12. public relations

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Andare alle feste non era proprio mai stato il mio hobby preferito. Da tipica introversa, avevo sempre preferito una tazza di caffè o di tè in buona compagnia, in un bar dalle luci soffuse e l'atmosfera rilassante. A volte, andava bene persino Starbucks. Poi era arrivato Peter, che invece amava le feste, e avevamo iniziato a frequentarle assiduamente, quasi ogni weekend. Era lì che aveva trovato la sua compagnia di amici, tra cui Sylvie. Avrei dovuto capire subito che Peter non faceva per me, e che potevo risparmiarmi tutto il tempo trascorso con lui e alle feste, con la musica altissima, i corpi sudati che si scontravano e spintonavano, l'alcol a fiumi e i mal di testa da sbornia.

Quando mi ero trasferita a New York di certo non pensavo che appena un mese dopo mi sarei trovata ad un'altra festa. Ma almeno, in quel caso, speravo che fosse una festa da adulti, elegante, senza la vodka ma col vino, con musica alta ma non assordante, belle decorazioni e una bella casa.

Alla fine sì, i miei desideri erano stati esauditi: Alexa Sewell avrebbe tenuto la festa a casa sua, al quindicesimo piano, nell'attico più spazioso di tutti, con le vetrate lungo ogni lato per mostrare il meraviglioso skyline di New York, con le luci accecanti degli edifici, il luccichio dell'oceano in lontananza e la luna piena a regnare nel cielo scuro.

Era semplicemente un mondo che non era il mio. Papà non mi aveva mai fatto mancare niente, non potevo di certo lamentarmi, ma a Pittsburgh non c'erano sfarzi, né attici. C'era solo la nostra casa di mattoni rossi, un po' industriale, su appena due piani, ma solo perché molto stretta. E non c'erano feste di compleanno a cui bisognava andare ben vestiti.

«Danny, andiamo, prendimi il braccio» borbottò Humphrey, davanti all'ascensore.

«Scordatelo» ringhiò il figlio.

Quando la mamma aveva detto che sarebbe stato un miracolo tirare fuori Humphrey e Dante dal nono piano per la festa, non scherzava affatto. Erano volati insulti e litigi per tutte le ventiquattro ore che ci avevano separato dalla grande occasione. Prima perché Dante pensava che scherzassero quando avevano accennato al fatto che sarebbe dovuto andare anche lui, poi perché nessun vestito pareva andare bene, e poi perché sarebbe stata una catastrofe.

E dovevamo solo salire sei piani.

Infilai le scarpe, che pur essendo scarpe col tacco mai indossate prima mi era stato proibito usarle sul parquet, e uscii dall'appartamento insieme alla mamma.

Bastò chiuderci la porta alle spalle perché Humphrey ignorasse il figlio per dedicare il suo sguardo solo alla mamma, che decisamente non scherzava quando aveva detto che ci saremmo dovuti vestire bene. Oltre ad essere alta e in ottima forma, infatti, la slanciavano un paio di pantaloni neri eleganti dal tessuto lucido stretti in vita con una fascia color carne, che univa il top di tulle e lo strato che scendeva lungo la sua schiena come un mantello misterioso, o uno strascico corto.

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