epilogue.

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«Dobbiamo per forza stare qui? È freddissimo!»

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«Dobbiamo per forza stare qui? È freddissimo!»

«Basta lamentarti, tutto è iniziato qui, quindi staremo qui».

«Stronzate, non è vero che è iniziato tutto qui!»

Sbuffai, aggrappata al davanzale alla ricerca del gradino in cui avrei dovuto appoggiare la punta del piede. Eppure, non riuscivo a trovarlo. Era passato troppo tempo dall'ultima volta che avevo fatto quella follia, e la giacca invernale mi impediva di vedere dove mettevo i piedi.

Le mani di Dante arrivarono in mio soccorso, e mi afferrò dai fianchi.

L'odore pungente della sigaretta mi raggiunse in un secondo.

«Va bene, volevo solo evitare di passare dell'altro tempo con i nostri genitori, queste feste mi stanno facendo impazzire» si lamentò.

Trovai il gradino con il suo aiuto e mi voltai a guardarlo, sulla scala antincendio, nella flebile luce artificiale della città che si stagliava sugli edifici, e nessuna traccia del sole. Era ormai calato da un pezzo, tra le nuvole lontane, e ora il cielo era di un nero cupo che lasciava intravedere solo il bagliore della luna, nascosta dietro qualche grattacielo.

Avevamo appena stappato la bottiglia di spumante con la mamma ed Humphrey, che erano poi corsi dai vicini per proseguire con i festeggiamenti dell'ultima notte dell'anno, o la prima dell'anno nuovo. Non erano voluti andare a nessuna festa in giro per la città perché sapevano che noi non li avremmo seguiti, e a detta loro preferivano trascorrere una bella serata con i propri figli, e festeggiare con le altre persone quando sarebbe arrivato il momento. Avevamo cenato insieme, infatti, la mamma si era data da fare e l'avevo aiutata anche io, mentre Humphrey e Dante si erano occupati di apparecchiare e andare a comprare le ultime cose. Poi, dopo che avevamo brindato nel centro della sala, i nostri genitori avevano deciso che a mezzanotte e mezza la notte era ancora giovane, e si erano ricordati che Alexa Sewell aveva organizzato un'enorme festa nell'attico all'ultimo piano. Pensai che forse era anche una festa di bentornato per Rufus, che avrebbe scontato lì la detenzione domiciliare con una nuova e brillante cavigliera elettronica.

Dante non aveva perso tempo a trascinarmi lontano da occhi indiscreti, lontano dalla sala, lontano dal tavolo ancora pieno di cibo dalla cena appena conclusa. Non c'era più nessuno nel 92B, ma a lui non importava.

Sulle scale eravamo sicuri di essere solo noi.

New York brindava ad un nuovo entusiasmante inizio con i fuochi d'artificio lontani, i petardi, le urla dei ragazzini per le strade e degli adulti nelle case con le grandi terrazze e le finestre spalancate. I buoni propositi per l'anno nuovo brillavano nel cielo come stelle. L'aria era gelida, i tetti coperti di ghiaccio.

Ci sedemmo sui soliti gradini, uno accanto all'altro.

«Hanno parlato di andare ad Aspen il prossimo Natale» dissi.

CLAYBORNE BLUESWhere stories live. Discover now