IL RITARDO

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Farmi coccolare dal cuscino la mattina nel letto è sempre stata una delle mie perversioni preferite.

Qui, sotto il Big Ben con i tassisti che spesso mi offrono la colazione.

Stamattina, COME TUTTE LE ALTRE MATTINE, penso che...

Che non ho ancora fatto l'amore! Ma non produco risultati utili, dopo aver rimuginato a lungo, ancora una volta decido che aspetterò con calma la mia prima volta.Certo, so già di certo come sarà: avverrà di giorno, proprio qui in casa mia, durante una fitta pioggia che oscurerà il cielo, non completamente, il giusto per avere in stanza una penombra piacevole. L'atmosfera sarà cullata dolcemente dalle note di "Nascerò con Te" dei Pooh e tutto si svolgerà tra le lenzuola di un letto a doppia piazza con il rumore dell'acqua battente sui vetri e un tuono che canterà più forte spingendo la mia donna tra le mie braccia.

E intanto mi alleno ogni mattina, quando in stanza sono solo!

E infine abbraccio il guanciale imitando Klarc Gable mentre bacio Lei all'ombra dell' "orologione", scrutando con l'occhio sinistro i taxi neri fermi al semaforo ancora verde.

Il silenzio della casa, anche se insolito, mi dona una pace interiore, mi sento un vero buddista nel tempio delle montagne nepalesi con un manto di pecora addosso e l'odore dell'incenso che viene momentaneamente sostituito dal profumo dei fagioli in cottura nella pignata posta nel forno a legna in cucina.

Mattinata strana, non si sentono le lamentele di mamma rivolte a mia sorella per via delle voci che girano sul nuovo fidanzato e su cosa  pensa il vicinato quando lo vedono uscire dallo Struttilicchio, appagato come quando ha vinto la tua squadra del cuore con un rigore assegnato in "zona Cesarini"e con una sigaretta in bocca appena accesa con la mano sulla spalla di lei.

«Ma l'hai sentita Cumà Rosa? Dice che "quello" assomiglia a un boss della malavita. Vergognati!».

È una discussione che si ripete ogni mattina da mesi, mia sorella ormai è assuefatta dalle solite parole, a lei non importa nulla se non il suo incantato sentimento di amore folle per il ragazzo invidiato dalle tante zitelle acide e represse del paese che non aspettano altro che fidanzarsi con il primo arrivato.

Rocca si sente orgogliosa e felice. Fino a pensare già di organizzare un viaggio da zio Rocco per i primi acquisti del corredo, quella foto incorniciata non le va giù, vorrebbe scattarne una completamente sua e finalmente sostituirla con una tutta nuova, semmai a forma di cuore. Ha fretta, ha sempre fretta per qualsiasi decisione, brucia i tempi come Mennea i 200 metri, e io l'adoro anche per questo e per la voglia di vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo della sua giovinezza. E mi fa divertire per i capelli che acconcia ogni giorno in modo diverso cambiando tinta mensilmente fino al punto da non sapere più quale sia l'originale.

«Quando sarai pronto ti tingerò quei capelli lunghi che ti ritrovi e trasformerò quella faccia da ragazzo normale, anche se ti vesti in città da "Jeff"... Se vuoi fidanzarti con ragazze bone devi osare e provare a fare l'anticonformista, ora si usa così!»

Sento finalmente i passi di mia madre che scende le scale, probabilmente ha raccolto anche oggi le uova dalle galline che alleviamo sul terrazzo, segno che tra poco una "rosata" versione black con tanto San Marzano mi tirerà su e gli zuccheri che arriveranno prepotentemente nel mio corpo mi daranno la carica per un giorno tutto dedicato a Mariella.

«Hai fatto tardi stamattina, il pullman sarà già partito... ».

Avessi sentito un terremoto della settima scala Richter forse avrei alzato la mia schiena più lentamente.

Mi ricordo solo ora di guardare il mio Vetta che segna le otto passate da un minuto. Lancio un urlo che perfino Vituccio con la bottiglia in mano in fondo al bar "Laterza" sente in lontananza, penserà che sia l'effetto della birra sorseggiata di prima mattina. Di lui dicono che vorrebbe smettere di bere da tanto tempo e credo che oggi sarà la volta buona.

«Perché non mi hai svegliato all'orario di sempre? ».

Mi gira le spalle un po' indispettita, ha il solito grembiule che indossa in casa e sarà sveglia chissà da quanto tempo, perlomeno da quando si è alzata per preparare il caffè a mio padre, non proferisce parola, il suo atteggiamento è la risposta alla mia domanda: avrà di certo tentato di farlo ma da parte mia non c'è stata nessuna reazione, nei sogni mi godevo l'ombra dell'orologio londinese.

Cavolo! Dannazione!

Devo farcela, poche centinaia di metri mi separano dalla fermata, devo però prima lavarmi  i denti con Colgate per farmi "spuntare un fiore in bocca" nel momento del mio primo bacio.

Il mio primo bacio?

Rimando anche questa volta nell' intimo subconscio l'evidente realtà, ogni cosa a suo tempo. E intanto mia madre mi porge la cornetta con il viso rivoltato, ha comunque il broncio da mamma, cioè quella cosa strana che ti fa sentire in colpa perché sai che hai sbagliato e lo sa anche lei ma che non te lo dirà mai per non peggiorare la situazione.

L'afferro con tutta la fretta possibile, è tardi, il pullman starà già partendo.

«Mi sa che stamattina non vai a scuola... alla prima occasione ti farò male e ti lascerò spezzato in due, per terra, moribondo... stai attento!».

La gola si chiude per la rabbia, non riesco a pronunciare una sillaba e lui riattacca con una risata maligna.

La strada è già nel pieno della sua attività mattutina, alla voce araba di Benedetta se ne sostituisce un'altra, di stile marocchino:

«Mooooo Laaaaa foooorbiciiiiiiìììììì».

È l'arrotino, gli manca solo il fez sulla testa, trascina il suo motorino del 1959 e cammina lentamente aspettando le mamme in vestaglia che accorreranno per farsi affilare coltelli e forbici.

E ora corro, corro... ma cosa corro a fare? Pullman perso.

In piazza solo Antonio Stacciomn che con la sua solita goffa camminata alla Charlie Chaplin versione "Charlotte" lancia il suo tipico saluto, "L murt tò", ai vecchietti che gli rispondono con poco affetto biascicando sentenze.

Mi guardo in giro,ho furia, ho voglia di sfogare, osservo la cabina telefonica ma non c'è nessuno che possa avere un volto familiare, come la voce anonima che ormai mi perseguita.

Sono solo. Mi sento solo.

E senza di Lei per tutto il giorno, sarò per sempre solo.


TANTA VOGLIA DI LEIWhere stories live. Discover now