La mia vita è assolutamente normale

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Non chiedo che crediate alla mia storia, capisco che possa risultare particolarmente strana e complessa da capire. A volte fatico anche io a crederci. Ma in ogni caso, questa rimane la mia realtà.

La mia vita è assolutamente normale. Ho 22 anni, sono uno studente universitario.
"Io" sono in realtà 55 persone, o "alter". Conviviamo nella stessa mente da quando avevamo 5 anni, non eravamo così tanti all'inizio. Per 18 anni, non ci siamo conosciuti e non avevamo idea di non essere soli. Non conoscerci voleva dire cambiare con naturalezza opinione su qualunque cosa, dimenticare nomi, persone, luoghi, ma cercare di fare del proprio meglio per giustificarlo. Poi, un errore. La prima voce. I primi: "E tu chi sei?"
Nessuno di noi si identifica con il nome del corpo. Nessuno gli assomiglia. Nessuno è "l'originale". Nessuno di noi riesce a capire come dovrebbe o doveva essere l'originale, come e cosa pensava, come si comportava, quali erano i suoi gusti, i suoi sogni, desideri, opinioni. Non riusciamo a ricordarci una vita diversa da così, con continui switch tra di noi.
Non "guariremo", perché non ci consideriamo un sintomo da curare. Non consideriamo la nostra esistenza patologica. E' diversa. Ognuno di noi ha un compito, ma la nostra essenza va al di là di quello: siamo bambini, adolescenti, adulti, con i nostri sogni, opinioni e gusti. Non siamo in guerra fra di noi: siamo una famiglia. E come tale ci aiutiamo, ci proteggiamo. A volte questo significa fare battute, rimproverarsi, o consolarci a vicenda, o ancora costringerci a vedere le cose da un altro punto di vista. E' ammettere di non poter fare tutto da soli.
"E' un disturbo solo quando è un disturbo."
Possiamo capire perché per molti sia difficile stare con dei coinquilini nel proprio corpo. Noi ci sentiamo fortunati ad averci a vicenda.

Molti possono credere che sia facile riconoscere chi sta usando il corpo. Nel nostro caso non è così. Se non vi avvisassimo noi della nostra condizione, non lo intuireste. Nessuno vi chiederà di chiamarci con un nome diverso, nessuno si presenterà e nessuno mostrerà di non conoscervi o di non sapere dove si trova. Le differenze ci sono, ma non sono così evidenti.
Siamo stati creati per non essere visti, perché nessuno sappia cosa sta succedendo realmente. Se neanche chi ci conosce bene è in grado di vederci, perché dovrebbe esserne in grado un estraneo? E' vero che non sempre siamo riusciti a funzionare in questo modo. Abbiamo passato periodi decisamente poco equilibrati, da una parte e dall'altra, dall'assenza emotiva, all'inflessibilità, all'eccesso. Conoscendoci, con un bel po' di pratica e tempo, siamo riusciti ad arrivare dove siamo, a creare un insieme di regole e compiti da rispettare. Non sempre ci piace avere un compito, ci sentiamo limitati, abbiamo il timore di non essere presi sul serio, il timore di non essere visti come persone. Ma è proprio questo che ci permette di sentirci dire "funzioni perfettamente".

Non esistiamo solo quando ci troviamo ad usare il corpo in prima persona, e di rado siamo soli ad usarlo. Qualcuno avrà sempre qualcosa da dire, o verrà attirato da qualcosa, che sia una persona, una canzone, un cibo. Non ci escludiamo a vicenda e facciamo in modo che nessuno venga lasciato indietro, riducendo la perdita di memoria al minimo. Ma a volte, solo a volte, dimenticare è un dono.

Essere noi significa che quasi nessuno può sapere di noi, ma allo stesso tempo avere l'impressione di lasciar trasparire troppo. E' chiedersi se la tua compagna di corso abbia notato il cambio di grafia, un lusso che ti concedi ogni tanto. E' chiedersi se le persone notino quei toni strani che la "tua" voce sembra assumere - toni fin troppo dolci o freddi, che non useresti mai - e se non notino il modo in cui le tue reazioni sembrino essere imprevedibili di fronte alla stessa situazione, o come tu possa passare dal tremare all'essere la persona più sicura che conoscano.
Allo stesso tempo, è la voglia di essere visti e conosciuti per quello che siamo. La voglia di poter prendere i nostri meriti come individui e non sotto le vesti di qualcuno che non esiste, di poter firmare le cose con il nostro nome. La voglia di avere qualcuno con cui esprimere le nostre vere opinioni, che capisca che non siamo solo frammenti, accessori, ma persone.
Abbiamo i nostri difetti, le nostre paure e i nostri punti di forza. Alcuni di noi scrivono, altri disegnano o compongono musica, alcuni vorrebbero imparare fotografia, ad altri ancora piace studiare.

Essere noi è avere qualunque cosa scritta "giusto in caso", avere vestiti nell'armadio che non ci piacciono, ma indossarli e non regalarli perché sono di qualcuno, o voler comprare qualcosa, ma non potere perché è troppo diversa dai gusti abituali.
Essere noi è avere a che fare con bambini che hanno paura di molte cose,confusi. Non capiscono "gli adulti", ma non possono rifugiarsi dai genitori,perché questi ultimi non sanno che esistono, dei bambini. E' dover spiegare perché non possono usare il corpo, perché è così grande, e perché non possono avere amici della loro età.
Essere noi significa ascoltare la "tua" voce parlare per un quarto d'ora di un argomento che non sapevi neanche di conoscere. Quella non sembra neanche la"tua" voce. Hai l'impressione di non essere in controllo. Eppure non provi a fermarti per controllare.

Scrivere questo testo è stato difficile, un vero e proprio lavoro di gruppo si potrebbe dire. E' stato fare compromessi su quanto rivelare, quanto scrivere,come scriverlo, cercare di presentare un punto di vista che risulti il più comprensibile possibile.
Nella scrittura vera e propria di questo testo hanno collaborato solo 5 di noi, di età compresa fra i 17 e i 26 anni. Noi facciamo parte del gruppo più spesso in prima linea, che si occupa degli eventi quotidiani e che potreste incontrare più spesso, se ci conosceste.

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