Capitolo 19

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Presi la busta di croccantini ed uscii, venni subito avvolta da un intenso odore di fumo, perfetto, mi dissi, è qui.
Cercai di ignorarlo e non mi voltai nemmeno per un secondo a guardarlo, sperando che questo bastasse a passare inosservata. Mi inchinai versando il cibo nella ciotola rossa di Archy, che nel frattempo mi aveva raggiunto tutto felice e scodinzolante, sì, avete letto bene: Archimede scodinzola, ma fa anche un sacco di altre cose non propriamente da gatti, mi aspetta davanti alla porta quando sente che sto per tornare, mi insegue miagolando finché non gli faccio le coccole, quando dico che esco lui si avvicina subito alla porta pronto a scattare e si fa fare tutto quello che voglio; insomma: Madre Natura gli aveva giocato un brutto scherzo, mettendo lo spirito di un cane nel corpo di un gatto, ma che ci posso fare, i parenti non si scelgono!
Alla fine comunque, nonostante i miei tentativi, Federico parlò.
«Ehy, non si usa più salutare chi ti porti a letto?» disse con un tono divertito, senti un po' chi parla di salutare!
«A dire la verità, sei tu che ti porti a letto me» gli risposi fredda, «tu al mio letto non ti puoi avvicinare»
Sorrise maliziosamente e, sfoderando tutta la sua bastardagine, mi chiese se ne ero proprio sicura. Mi morsi il labbro ricordando i nostri trascorsi, la prima volta che ci eravamo baciati era stata in camera mia, e ci era mancato poco perché non superassimo il limite.
Ma, dannazione, non era certo quello a cui dovevo pensare ora.
Sono offesa e arrabbiata e nulla di ciò che può dire potrà cambiare le cose, mi dissi, quel suo viso dolce e al contempo sfrontato mi faceva dimenticare come stavano le cose, ovvero che mi aveva salutata con un misero "ciao" e che per questo avrebbe dovuto strisciare ai miei piedi per ottenere il mio perdono, e per la prima volta da due settimane avevo intenzione di essere coerente con le mie decisioni.
«Touchè» ammisi avvicinandomi alla ringhiera che ci separava.
Lui spense la sigaretta nella terra di un vaso e la butto fuori dal balcone, civile, non c'è che dire.
«Dovresti smetterla con quelle» gli dissi, trovavo che fosse sexy mentre fumava, in modo in cui alzava il viso verso il cielo prima di sputare fuori il fumo, soprattutto quando era senza maglietta, come in quel momento, e mi piaceva il sapore che dava ai suoi baci, quell'esplosivo mix di Soro più fumo; fino a poco tempo prima odiavo entrambi, ora non più, e mi detestavo per questo.
Detto questo, non so nemmeno perché glielo dissi, non credevo di tenere a lui tanto da preoccuparmi per quello che i suoi vizi giovanili gli avrebbero procurato da vecchio, forse ero solo preoccupata che danneggiassero il suo splendido sorriso da play boy.
«Non preoccuparti per me» fu la sua risposta, e sebbene la sua voce avesse un suono così sexy e frivolo, colsi nei suoi occhi solo serietà, il suo sguardo diceva a chiare lettere, senza parole tra le righe, che tutto ciò che riguardava lui, riguardava solo lui e che nessuno doveva preoccuparsene.
Chiaro, lui sapeva sempre cavarsela, senza che qualcuno l'aiutasse, non aveva bisogno di nessuno, questo era evidente agli occhi di tutti; nessuno gli chiedeva mai se avesse bisogno di una mano, la risposta era semplice: "No", con tanto di occhiataccia.
Lui era una specie di sopravvissuto.
Sopravvissuto a tutta la merda che il mondo gli aveva tirato addosso.
Federico era l'eroe di Federico.
Era stato buono con me, forse perché ero la ragazza che si era portato a letto per una settimana, forse perché gli avevo solo ricordato il triste monito scritto a caratteri cubitali sul pacchetto delle sigarette, "il fumo uccide" o forse perché si era ricordato di un lontano passato in cui eravamo inseparabili e in cui non avrebbe mai fatto niente che potesse ferirmi.
Federico era il mio eroe.
O meglio, lo era stato.
Guardandolo ora, con quell'aria irriverente che non si scrollava mai di dosso, quegli occhi sempre pieni di malizia e quel fisico da dio, più che il mio eroe, poteva essere il mio sogno proibito, il sogno proibito di tutte, in realtà.
«Perché mi guardi in quel modo?» mi chiese ad un tratto, interrompendo il filo dei miei pensieri.
«Uhm?» chiesi ancora con l'aria trasognata.
Lui ovviamente non perse l'occasione di mettermi in imbarazzo: «Mi stavi sognando nudo?» chiese con un ghigno divertito.
«Oddio» sbottai con una smorfia irritata, «pensi solo a quello, tu?»
«A me nudo, intendi?» inarcò un sopracciglio per sottolineare l'assurdità della cosa, «No, tesoro, io penso a te nuda»
Mi portai una mano alla fronte, esasperata, lui continuava a sorridere divertito, poi però si incupì all'improvviso.
«Domani...» si fermò qualche istante, le rotelle che giravano, in dubbio se continuare o no, per un attimo sperai che volesse chiedermi cosa sarebbe successo tra di noi, se saremmo riusciti a controllarci, volevo sapere che aveva i miei stessi dubbi, si decise a continuare: «Domani Matt-» si morse il labbro, era così dannatamente sexy -chiedo venia, inopportuno, ma necessario-, scosse la testa, contrariato dalle sue stesse azioni, quella strana malinconia che l'aveva colto all'improvviso sparì, insieme all'ombra del dubbio di poco fa, «no, scusa» disse con un sorriso mesto, «ora devo andare, ci vediamo domani», mi salutò con un cenno del capo e mentre rientrava sfiorò le mie mani appoggiate alla ringhiera con le sue.
Bastò quel piccolo contatto per farmi rabbrividire.
Chissà se se n'era accorto, se l'aveva fatto di proposito.
Tornai in camera mia, seguita da il mio grosso grasso gatto che, alla luce degli ultimi avvenimenti, ci teneva a farmi vedere Federico che faceva la sua sexy-fumatina notturna.
Mi sdraiai nel letto, la testa piena di domande, chissà cosa voleva dirmi e perché invece si era stato zitto, era chiaro che, di qualsiasi cosa volesse parlarmi, gli interessasse.
Matt.
Voleva parlarmi di lui.
Forse voleva dirmi che anche a lui quella situazione pesava, che si sarebbe impegnato per non tradire più la fiducia del suo amico.
Poi mi ricordai che ero arrabbiata con lui.
Ma in effetti non lo ero più.
Scossi la testa divertita da come era riuscito a scacciarmi il malumore.
Quella sera mi addormentai tranquilla, ogni preoccupazione per Matt era svanita.
Pensai solo a Fede.
Sognai solo Fede.

Autrice: salve! Da quanto non aggiornavo? Forse uno o due mesi, probabilmente vi eravate pure dimenticate di questa storia.
Merito il patibolo.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche se è corto.
Ci vediamo al prossimo capitolo, adios 💕

Il Migliore Amico Del Mio RagazzoWhere stories live. Discover now