Capitolo 9

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«Sara? Ehi! Sara, che ti prende?» strabuzzai gli occhi e in un secondo ero di nuovo in piedi, davanti alla finestra aperta, mentre il vento muoveva con forza i miei capelli, chiusi la porta che dava al balcone sotto lo sguardo attento di Federico, «era ora» disse lui, «a cosa stavi pensando?» eheh... vorresti saperlo!
«Niente» esatto, non pensavo proprio a niente ero soltanto stanca e con una grave carenza d'affetto, che forse proprio lui aveva risvegliato con quel bacio provocatorio, quindi tutto questo era insignificante, completamente, totalmente, assolutamente insignificante.
Sbuffai e lui iniziò a raccontare divertito la scena che io mi ero malauguratamente persa, impegnata in pensieri un pochino meno civili di "guarda questa pazza che si è letteralmente eclissata".
Volevo spararmi in testa e far finire di scorrere quelle immagini e soprattutto impedire alla mia mente di elaborare un continuo che quella aveva iniziato a sviluppare, ma più mi sforzavo di non pensarci, più ci pensavo, e la situazione stava degenerando.
Non pensavo nemmeno lontanamente che la realtà potesse avvicinarsi a quel sogno, era impossibile che lui potesse essere davvero così prefetto nel baciare e... e nel resto, eppure sentivo il desiderio irrefrenabile di accertarmene, per quanto mi fu possibile cercai di non dar a vedere che ero distratta ridendo più o meno a tutto quello che diceva, stava raccontando con ironia di quanto si stesse annoiando a casa sua, insomma voleva trovare una scusante per essere venuto da me, o almeno così era apparsa ai miei occhi, citandolo: "Ero così disperato che ho pensato di venire da te, tu dici sempre cazzate" penso che fu quel sempre a far calare il silenzio nella stanza, come se tutti quegli anni in cui lui mi aveva ignorato, in cui ci eravamo ignorati, non fossero mai passati.
Fui io a interrompere quel silenzio assordante.
«Devo provare una cosa» sussurrai appena, «tu non... non dire niente... Non fare niente.» mi guardò parecchio perplesso e non potevo biasimarlo, comunque mormorò un "okay".
Eravamo entrambi seduti sul bordo del letto, uno affianco all'altro, io non avevo il controllo di quello che stavo per fare né tantomeno lo capivo, mi sporsi verso di lui e lo baciai.
Doveva finire lì: un bacio e basta, solo per togliermi quello sfizio un'altra volta.
Ma lui non stette ai patti, gli avevo detto semplicemente di non fare niente, non mi sembrava una richiesta difficile, eppure non riuscì a fare nemmeno quello, il limitato cervello maschile!
Ricambiò il bacio con una morbidezza e lentezza surreale, sembrava tutto così perfetto e quindi finto, penso che fu per quello che nessuno dei due si rendesse conto di cosa stava accadendo, o meglio, che nessuno si accorgesse che ciò stava accadendo nella realtà. Mi mise le mani dietro la schiena e mi avvicinò a lui, il mio battito accelerava, e tanto più battevano forti i cuori tanto più il bacio diventava intenso; mi spinse dolcemente sul letto senza smettere un secondo di baciarmi. Esattamente come nel mio sogno gli cinsi la vita con le gambe, attirandolo più vicino di quanto già non fosse, e mentre con le sue calde labbra lasciava una scia di baci roventi sul mio collo, fui costretta a riprendere il controllo della situazione prima che degenerasse in meglio *colpo di tosse* peggio.
Cercai di avere il controllo sulla mia voce, volevo che le mie parole sembrassero coerenti con i miei desideri.
«Soro» lo chiamai, ma lui non rispose, ignorandomi completamente, allora riprovai: «Fede» sollevò lo sguardo verso di me, «penso che dovremmo fermarci, anzi: ne sono sicura»
«Già...» disse lui con una punta di amarezza nella voce, con uno scatto fulmineo si tirò su, sedendosi di nuovo sul letto, lo imitai e stetti zitta, non perché non sapessi cosa dire, cioè si, anche quello, ma più che altro ero shoccata: era stato esattamente come lo avevo immaginato, forse addirittura meglio, e non riuscivo a non chiedermi fino a dove saremmo arrivati se io non l'avessi fermato. E poi perché lui aveva acconsentito? Perché aveva collaborato? Gli avevo detto di stare fermo, dannazione! Non sarei arrivata a trovare a stento la voglia di controllarmi se lui si fosse stato fermo! 
«Ti avevo detto di non fare niente» gli dissi, volevo sembrare incazzata, ma in un certo senso ero grata che non mi avesse dato retta.
«Perchè lo hai fatto?» non era la risposta che mi aspettavo, non era nemmeno una risposta, il che mi seccava abbastanza, ma ebbi una specie di déjà-vu, sbaglio o i ruoli si erano invertiti?
«Fingevo di essere la tua ragazza» gli risposi sollevando le spalle per imitarlo.
«Tua madre non è qui non devi fingere» sorrise divertito notando anche lui che la scena di poco fa si stava ripetendo, poi mi richiese con un tono più serio: «Perché lo hai fatto?»
E non esagero se dico che la sua voce era talmente profonda da sembrare che si rivolgesse direttamente alla mia anima, rimasi un attimo pietrificata per poi rispondergli che dovevo esercitarmi per quando l'avrei dovuto baciare veramente per finta -scusate il gioco di parole-.
