10. nightmares

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Mi rigirai tra le coperte trascinandole con me. Inspirai a fondo, affondai il volto nel cuscino. Mi girai ancora e questa volta spalancai gli occhi, perché ero stanca di rotolarmi a destra e sinistra in quel letto troppo grande con cui ancora non avevo familiarizzato. Guardai il soffitto, e il soffitto mi fissò di rimando, muto e immobile. L'intero appartamento giaceva nel silenzio, non un singolo rumore dava segno di vita. La vita era fuori, invece, col traffico, le auto che sfrecciavano in strada, le sirene sempre accese. Una flebile luce artificiale – la luce di New York – brillava al di là delle tende tirate.

Allungai una mano fino al comodino, un brivido mi corse lungo la schiena. Erano le due passate.

Sapevo perfettamente che il giorno successivo mi sarei dovuta alzare presto per andare a lezione, ma il mio cervello continuava a macinare informazioni anche senza il mio permesso. Continuavo a rivedere gli angoli più bui dell'appartamento di Root, e persino l'espressione sconsolata di mia madre qualche giorno prima, durante il nostro primo vero screzio. Ripensavo alle richieste della professoressa Harris per l'esame.

Scivolai fuori dalle coperte. Infilai le ciabatte e strinsi le braccia al petto per il repentino cambio di temperatura, a cui il mio pigiama leggero non riuscì a sopperire. Non subito, almeno.

La casa era avvolta nel buio, tutte le luci erano spente, e ancora una volta nessun rumore. Chiaramente la mamma ed Humphrey dormivano da un pezzo, e Dante doveva essere chiuso in camera sua come sempre.

Strisciai nel corridoio, giù per le scale, fino a giungere alla cucina. Una volta lì versai dell'acqua nel bollitore e attesi pazientemente che la spia si accendesse.

Il cuore prese a battermi forte nel petto. Non c'era nessuna ragione valida al momento, niente di lampante nella mia testa. Inspirai a fondo, più volte, fissando l'acqua che prendeva vita, agitata quasi quanto me.

New York stava prendendo il sopravvento su di me. Non riuscivo a controllare le mie relazioni, e nemmeno i miei desideri. All'improvviso mi ritrovavo catapultata in una vita che non mi sembrava più mia, lontano da tutto ciò che mi era stato familiare per vent'anni. Mi sentivo sola. Un vuoto nel petto si fece spazio cancellando il battito accelerato.

Una solitudine lancinante si fece spazio dentro di me prima che io potessi fermarla.

Mi mancava papà. Mi mancava qualcuno che mi guardasse negli occhi e capisse quanto tutto ciò fosse difficile per me, e che mi dicesse che sarebbe andato tutto bene. Qualcuno che mi conoscesse per davvero, senza giudicarmi. Desideravo un abbraccio, uno di quelli forti e sinceri, caldo e rassicurante.

Versai l'acqua nella tazza mentre la vista mi si appannava. La prima lacrima cadde nella camomilla e si dissolse in una serie di piccoli cerchi concentrici come una solitaria goccia di pioggia che affoga in una pozzanghera.

CLAYBORNE BLUESWhere stories live. Discover now