Capitolo 5

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Era notte ed io stavo dormendo beatamente, ma probabilmente non tanto profondamente quanto credevo, iniziai a sentire dei rumori, ma non volevo svegliarmi del tutto, perché stavo facendo un sogno bellissimo -purtroppo non ricordo quale-, strinsi gli occhi rifiutandomi di aprirli e continuando a sognare, ma il rumore continuava, incessante come qualcosa che batteva sulla porta con un ritmo ben preciso. Sentii un cigolio e l'aria fredda della notte mi arrivò dritta alla schiena, rabbrividii e tirai su le lenzuola.
Erano gli attimi prima di svegliarmi, o di essere svegliata, quelli i cui sei semi cosciente e ti rendi conto di ciò che accade intorno a te, le parole del mio sogno uscivano dalla mia bocca senza che mi rendessi conto di star realmente parlando.
Gemetti.
E lo feci di nuovo.
E ancora, ancora, ancora.
Schiusi gli occhi dopo un'improvviso rumore, intorno a me c'era buio, proprio come nel sogno che stavo vivendo, forse fu per questo che non mi resi conto di niente, neanche quando vidi la sagoma di Soro nell'ombra che mi accarezzava delicatamente chiamandomi, anzi. Tutto era coerente con quello che succedeva nella mia mente. Ritornai al mio sogno che non sapevo nemmeno di aver interrotto e mormorai: «Fede» con la voce strascicata di chi non si vuole svegliare, ma una risata inaspettata e per nulla inerente con quello che stavo accadendo nel sogno mi costrinse a fare una netta distinzione tra sogno e realtà. Mi svegliai definitivamente dando uno schiaffo a un ladro che era entrato in casa, poi tirai un bel calcio tra le gambe e mi chinai per prendere la mazza che temevo sotto il letto per sicurezza.
In realtà caddi dal letto. Ma immaginai comunque di fare tutte queste cose. -Non ho davvero una mazza-
Dopo essermi resa conto di quello che era appena successo, mi misi seduta massaggiandomi le tempie, cercai a tastoni l'interruttore e accesi la luce. Siri se ne stava audito sul mio letto, ridendo sotto i baffi per fare meno rumore possibile, anche se dopo tutto il fracasso che avevo fatto, era palesemente inutile continuare a fare silenzio.
Assonata com'era non feci molto caso al "cosa cazzo ci fa lui qui" e gli chiesi gentilmente se poteva alzarsi. Mi accucciai sotto le coperte e poi mi tirai subito su.
«Cosa cazzo ci fai tu qui!» gridai spingendolo via dal mio letto, lui fece una faccia buffissima, tra l'imbarazzato e il sorpreso, e poi come se non avessi detto niente mi chiese: «Mi stavi sognando?»
«Che cosa?! È una sciocchezza!» ma nello stesso momento in cui finii di parlare realizzai di non esserne certa, non ricordavo molto del sogno, ma se ci pensavo la faccia di Federico era ovunque, ora sono influenzata dalle sue parole, mi ripetevo per non dargli ragione.
«Oh, sì invece! Mi stavi sognando! Cosa stavo facendo?»
«Niente! Non c'eri!»
«Cosa stavamo facendo?»
«Ero inseguita da un pandacorno! Ero! Al singolare!» inventai, pandacorno? È quasta come mi è venuta in mente?! «È comunque non mi hai ancora detto COSA CAZZO CI FAI QUI!» ci fu un attimo di silenzio e poi notai che: «E COME CAZZO SEI ENTRATO QUI!»
Lui si lasciò andare in un sospiro e disse: «Non potevo sopportare l'idea di non vederti fino a domani mattina»
«NON È UN MOTIV-cos... davvero?» era serio? Sapevo che non era così, ma il modo in cui aveva parlato era così serio, là vie era stata roca, spezzata, sincera, che per un momento non avevo realizzato che scherzava, ma poi non era riuscito a trattare un sorriso divertito, non potevo credere di essermi resa così ridicola, lo conoscevo da un solo giorno -10 anni in realtà- ed era bastato quello perché io lo sognassi,  eppure lui non aveva fatto niente se non parlare ed essere bello.
«Hai lasciato chiuso fuori il tuo gatto e lui è venuto in camera mia, mi ha svegliato e non mi lasciava dormire, continua va a fare miau-miau!» solo in quel momento notai la presenza di Archimede che si muoveva per la stanza, «la tua porta era aperta ed eccomi qui. In camera tua. Di notte. Mentre mi stavi sognando. Ed io sono bellissimo» gli tappai la bocca con il palmo della mano e gli ordinai di stare zitto.
«Se mia madre ti vede qui, si farà strane idee!» ma era troppo tardi, le nostre urla -okay, le mie- l'avevano svegliata. Da sotto la porta vidi la luce che si accendeva, sentii i passi lungo il corridoio, casa nostra non era grande, è tutto il corridoio corrispondeva a massimo sei passi, non persi tempo e spinsi Soro dentro l'armadio, chiusi le ante proprio nel momento in cui la porta si apriva e: «Hey mamma! Che ci fai ancora sveglia a quest'ora?»
«Mi hai svegliato tu, babbuina! Cos 'hai da urlare nel cuore della notte?» disse sfregando di l'occhio con un pugno, aveva un'aria terribilmente assonnata e sue immense occhiaie sotto gli occhi, che fatica doveva essere avermi come figlia! Ma nonostante quel suo aspetto che più che trasandato sembrava zombie, restava bellissima, e poi, che ore erano? Le tre? Le quattro? Di certo non si era fatta bella per venirmi a dire di stare zitta, anche se usiate malesi un attimo i capelli con la mono non sarebbe stata una così brutta idea, sembrava aver voluto provare un taglio un po' diverso dal solito castani liscio, optando per un più sobrio afro arruffato.
