2 // Pizza pazza

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Non avevo mai visto mio fratello impegnarsi così tanto per impastare una pizza.

Di solito era mamma a farlo e lui se ne restava sul divano a giocare con la Play mentre io venivo prelevata dalla mia camera e portata in cucina per aiutarla.

Anche se il dolore alla testa era sparito da qualche giorno, i miei genitori non volevano lo stesso che io mi sforzassi troppo, così Gideon si era offerto di aiutare la mamma con l'impasto.

Era un bravo ragazzo, ma quando si parlava di aiutare con le faccende in casa scompariva "misteriosamente" dalla circolazione dicendo che "doveva studiare per un esame importante".
Però quella sera era più che reattivo e fin troppo sorridente.

"Qua gatta ci cova" pensai riducendo gli occhi a due fessure. "Strano, molto strano".

Indietreggiai lentamente, abbandonando la cucina, e tornai in salotto dove mio padre stava guardando il telegiornale a volume fin troppo alto.
Appoggiai i palmi delle mani alle orecchie e mi avvicinai lentamente, osservando le scritte scorrevoli a caratteri cubitali.

VENDITORE DI HOT DOG ASSALITO DA UN GRUPPO DI VECCHIETTE VEGANE ARRABBIATE. UNO DEGLI SPETTATORI: "NON HO MAI VISTO NULLA DI SIMILE"

Il mio sguardo incontrò quello di mio padre. Rimanemmo in silenzio per qualche secondo, poi scoppiammo entrambi a ridere.

«Brooklyn è strana» commentò mio padre tra una risata e l'altra. Riuscivo a vedere delle piccole fossette nascoste tra la sua barba scura.

Mi sedetti accanto a lui sorridendo. «Ma è per questo che mi piace! Le stranezze portano sempre qualcosa di insolito, e io adoro le avventure»

«Sì, ma spero per te che tu non ne viva troppe, la tua ultima avventura ti ha obbligata a stare a casa per più di una settimana»

Feci spallucce. «Meglio, così mi sono risparmiata la vista di quella strega della professoressa di storia»

«Chi?»

«Miss Callagan, hai presente? Quella che sembra vecchissima ma ha solo cinquant'anni, sempre col muso e con quegli orribili occhiali rossi dalla montatura appuntita... quella che al colloquio avevi scambiato per un'inserviente e ti stava per tirare la sua borsetta»

Mio padre sembrò cadere dal pero. «Ah! Ho capito! Sì, come dimenticarla...» Sbirciò in direzione della cucina, poi tornò a guardarmi e disse a bassa voce: «Non dirlo a tua madre, ma a volte quella tua insegnante mi ricorda la nonna: scorbutica come lei»

Scoppiammo ancora in una fragorosa risata. Aveva ragione, la nonna era sempre così severa e faceva delle preferenze. Stravedeva per Gideon, per la sua ottima condotta e per il suo portamento, inoltre, da quando lui si era iscritto in palestra, non faceva altro che complimentarsi con lui per i suoi bicipiti.

Con me invece era più severa, diceva che ero uguale identica a mia madre e lei non sembrava averne molta stima da come la trattava ogni volta. Eppure mia mamma era la persona che più ammiravo al mondo assieme a mio padre e a mio fratello.
Volevo essere forte anche solo la metà di quanto lo era lei, sia fisicamente che mentalmente. Possedeva un grande autocontrollo, unito alla forza che metteva ogni volta per pulire casa quando io e Gideon eravamo ancora troppo piccoli per aiutarla. Una volta ricordo di averla vista sollevare il divano con una mano e ne ero rimasta così stupita che credevo fosse qualche sorta di supereroina.

Poteva avere un grembiule al posto del mantello, ma era la mia mamma e per me sarebbe sempre stata il mio punto di riferimento maggiore.

«Arthur, mi vai a prendere il sugo in dispensa?» chiese lei dall'altra stanza.

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