«Forse ora dovrei andare» fu la sua "risposta".
«È probabile»
Lui strabuzzò gli occhi e con sorpresa: «Vuoi che rimanga?!» No! Ehi! What?
«Non ho detto questo!»
«Sei sicura? Perché a me è sembrato il contrario»
«Sicurissima, solo...» quel l'ultima parola mi sfuggì prima che potessi accorgermene, cercai di pensare velocemente a come continuare, mentre lui mi fissava con quei suoi occhi indagatori, «non dirlo a Matt» mi affrettai a dire.
«Macché! Sei pazza? Non sono mica così stupido!» non ne ero certa, io ero per la filosofia meglio prevenire che curare. «Comunque se ti dovesse venire di nuovo voglia di fingere di essere la mia ragazza o di provare qualcosa... fino in fondo, fammelo sapere» mi salutò con un gesto della mano e uscì, quando ormai era già sparito dal mio campo visivo mi lasciai cadere come un peso morto sul letto, sbattendo anche la testa, e lo sentii gridare: «Ci vediamo domani!»
E così fu.
La mattina seguente però cercai di evitarlo il più possibile, e questo voleva dire evitare anche Francesca.
Alla ricreazione scappai letteralmente via da loro e raggiunsi Mattia dal paninaro. Non mi misi troppi problemi a baciarlo in mezzo a tutti, avevo bisogno di ricordarmi che lui era il mio ragazzo e che non l'avrei tradito per nessuna ragione al mondo, perché io amavo quel ragazzo, il suo dolce sorriso, i suoi vivaci occhi azzurri e gli ordinati capelli biondi.
«Cosa ho fatto per meritarmi questo?» disse con un sorriso immenso.
«Essere bellissimo non ti sembra un valido motivo?» lui si chinò e mi diede un bacio sulla fronte con tutto l'amore del mondo, facendomi sentire una vera merda per quella piccola cosuccia di ieri. Pensavo che passare del tempo con lui mi avrebbe fatto stare meglio, ci speravo veramente.
Gli feci compagnia mentre aspettava di prendere il suo panino, mentre lui si lamentava che già lunedì avrebbe avuto un compito in classe e che quella di greco lo aveva preso di mira minacciando di farlo tornare in classe con Soro. Diede 1.50 € al tizio dei panini e mentre ci facevamo strada tra la folla, un cretino spinse Matt facendogli cadere la busta, può sembrare assurdo ma lui non se ne accorse finché non la ricerco per aprirla ed iniziare a mangiare.
«Oh, cavolo! Devo averla dimenticata sul bancone» disse portandosi una mano alla pronta per la disperazione. Io mi misi in punta di piedi cercando di vedere oltre tutte quelle teste.
«Non la vedo, provo a guardare per terra» non ci pensai molto e mi chinai cercando il panino tra i piedi delle persone, «uh! Uh! Ecco! L'ho trovato! È vicino ai piedi con le Hogan!» gli gridai, nel frattempo lui mi chiamava.
«Sara?»
«Non ti preoccupare, la prendo io»
«No, amore, torna su!»
«Ora a quelli con le Adidas!»
Iniziai a gattonare per arrivare ai piedi di quel ragazzo, quando d'un tratto Matt gridò: «Sara... hai la gonna!»
Con uno scatto mi tirai in su, sperando che nessuno mi avesse notato, ma gli occhi di tutti erano puntati su di me, soprattutto occhi maschili. Tornai in piedi con nonchalance, mentre mi sistemavo la gonna, mentre tornavo dal mio ragazzo salutai con un "salve" chiunque mi stesse guardando, era un'abitudine che avevo sin da piccola -in realtà 13-14 anni- quando avevo capito che ero destinata a fare figuracce su figuracce, un modo per... Non lo so perché, semplicemente dicevo "salve" ad un estraneo che mi guardava male con o senso un motivo. Nel frattempo Mr. Adidas aveva portato il panino a Mattia, aveva un'aria familiare, sicuramente erano compagni di classe e l'avevo visto passare in corridoio.
«È la tua ragazza?» gli chiese squadrandomi dall'alto in basso e viceversa, soffermandosi sulla gonna, «carina» disse, rivolgendomi un sorriso ammiccante, Oh Cielo!, «porti anche lei alla festa stasera?»
«Certo!»
«Che festa?» chiesi io disorientata, non sapevo di dover andare ad una festa.
«Stasera, ricordi? Era l'impegno che avevo con Fede» e chi aveva parlato di festa! Certe cose vanno specificate, non lasciate all'intuizione.
«Ah... Okay» in realtà non era per niente okay, ma, anche se lui non lo sapeva, dovevo farmi perdonare, poi si salutarono e ognuno andò per la propria strada.
Gli chiesi chi era mentre uscivamo nel cortile esterno della scuola, lì nessuno mi aveva visto gattonare con la gonna, lì avevo ancora una dignità, ci sedemmo sulle gradinate e lui divise in due il panino dandomi la parte più grande.
«Daniele Floris, non fare caso a lui, cerca solo di imitare Fede» il mio cuore perse un battito e ci misi un po' a riprendere il filo del discorso, lui lo notò perché mi chiese se stavo bene.
«Si, si, benone!» disse a bocca piena mentre masticavo un grosso pezzo di panino, «imita Federico, eh? Bello!» ero così nervosa che sbranai letteralmente la merenda, pensare di rivedere Soro stasera mi aveva reso nervosa.
Sapevo che sarebbe stata una lunga, lunga festa.

Autrice: tadan! Non posso credere di aver pubblicato per due giorni di seguito, sono fiera di me!
Detto questo spero che vi piaccia, nel caso lasciate una stellina ed un commento.
Adios💕

Il Migliore Amico Del Mio RagazzoHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin