Capitolo 7

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Può sembrare incredibile dal momento che alle otto ero già davanti a scuola, eppure quando arrivai in classe c'erano già tutti, incluso il buon vecchio professore di matematica, forse potrò sembrarvi ironica, ed infatti è così! Ma dal momento che in matematica ero piuttosto brava tra di noi c'era un bel rapporto -ero la sua"cocca"-.
«Oh, signorina Melis! Anche quest'anno ci degna della sua presenza» disse con un gran sorriso il prof. Usai.
«Così pare» risposi altrettanto di buon umore.
«Bene, la prossima volta ci faccia la grazia di arrivare prima» erano le 8:15, orario di entrata, qual era il problema? Annuii e andai a posto, Francesca mi salutò con un cenno del capo, mentre il professore ci illustrava il programma dell'anno.
«Riprenderemo il programma dell'anno scorso, partendo dalla parte di geometria analitica riguardante le coniche, poi andremo avanti col programma di quarta. Badate che non siete più al ginnasio! Se volete essere promossi anche quest'anno, vi toccherà studiare, studiare e studiare» nessun problema, come ho detto la matematica non mi faceva paura, è una di quelle materie in cui si deve essere portati, ed io lo ero; ovviamente qualsiasi professore ancora sano di mente lo negherà, rifilandovi magari la storia di quando da giovane non riusciva a cavarne piede, ma poi se ne è innamorato, "Einstein 2: La Vendetta"! Inoltre le loro motivazioni sono sempre le stesse:"La matematica è perfezione e ordine ed è uguale in tutto il mondo", poi Ordine e Perfezione si sono suicidati guardando gli appunti dati alla lavagna e, i professori, non si capiscono nemmeno parlando tra di loro. Mah! Va a capirli! Come se questo non bastasse, sono convinti che la loro materia sia la più importante di tutte ed è per questo che, almeno per quanto riguarda quelli del classico, si sentono offesi nel sapere che gli studenti mettono al primo posto greco e latino, e mi era capitato di assistere a più di una sfuriata tra i professori di una o dell'altra materia.
Dev'essere che mi persi tra le nuvole e che Usai se ne accorse, perché mi lanciò un'occhiata davvero brutta che non potei ignorare.
«Ahiaiai! Melis! Non hai proprio capito un tubo, l'anno prossimo dovrai affrontare un esame ed è meglio che tu stia attenta» mi posò una mano sulla spalla e scosse la testa, «perché non vai ad aiutare Federico con questo esercizio?» cosa? 4 anni di Felice rapporto professore-studente, e ora chiama Soro per nome?? Se le cose stavano così non mi restava che obbedire evitando battutine, le alleanze erano cambiate e lui si era preso il mio professore di matematica e la mia migliore amica, ora che ci penso non mi restava nessun alleato in classe...
Presi il mio quaderno e l'astuccio, fedele compagno dalla prima, andai in fondo alla classe con passi lenti e pesanti, sentivo in sottofondo l'eco delle anime che mi avevano preceduto, con un tonfo mi lasciai cadere sulla sedia.
Ora tutto era finito.
Si, magari!
«Bene, vedi io mi sono bloccato qui, come vado avanti?»
Lo ignorai.
«Ehi?»
Lo ignorai ancora.
«Ci sei?»
Guardai la mia penna, una volta, in un film, avevo visto uccidere un uomo con una penna, premendo semplicemente sulle vene del polso per creare una bolla d'aria, forse avrei potuto provare. Okay, esagero. Solo che mi sentivo estremamente a disagio vicino a lui, aveva quel profumo che mi dava alla testa, forse era una pozione magica per attrarre le ragazze, non che mi sentissi attratta, chiaro, solo stordita.
Mi sentivo come una mosca dopo il DDT, con l'unica differenza che mentre io cercavo di stargli lontana, qualcuno mi spingeva li vicino. Ecco: il suo profumo era il mio DDT. Lui era il mio DDT.
Sbuffai e diedi un'occhiata ai suoi calcoli, erano la morte della matematica.
Presi la penna e cancellai quell'obbrobrio, iniziai daccapo, spiegando accuratamente ogni passaggio.
«Ora lavoriamo alla parte bassa, poi sopra» dissi con nonchalance, ero certa che non sapesse la differenza tra numeratore e denominatore.
«Proprio qui? Ora?» chiese lui cercando di rimanere serio, mentre tratteneva a stento una risatina.
«Certo! Dove pensi di farlo? In
bagno?»
«Beh si» affermò lui con un gesto del capo per sottolineare l'ovvietà della cosa.
Lo guardai senza capire, voleva fare matematica in bagno? E poi ad un tratto l'illuminazione.
«Ma certo!»
«Ora si ragiona!»
«Ed io che pensavo che tu potessi fare un discorso serio»
«Il mio era una discorso serio! Le persone normali li chiamano numeratori e denominatori! Non parte bassa!» oh bene! Ora era anche colpa mia! Intanto Edoardo e Letizia, quelli del banco davanti, ci stavano guardando in mezzo ad un fiume di risate, io volevo morire!
Se ve lo state chiedendo non fu l'unica figura di merda della giornata, o meglio dell'ora di matematica.
Infatti qualche minuto dopo, dato che i calcoli non tornavano, gli ordinai nervosa -odiavo sbagliare-:«Dammelo!» intendevo il quaderno, dammi il quaderno, ovviamente, ma dal momento che lui e Letizia, che non si era più girata mentre ci provava spudoratamente con Soro, mi guardavano malissimo, senza però rispondere, ripetei «su, mettimelo qui» il quaderno, di nuovo, mettimi qui il quaderno, stavolta non mi risparmiarono e scoppiarono in una risata generale di cui io non capivo il senso. Mi misi comunque a ridere con loro, giusto per far vedere che sapevo prendermi in giro e stare al gioco, in realtà non avevo ancora capito cosa avessi detto di sbagliato. Pazienza, mi dissi, pensavo che com'era nata sarebbe finita. Ma mi sbagliavo.
Finta l'ora di matematica ovviamente tornai al mio posto, ma lui e Letizia continuarono a lanciarmi frecciatine, e ogni volta che Francesca mi chiedeva di cosa parlavano, facevo spallucce dicendo di non sapere di cosa parlavano.
Lo realizzai solo una volta tornata a casa e passai un intero pomeriggio ad autocommiserarmi. Mia madre mi guardava pensando che fossi impazzita e che da un momento all'altro mi sarei suicidata.
«Sara» mi disse con voce la voce consolante che usava quando mi strafogavo di Nutella, solo che al posto di dirmi che così sarei ingrassata, disse: «È per Fede... voi vi siete lasciati?» mi andò di traverso l'aria -non fate domande- ed iniziai a tossicchiare.
«No! Ma che dici?» feci una specie di risata isterica e incontrollata, più che altro sembravo scossa da spasmi, «noi due...» deglutii, quanto mi costava dire quelle parole! «Andiamo alla grande!».
Dopo sarei andata a sciacquarmi la bocca, ma per ora dovevo fingere di credere a quelle parole e dovevo provare a renderle vere per me e per lei.

Autrice: Buonasera - o meglio buonanotte?-!
Scusate il ritardo ma sono stata davvero super impegnata con la scuola e non sono riuscita a scrivere.
Spero che questo capitolo ci piaccia, nel caso lasciate una stellina e un commento, scusate eventuali errori ma non ho voglia di rileggerlo.
Adios💕

Il Migliore Amico Del Mio RagazzoWhere stories live. Discover now