«Prima di tutto, non credo che una madre possa chiamare babbuina la propria figlia, e in secondo luogo scusa, ma mi sono dimenticata che Archimede era in camera quando ho chiuso la porta prima di andare a dormire» tratto da una storia vera. Come se volesse confermare la mia versione dei fatti, il gatto miagolò... Da dentro l'armadio. Oh porca!
«L'hai chiuso dentro l'armadio?»
«Già... mi stava disturbando...»
«E l'hai chiuso nell'armadio?»
«Così pare...»
«Povero animale, fallo uscire» disse dirigendosi verso l'immenso mobile, io però fui più veloce e mi misi in mezzo.
«È stato cattivo, questa è la sua punizione» dissi decisa.
«È stato cattivo? Cosa ti avrebbe fatto?»
«Lui mi ha... Mi ha graffiata!»
«Fai vedere»
«Ehm... Non hai gli occhiali, sarebbe inutile»
«Dai! Fammelo liberare!»
«Tra un po' lo faccio uscire, tu vai a letto, ti prometto che non ti sveglierò mai più.»
«Lo dicevi anche quando andavi alle elementari, eppure eccomi qui, 7 anni dopo, sempre nel cuore della notte è sempre per colpa tua»
«Ti voglio bene, mamma» lei mi ignorò e se ne andò chiudendo la porta.
Con uno sbadiglio aprii l'armadio, guardai Archimede sgattaiolare fuori disperatamente, stupido animale! Pensai, quella grossa e grassa palla di pelo arancione combina sempre qualche casino, io l'avevo detto che dovevamo prendere la gatta nera che si leccava tranquillamente una zampa, piuttosto che quello che cercava di arrampicarsi su un albero... non mi avevano dato retta e ora eccolo lì, il gatto più rompiscatole e guastafeste del mondo. Chiusi le ante e poi le riaprii subito, Federico non era ancora uscito.
Sarebbe stato meglio farlo morire lì dentro.
Aveva in mano un mio reggiseno e continuava a rigirarselo tra le mani, glielo strappi ed incrociai le braccia sul petto, lui fece quel tipo di faccia che potete notare in un bambino di  due mesi quando gli viene portato via un giocattolo, ma lui non faceva tenerezza anzi, mi venne voglia di dargli uno schiaffo, ma decisi di non seguire il mio istinto naturale, io non ero come Archimede, selvaggia, ma più come quella raffinata gatta dal pelo nero.
«Sicura che quello non sia troppo grande per te?» ma io dico... Ti sembrano domande da fare?!
«Certo, coglione, non l'avrei comprato altrimenti!» okay forse non ero nemmeno raffinata.
«Interessante»
«Sparisci! E non entrare più qui finché sei vivo!»
«Okay, okay, calma!» disse andando verso la porta del balcone, «fai bei sogni» mi fece l'occhiolino, ma non stetti nemmeno un po' al suo gioco ammiccante, rispondendogli con un bel ghigno. Quando uscì chiusi la porta a chiave e mi rannicchiai sotto le lenzuola. Qualsiasi cosa io stessi sognando ormai era rovinata e lui mi aveva tolto anche il sonno, buonanotte a me, pensai amareggiate e chiusi gli occhi sperando di addormentarmi.
Ebbi la sensazione di non esserci riuscita, eppure alle 7:10 la sveglia suonò e io mi svegliai, non mi ero nemmeno accorta di essermi addormentata, assorta com'ero nei miei pensieri. Mi infilai al volo un paio di pantaloncini e una blusa senza maniche bianca, poi andai in cucina mia madre stava dormendo sul divano con la mano infilata nella busta dei miei Pan di Stelle, cercai di prenderla senza svegliarla, ma ovviamente fallii, lei si svegliò con un sussulto lamentandosi con me perché l'avevo spaventate, okay, era mattina, ma facevo davvero così tanta paura? Non credo! Mi fece posto sul divano ed iniziammo a divorare i miei biscotti preferiti, visto che non avevo potuto sognare fortissimo, avevo la sensazione che non sarebbe stata una giornata da "Magiche Stelle".
E mia madre me ne diede subito conferma.
«La prossima volta che decidi di invitare il tuo ragazzo nel tuo letto digli di fare più silenzio».
Per poco non mi strozzai.
«Sor-finsi di tossire, anche se ne avevo davvero bisogno visto il biscotto che mi stava strozzando- Fede non era con me ieri» mi guardò bieca, con un evidente scetticismo nel suo sguardo.
«Archimede ha imparato ad urlare»
«Certo che no! Ma S-Fede non era qui!»
«Fingerò di crederti» okay, perfetto! Basta che la smetta!
Dopodiché scappai letteralmente via da lei, finendo di prepararmi più velocemente di tutte le altre volte.
Uscii di casa alle 7:50, nel cosa vi steste chiedendo dove fosse la velocità, beh, dovevo anche farmi la piastra e truccarmi!
Ma tutta la fretta non era solo per evitare discorsi imbarazzanti con mia madre, ma anche per evitare questo: appena fuori dalla porta vidi Soro che aspettava l'ascensore, mi maledii mentalmente per essere uscita così presto.
Ho la sensazione che i cancelli per andare dove abitano le Magiche stelle siano stati sbarrati per me! Ma che ho fatto di male!

Autrice: et voilà! Il nuovo capitolo!
Devo dire che sono sorpresa da me stessa, nelle mie precedenti storie, ora eliminate, aggiornavo una volta al mese, quando andava bene!
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Adios💕✨
Ps: perdonate eventuali errori ma sono stanchissima e mi si sta flippando il dito.

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