Geremia

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Giochiamo a banchetto con carte napoletane per oltre un'ora e ci accorgiamo che questa volta stranamente non è Lino che sta ripulendo tutti ma Giuseppe, chiamato Peppino Il Breve per via del suo misero uccello. Oggi è la sua giornata fortunata, ogni volta che il banchiere alza un mazzetto lui ha per lo meno un ciuccio, è davvero difficile superarlo.

Enrico sbuffa come un dannato, come al solito non va per il sottile e non gliele manda a dire, la sua schiettezza nel linguaggio è riconosciuta da tutti:

«Mi stai facendo innervosire, il tuo sedere è come quello di una vacca argentina, hai più fortuna tu che tua sorella quando aspetta i clienti sul bordo della statale sotto Massafra!».

Le volgarità che riesce a ideare volta per volta superano di gran lunga le parolacce degli scaricatori di pesce a Taranto vecchia! Qualsiasi frase ha sempre uno sfondo sessuale, spesso non riusciamo neanche a ridere per le pesanti offese che lancia. Non se ne accorge, ma non riesce a frenare la sua linguaccia nonostante un giorno le abbia prese di santa ragione da un ragazzo del quartiere San Nicola. Mentre passava gli ha latrato addosso la sua voce pacioccona:

«Dove devi andare che cammini come una femmina?».

Il tipo, anche se abbastanza smilzo e in apparenza molto timido, è cintura nera di kung fu, in pochi secondi lo ha travolto di schiaffi e calci come in un film di Bruce Lee lasciandolo steso per terra, tramortito! Qualcuno pare lo abbia sentito borbottare: << 'A fess d sordt!>>

Ora sono due le ore trascorse, Vincenzo ha quasi perso tutto, punta il suo ultimo "Lanciostory" sul mazzo centrale e stringe speranzoso i pugni avvicinandoli alla sua bocca. Il Breve lo solleva lentamente, per creare suspense osserva prima il cielo e poi emette un " hooooo" e....

È un asso di bastone che ci fa esplodere in una ricca, quanto ingenerosa risata.

Partita finita per l'antipatico Scorvo. Sfiata come un toro, paonazzo sfoga la sua rabbia rivolgendosi ironicamente a Geremia che sta procedendo come sempre a passo veloce davanti al nostro gruppo riunito sulle scale di Filomena La Pazza.

L'uomo settantenne, conosciuto da tutti, sfila con la sua imponente figura senza girare la testa dilatata e sproporzionata. Persona famosa in paese, crea attenzione il suo volto arenato nei solchi delle rughe che si estendono sulla grande faccia con orecchie a sventola alzate come bandiere al vento e con in bocca un solo incisivo che mostra senza incertezza quando ride.

Sì, perché lui ride sempre.

«Geremi', quando andiamo a fare la guerra?».

«La Putten d Mamt, domani sera».

Risponde ridendo come "Picchiarello" e scappa.

Ogni volta assistiamo alla stessa scena, si comporta sempre allo stesso modo abbinando una parolaccia diversa. La gente del quartiere si diverte a fargli la solita domanda ogni volta che lo incontra, e per questo motivo probabilmente corre sempre come un matto.

Io penso che Geremia soffra di uno stato cognitivo per cui è costretto a dire parolacce ogni volta che si innervosisce, ho anche visto un programma in tv che parlava di un ragazzo che si comportava in modo simile: è semplicemente una malattia!

Provo solo tenenerezza. Voglio un gran bene a quell'uomo che intanto ha già raggiunto la salumeria più avanti e ripetuto "domani sera" almeno ad altre quattro persone. Mai avuto a che fare con lui tranne una volta quando l'ho incontrato da solo, non gli ho rivolto nessuna domanda, soltanto un umile buongiorno e lui... lui stranamente si è bloccato. Mai lo avevo visto fermo se non in chiesa, mi ha guardato sorpreso dall'alto in basso in un modo strampalato, si è piegato avvicinandomi la sua figura, ha spalancato per un attimo gli occhi e senza darmi alcuna risposta ha continuato il suo percorso rallentando la corsa mentre io sono rimasto atterrito a bocca aperta.

Su di lui raccontano di tutto, mi ha incuriosito una misteriosa leggenda secondo la quale, durante la seconda guerra mondiale, Geremia faceva finta di essere il matto del paese per non essere arruolato e poi andava a letto con le mogli rimaste a casa, sole, senza compagni e in cerca di calore umano. Ogni tanto, pare che qualcuno camminando vicino casa, sentisse la sua strana voce esclamare sempre la stessa frase:

«Quant'èèèèè doooolce...».

No, non è l'unico personaggio strano in paese, passeggiando fra le vie principali è facile incontrarne altri ancora più bizzarri. Ianjlin, per esempio, d'estate lo notiamo nella piazza principale nel primo pomeriggio assolato, mentre, piroettando come una ballerina, cerca di afferrare invano la sua ombra. Dall'altra parte della strada una frotta di curiosi fermi con la Raffo in mano osservano la scena e di tanto in tanto fanno partire un applauso facendolo sentire un prezioso protagonista.

Vengono chiamati "pazzi", anche se alcuni non lo sono affatto. A volte presi come bersaglio e scherniti da gente incolta che pensa di divertirsi in questo modo. Accade a Palagiano, come nell'intero Sud, la noia e a volte l'ignoranza danno luogo a comportamenti che sono degni di uomini primitivi, coinvolgono i "diversi" solo per il gusto di provare la rara sensazione di sentirsi migliori.

No, tutto questo a Milano non succede.

Sarò strano anch'io, ma alcune volte avverto un forte bisogno di stare con loro, ascoltare ciò che davvero pensano di noi "normali" e conoscere le loro storie, come hanno vissuto l'infanzia, se da quindicenni hanno mai amato una ragazza e...

se il loro primo amore lo conservano ancora nel cuore.

Come me, che da questa mattina non faccio altro che pensare a... Mariella.




TANTA VOGLIA DI LEIWhere stories live. Discover now