13. strangers playing around

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Nessun altro appuntamento era segnato dopo il 2 settembre. Digitai allora il nome dell'avvocato nella barra di ricerca dei documenti e mi si aprirono svariati pdf. Erano contratti. Erano numerati, tra l'altro, e fatture rilasciate in mesi diversi con numeri differenti. I pagamenti erano tutti da Rufus verso Arnold Root. Aprii la cartella che era denominata con il nome dell'avvocato e presi a leggere le prime righe che riassumevano il lavoro svolto insieme. Trovai due nomi, le due signore a cui Rufus doveva pagare gli alimenti, e poi un terzo, Jacqueline Leonard, deceduta. Sembrava che si fossero sposati molto presto, giovanissimi. Lei aveva mantenuto il suo cognome.

Ritornai al calendario, e controllai il 16 settembre, giorno in cui Arnold Root era stato trovato morto. Vi trovai segnata una riunione telematica di due ore per la lettura di una sceneggiatura.

La porta si spalancò.

Il cuore mi si fermò e per un istante smisi di respirare, mentre lo stesso Rufus si lasciava alle spalle la festa e sbatteva l'uscio.

«Signor Sewell!» esclamai, decidendo che l'attacco era la migliore delle difese. «La stavo proprio cercando!»

Lui sobbalzò e si voltò verso di me in un lampo. Sgranò gli occhi, nel vedermi vicino alla sua scrivania. Strinse i pugni lungo i fianchi e a grandi falcate si fece avanti nella stanza.

«Che cosa ci fai qui?» chiese, alzando la voce. «Sei la figlia di Caroline, vero?»

«Amelia, sì» sorrisi.

Mi chiesi se avesse un debole per tutte le ventenni o se fosse speciale Dakota. Così mi morsi il labbro inferiore e scivolai lungo il bordo del tavolo, per passargli avanti, ed evitare che vedesse che il computer era acceso.

«Non puoi stare qui» sbottò lui.

«Volevo parlarle a quattr'occhi» mormorai io.

Lui si rilassò per un istante. I suoi piccoli occhi azzurri ricaddero sulle mie gambe e io gli avrei volentieri vomitato in faccia. Ingoiai quella sensazione, perché non potevo di certo permettermi che scoprisse che stavo frugando tra le sue cose. Infilò le mani nelle tasche dei pantaloni eleganti, ingessato nel suo completo costoso.

«Di cosa? Vuoi una parte in un film? Sei un po' bassa, ma non sei male...»

«No, no» lo fermai, prima che potesse offendermi con le sue considerazioni. Risi, un po' perché era davvero esilarante pensarmi nel cinema, e un po' perché dovevo scaricare la tensione che mi faceva tremare le dita. «Volevo parlarle di Arnold Root».

«Arnold?» Corrugò la fronte. «Perché dovremmo parlare di Arnold?»

«So che vi conoscevate».

«Conoscersi... andiamo...» scosse la testa, quasi ridendo, e si grattò il mento liscio. «Perché mi chiedi di Arnold? È un suicidio, è una storia vecchia. Terribile, ma vecchia».

CLAYBORNE BLUESWhere stories live. Discover now