SCIOPERO

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Di solito il secondo giorno di scuola non lo ricorda nessuno.

Al Perrone questo non succede; anche qui, come in radio, pare che tutto sia sottosopra, ogni consuetudine decade e qualsiasi legge naturale diventa solo un ricordo.

Stamattina ci sono i Big davanti al portone, una fila disposta minacciosamente in assetto di lotta non fa entrare nessuno, sono tutti alti, figure imponenti e arcigne, tranne uno che non capisco cosa c'entri.

Ah, è Lello e sembra alquanto minaccioso in prima linea!

Gli sguardi furtivi dietro la finestra in segreteria al primo piano palesano curiosità più che debolezza.

Il preside indugia cautamente, immusonito con gli occhi ben stretti diventati asiatici, è in attesa di ulteriori sviluppi, pronto a interporsi solo a fine discussione.

Nuccio, quinta A, ripetente, aspetto da liceale sovversivo, capelli lisci carichi di gel o leccati probabilmente da una mucca, bocca piccina che si perde in un faccione ancora abbronzato, è il primo a prendere la parola lanciando una minaccia secca con un tono di voce austero:

«Stamattina non entrerà nessuno prima che il preside ci dia garanzia assoluta sul funzionamento della caldaia e ci assicuri che i termosifoni scaldino perfettamente».

I ragazzi abbandonano le spalle e delusi lasciano cadere le mani in avanti: è soltanto il due ottobre. I giubbotti sono appallottolati fra le braccia degli studenti che hanno preso la decisione di portarli da casa solo per giustificare l'unico quaderno tra le mani, in attesa dei nuovi libri da comprare. È una mattinata calda, parlare di freddo sembra un po' prematuro. Sarà davvero un valido motivo per scioperare?

Non capisco come abbia fatto il preside ad arrivare lì in pochi secondi accompagnato da un vice mingherlino che forse è la metà di lui:

«Entrate tutti in classe o vi sospendo in massa !».

L'omone con giacca e cravatta non usa mezze misure.

Ha ripreso consapevolezza del suo ruolo assumendo un atteggiamento autoritario, parla senza nessuna cadenza dialettale con la voce di un parlamentare vero, ferma e decisa. La sua criniera bianca incute timore dall'alto dei suoi centonovanta centimetri.

Passano pochi secondi in cui tutti noi veniamo accartocciati dall'incertezza, sembra una sfida da far west: lo sceriffo contro i Sioux. Gli occhiali scuri del preside minacciano la folla, i ragazzi dividono gli sguardi fra lui e i rappresentanti d'istituto che bisbigliando in cerchio determinano il da farsi.

L'indecisione è palpabile.

La ragione ci obbliga a entrare ma l'idea di un "filone" di massa ci tenta ammaliandoci.

Il preside guarda noi e noi intimoriti guardiamo lui. I rappresentanti guardano noi, e noi spavaldamente guardiamo loro.

E solo la voce squillante di Francuccio, detto Nuccio, mette tutti d'accordo:

«Abbiamo capito tutto, non ne perdiamo più tempo stamattina, SCIAMANINN!».

Un boato precede applausi e fischi. È una curva nord dopo il gol del loro attaccante beniamino.

E intanto mi chiedo perché i "grandi" quando si tratta di convincere qualcuno usano sempre la stessa frase:

"Non ne perdere tempo...".

La folla si divide, una parte entra a testa bassa per il timore di una sospensione prematura, l'altra, ormai ben inserita nelle abitudini dell'istituto, gira le spalle nascondendosi nei vicoli della cittadina. Il preside sbraita lanciando ire funeste ai ragazzi che continuano a camminare senza voltarsi, la calma e il pieno controllo della situazione che mostrava fino a pochi secondi fa lasciano il posto a un inconsistente tentativo di far valere la propria autorità:

«Domani tutti accompagnati dai vostri genitori o non vi farò entrare...». Il suo dito medio sembra essere un fucile.

È guerra.

Sono confuso ma scelgo di far parte del gruppo dissidente, è la decisione giusta, per un attimo penso a mio padre, certamente si rifiuterà di accompagnarmi domani mattina a scuola bestemmiando, non dirò nulla ai miei e vedrò di convincere mio fratello ad aiutarmi.

Vedo Mariella che oltrepassa il portone.

Il mio cuore entra con Lei, tutto il resto segue i miei nuovi amici nella parte opposta.

Non è un tradimento, aspetterò in silenzio religioso l'uscita e le chiederò la mano dichiarandole il mio amore, senza vergogna.

Intanto seguo il corteo diretto alla villa grande, dove un vecchietto affacciato ad un laghetto centrale che ospita solo due cigni è in trepida attesa, finalmente qualcosa di nuovo: giovani festanti travestiti da studenti sono in arrivo per rinfrescare l'aria. Giovani comunisti, ovviamente.

Compro MS da dieci, rinuncio alle Pack alla menta che avrebbero dovuto coprire l'alito di tabacco, ma ho capito che non servono a nulla, ogni volta che entro in casa mia madre sbotta con la sua finta ingenuità:

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Compro MS da dieci, rinuncio alle Pack alla menta che avrebbero dovuto coprire l'alito di tabacco, ma ho capito che non servono a nulla, ogni volta che entro in casa mia madre sbotta con la sua finta ingenuità:

«Mado' come mai quando torni a casa sento puzza di fumo?».

Marcella, una mia amica del corso B entra con me nel tabacchino che vende anche mangimi per animali , compra le More, sottili, lunghe e costose.

Le ragazze le fumano pensando di essere sexy; lei potrebbe esserlo solo per il seno che trabocca da ogni parte, ma purtroppo non è molto alta e poi il suo carattere gioioso e divertente rende meno intrigante il suo appeal, di solito le "femmes fatales" sono serie, pensierose e parlano poco, bhè...Marcella è esattamente il contrario.

Ok, io sono pronto.

Sarà una mattinata meravigliosa, lo sento!

TANTA VOGLIA DI LEIWhere stories live. Discover now