18 // Perché i buoni vincono sempre

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// Charlotte //

Sbadiglio stiracchiandomi la schiena.
Non dormivo così bene da giorni ormai e devo ringraziare Ulegard per questo.
I suoi allenamenti sono sia pratici nel combattimento ma anche nella vita quotidiana, come l'incantesimo sui toasts che ho raccontato ieri ai miei amici e come le piccole dritte sulle tisane da bere la sera.

All'inizio ammetto che non mi fidavo di lui, sembrava troppo ambiguo e gentile, ma ora lo conosco meglio e posso assicurarvi che è una brava persona. Anche la sua assistente, Marisol, lo è.
Molto spesso lei se ne va ad orari improbabili o nel mezzo di una discussione inventando scuse poco credibili.

Dai, nessuno dimentica più il forno acceso a casa, lo sappiamo tutti che spreca troppa energia per permettercelo.

Non so dove vada ma ogni volta, quando torna, è sempre così felice che mi viene il dubbio che ci possa essere qualcuno nella sua vita.
Ma forse mi sbaglio, la conosco troppo poco per fare alcune supposizioni su di lei.

Sbadiglio ancora, mi alzo e mi appiattisco il più possibile i capelli. Niente da fare: come ogni mattina sembrano un cespuglio scomposto.
Non fraintendetemi, adoro i miei capelli, però vorrei poterli dominare di tanto in tanto senza ricorrere a tagliarmeli corti.

Infilo ai piedi le ciabattine pelosette con un paio di orecchiette da coniglio che sbucano dalla parte anteriore e mi avvio fuori dalla mia camera.
Saluto mentalmente gli innumerevoli pupazzi disposti su un piccolo divanetto grigio ed esco.

Non faccio in tempo ad arrivare in cucina che i miei fratelli mi sbarrano la strada tre volte, girandomi intorno e usandomi come divisore mentre giocano ad acchiapparella.

Malik, il più piccolo, che ha appena compiuto sette anni, mi spinge contro Nick che ha solo un anno in più di lui.

Marvin invece è sul divano che si sfoglia tranquillamente un fumetto. Ha un anno in meno di me, va nella mia stessa scuola e anche lui è a casa.

Alla festa di Halloween non era venuto per colpa della febbre e ringrazio il cielo che ce l'avesse avuta proprio quella sera.

Mio fratello alza lo sguardo dal fumetto e mi saluta con un cenno del capo. La felpa rossa sembra stargli più piccola rispetto a qualche settimana fa.

"Sta crescendo" mi ritrovo ad ammettere. "Ed è più alto di me ormai."

«Buongiorno, Charlie» mi saluta mio padre, dandomi un bacio sulla fronte.

Noto che tiene in mano il suo sacchetto con il cibo e l'acqua: sta andando a lavoro.
Lo saluto anch'io con un bacio sulla guancia barbuta e lo guardo uscire di casa in fretta.

Vado a fare colazione, ma anche lì non ho pace. Nick e Malik, quei due malandrini, continuano a gironzolarmi intorno, sbattendo ovunque.
Non c'è da meravigliarsi se poi hanno tutti quei lividi addosso.
Ma basta un'occhiata di mamma per rimetterli in riga.

Vorrei avere almeno la metà coraggio di mia madre e dello spirito di sacrificio di mio padre.
Sono i miei eroi e voglio essere all'altezza delle loro aspettative, specialmente quando loro non ci sono e mi affidano la responsabilità della casa e dei miei fratellini.
Quando lo facevano, Marvin si prestava a darmi una mano a gestire quei due piccoli tornado che erano appena ritornati a rincorrersi.

«Doppio strato di panino al cioccolato» constata Marvin sbucando da dietro. Pensavo che stesse leggendo! «Charlotte, Charlotte, Charlotte... lo sai che ti voglio bene?»

Sbuffo e stacco un pezzettino di pane dal mio panino. Glielo porgo e lui lo divora.

«Gràffieh» dice mostrandomi un pollice all'insù mentre torna in salotto.

Finisco velocemente il mio panino prima che qualcun altro mi chieda un pezzo, poi torno in camera a cambiarmi.

Ho ancora un tema di letteratura da sviluppare e poi potrò dire di aver finalmente finito i compiti assegnati per la prossima settimana, dove dovrebbero rendere finalmente agibile la scuola.

Qualcuno suona alla porta. Papà si è dimenticato il telefono un'altra volta? Mamma continuava a rimproverarlo perché si dimenticava sempre qualcosa ogni volta che se ne andava, ma i litigi duravano poco e si concludevano con un bacio pieno di amore.

Ancora in pigiama, vado ad aprire la porta del nostro appartamento.
Al posto di mio padre trovo Bryn, infreddolita, con la mollettina blu che significa che sta attraversando un momento triste.

La accolgo con un caldo abbraccio e la invito ad entrare.

Marvin si drizza immediatamente sulla schiena, posa i fumetti e si sistema rapidamente i vestiti prima di salutarla vivacemente e raggiungerci.
Si offre di toglierle il giubbotto blu e metterglielo sull'appendiabiti come un vero gentiluomo.
No, c'è qualcosa sotto, una stupida cotta o un modo per fare colpo su una ragazza più grande.

«Pussa via, maggiordomo» dico allontanandolo. «Io e lei dobbiamo parlare in privato»

Marvin inarca sospettoso un sopracciglio, ma non aggiunge nient'altro. Si volta offeso e torna sul divano a leggere il suo fumetto mentre Nick e Malik gli ronzano intorno ridacchiando e provando a rubargli i calzini.

Porto Bryn nella mia stanza, sfoggiando il più possibile le mie morbide pantofole con le orecchie da coniglietto.

«Scusami se è un po' in disordine, mi sono appena svegliata» dico, iniziando a rifarmi il letto.

«Non preoccuparti, semmai scusami tu per essermi autoinvitata a casa tua»

«Ehi, non dirlo neanche per scherzo! Mi fa piacere ricevere visite» Sbatto una mano contro il cuscino per appiattirlo, poi lo adagio sul letto con precisione. «Hai una faccia da funerale, Bryn, dimmi tutto»

Le faccio cenno di sedersi sul letto appena rifatto. Le prendo gentilmente una mano e le sorrido cercando di infonderle un po' di sicurezza.

«Ho paura» ammette. «Paura di perdervi tutti. Mancano tre giorni al ritorno di Ecate e sono al punto da capo. Non posso batterla, non posso fare niente contro di lei e non sono nemmeno sicura che dopo la mia scelta voi viviate. Forse vi ucciderà subito così non avrò più motivi per vivere una vita fuori dalla cerchia degli Adepti» Mi guarda e noto che i suoi occhi smeraldo si sono riempiti di lacrime. «Charlotte, non so cosa fare»

Forse lei non lo sa, ma io sì. La abbraccio forte stando attenta a non soffocarla.

«Troveremo un modo, c'è sempre una soluzione»

Bryn tira su col naso, asciugandosi una lacrima con la manica del maglione. «E se non ci fosse? E se fossi destinata a perdervi tutti?»

«Non accadrà, io... ci sto lavorando con Ulegard» Ora ho la più completa attenzione di Bryn. «Stiamo provando ad elaborare un piano. Volevo aspettare a dirvelo fino a che la cosa non era certa, ma sì, stiamo pensando a come salvare te e sconfiggere gli Adepti»

«Ma Ecate...»

«Ci stiamo pensando» la interrompo prima che possa tornare nel vortice delle paranoie. «Fidati di me, riusciremo a vincere. E lo sai perché?»

Bryn scuote la testa.

Sorrido continuando a stringerla in un caldo abbraccio. «Perché i buoni vincono sempre» Sembra essersi calmata. «Ora vado in bagno a cambiarmi. Morgan ci aspetta a casa sua?»

La mia amica fa cenno di no col dito. «Ieri sera si è presa la febbre e ora è a letto malata, ma non preoccuparti, ci sono Gideon e Lidia a prendersi cura di lei»

«E noi cosa facciamo?»

Bryn sbuffa asciugandosi le guance umide. «Rimaniamo nel bar dello zio di Tyler»

«Quindi niente parchetto?» chiedo speranzosa.

«Se gli stregoni ti hanno detto di andare allora-»

«No no, va benissimo così. Avviso Marisol che oggi non riesco ad andare ad allenarmi, ho bisogno di una pausa. Ulegard sarà pure un bravo maestro ma ad essere sincera è fin troppo esigente per una come me che ha appena ricevuto dei poteri in un modo anche parecchio insolito»

Guardo la porta del bagno di fronte a quella aperta della mia camera. «Torno subito, intanto tu ricorda: i buoni vincono sempre. Noi siamo i buoni, Bryn, vinceremo. È una promessa»

// PARALLEL //Where stories live. Discover now