

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