19. the remarkable law

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La detective Jane Tao piombò nel salotto del 92B quel mercoledì pomeriggio

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La detective Jane Tao piombò nel salotto del 92B quel mercoledì pomeriggio.

Dante aveva ragione, come la maggior parte delle volte. La mamma non si era data per vinta. Era bastato che io mettessi un piede fuori dalla stanza, siccome avevo deciso che ero troppo giovane per morire di fame o di sete, ed era tornata subito all'attacco, come se non avessi trascorso tre giorni rinchiusa in una stanza a chiedermi che diavolo avrei dovuto fare, come se non l'avessi ignorata ogni volta che era venuta a bussare.

Mi aveva chiesto di Root. Mi aveva chiesto della cartellina, e io ero rimasta in silenzio. Ma poi aveva accusato Dante, aveva ricominciato con quell'assurda storia in cui era colpa della sua cattiva influenza su di me, con quel suo comportamento maleducato, e non ero più riuscita a stare zitta perché, invece, era tutta colpa mia. Dante mi aveva guardata di sottecchi come a dirmi che non l'avrei dovuto fare per forza, ma alla fine avevo confessato. Non tutto, ovvio. Solo di essere entrata nell'appartamento di Arnold Root.

«Ne avevo bisogno. Ne ho bisogno per l'esame di fiction» spiegai, perorando la mia causa.

«Hai infranto la legge, Amelia!» sgridò la mamma. «Potresti finire in prigione!»

Emisi un flebile gemito. Aveva ragione, ma quella storia mi aveva assorbita più di qualunque altra cosa da quando ero arrivata a New York, al Clayborne, e aveva riempito le mie giornate. Era stata una coincidenza, o forse no, ma doveva esserci per forza un motivo. Era la mia storia.

«Mi dispiace» dissi, sincera. «Ma non avevo altro da raccontare. Senza queste indagini non avrei avuto neanche l'1% di possibilità di passare l'esame della professoressa Anelise Harris. È il più importante del semestre, ed è il mio primo semestre alla Columbia. Non volevo portare qualche rifacimento di storie già viste e riviste».

La mamma scuoteva la testa.

«Non è una buona motivazione, Amelia. È pericoloso, è illegale, ti saresti potuta mettere in guai davvero seri».

Si portò una mano tra i capelli lunghi, li spostò dalle spalle facendoseli ricadere sulla schiena. Era chiaramente combattuta e, dopo aver trascorso svariati minuti a farmi la ramanzina, non aveva più argomentazioni a suo favore. Né parole per descrivere quanto sbagliate fossero le mie azioni.

Humphrey, dal canto suo, se ne stava accanto a lei con le braccia incrociate sul petto, sul maglione infeltrito.

«Amelia, apprezziamo il tuo spirito di iniziativa, ma...»

«Humphrey!» esclamò la mamma, con gli occhi sgranati.

Lui le lanciò una breve occhiata interdetta. «È da apprezzare la sua tenacia, tesoro. Non credi?»

«Sei impazzito?» chiese la mamma. Poi tornò a rivolgersi a me. «Quello che hai fatto è sbagliato, Amelia. È pericoloso! Per fortuna non è successo niente di grave, ma...»

CLAYBORNE BLUESWhere stories live. Discover now